CAFFE’ ECONOMICO (QUARTA E ULTIMA PUNTATA)

Andrea Cavalleri)

 

 

MODERATORE

Signori e signore buonasera. Il saluto, con l’inversione del genere (maschile al primo posto) è l’introduzione a un dibattito che vuole essere controcorrente o, quanto meno, anticonformista.

E come farlo meglio se non con l’aiuto di Maurizio Blondet? Giornalista investigativo, già inviato speciale per “il Giornale” e per “Avvenire”, nonché autore e direttore di un blog di nicchia molto seguito ed apprezzato, che accompagnerà l’ospite fisso, il professor Caffè, di cui sappiamo già tutto.

 

Poniamo subito una prima domanda stuzzicante: cosa ne pensate di questa Europa a trazione Tedesca, per lo meno sul piano economico?

 

BLONDET

Ormai l’Est, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria sono legate in posizione subalterna, semi-coloniale, a Berlino.  Si tratta del Lebensraum, il “grande spazio vitale” (vitale in senso biologico) di cui la potenza tedesca aveva assolutamente bisogno per non soffocare: Hitler lo perseguì con la conquista militare e il lavoro forzato slavo, fallendo.

Adesso la “democratica” federale Germania, battendosi il petto per le sue colpe belliche, lo ha realizzato di nuovo con la collaborazione della cosiddetta “Europa Unita”. Senza nemmeno rendersene conto, impolitica com’è , e continuando a governare il suo “nuovo Reich” e il suo Lebensraum con la mentalità da bottegaio provinciale, corto ed egoista, che è la sua falla psico-politica apparentemente inevitabile.

Come la Merkel oggi, come (temo) sempre l’impoliticità tedesca, è un miscuglio di provincialismo e incapacità di universalismo; si occupa del bene dei soli Tedeschi, senza presentarsi come un modello di civiltà mondiale, nel timore taccagno di perderci.

 

CAFFE’

Non può sfuggire, al di là della retorica delle parole e dei messaggi, che il futuro europeo, come configurato dalla prevaricante ed economicamente obsoleta visione teutonica, non corrisponda agli ideali che mossero la costruzione comunitaria.

Questa, negli auspici, avrebbe dovuto anch’essa basarsi su rapporti di effettiva parità tra i vari membri; sulla realistica comprensione che i dislivelli di partenza dei diversi Paesi non potevano non ingenerare tensioni con il procedere dell’unificazione; sulla conseguente necessità di accorgimenti adeguati, per poter avanzare di conserva e poter evitare l’instaurarsi di “direttorii”.

 

MODERATORE

Invece i direttorii si sono formati, come ormai tutti possiamo constatare.

E non parlano in nome del popolo o degli elettori, ma, e forse questa è la più grossa novità dell’ultimo periodo, parlano in nome dei “mercati” da cui dichiarano di trarre la propria legittimazione…

 

BLONDET

Sì, come il commissario Oettinger che ha detto “I mercati insegneranno agli Italiani a votare in maniera giusta”, o come quell’altro, Jeroen Dijsselbloem (ex ministro delle finanze olandese che è stato presidente dell’Eurogruppo) che ha rilasciato un’intervista folle alla CNBC.

L’importante sito economico alternativo americano  Zero Hedge ha scritto in proposito: “Non abbiamo mai visto nemmeno lontanamente qualcosa di simile, un uomo in questa posizione   che mostra pubblicamente le debolezze negoziali dell’Italia e fa l’ allarmista. Per noi, lo scopo di questa affermazione può essere solo di dare semaforo verde ai mercati finanziari per orchestrare un attacco ai titoli italiani e in tal modo far salire gli interessi sul debito all’Italia”.

Ora, questo a me pare aperto atto di aggiotaggio.

 

MODERATORE

Lei professore condivide? Mi sembra un’accusa molto grave…

 

CAFFE’

E’ pur necessario dire con franchezza che il ricorso incessante a queste forme di aiuto [finanziario estero NdA] non ha carattere “neutrale” in quanto espone il nostro Paese a una fragilità “di tipo cileno”.

E’ sufficiente allora un’indiscrezione sul grado di affidabilità dell’economia italiana, o la notizia che le grandi banche estere modifichino la loro politica nei nostri confronti per provocare conseguenze fortemente perturbatrici.

Tuttavia non condivido la congettura che questi “effetti annuncio” siano deliberati o maliziosi; è che essi sono connaturali a una politica che fa perno esclusivo sull’indebitamento verso l’estero.

 

MODERATORE

Professore, non so se dobbiamo essere consolati dalla sua risposta: se si deve scegliere tra l’aggiotaggio come iniziativa interessata e faziosa di un personaggio pubblico o l’aggiotaggio come esito strutturale e inevitabile del sistema, è un po’ come scegliere tra la padella e la brace.

Ma i capitali stranieri sono davvero così necessari alla nostra economia? I mercati esteri devono necessariamente avere tutta questa voce in capitolo? Anche lei Blondet, cosa ne pensa?

 

BLONDET

Fu Ciampi, che da governatore di Bankitalia colluse con l’allora ministro Andreatta per “il divorzio” che espose le finanze italiane ai “mercati esteri” senza alcuna necessità – un gigantesco crimine fatale per l’intera società, e del tutto illegittimo –  Era il 1981.

 

MODERATORE

L’esposizione ai mercati esteri secondo lei fu inutile.

E fu un crimine, ovviamente in senso economico finanziario, perché da allora le cose sono andate sempre peggio…

 

BLONDET

Che scoperte. Che riscoperte: sottrarre il debito pubblico ai “mercati” (ossia alla speculazione finanziaria) fa crescere l’economia reale.

 

MODERATORE

Anche per lei, professore, sarebbe meglio che i mercati non giocassero col debito pubblico?

 

CAFFE’

In sostanza, sia il “mercato” sia la “cooperazione internazionale” non sono cose la cui connaturale bontà debba darsi per scontata. La loro validità va verificata nell’esperienza quotidiana e dando peso adeguato alle vicende storiche.

Il mercato in Italia ha operato, per decenni, in maniera sin troppo priva di vincoli […]

Se le conseguenze ultime, quelle che ora lamentiamo, sono state aberranti, lo si deve all’enorme ingordigia, miopia,mancanza di ogni senso di solidarietà con cui l’assenza di vincoli e l’accettazione della più sfrenata mobilità sono state utilizzate.

Del pari, in un conto accurato e obiettivo di quanto il nostro Paese ha dato e di quello che ha ricevuto dalla cooperazione internazionale, la sua posizione risulta del tutto meritevole di apprezzamento. Per fornire un esempio di immediata attualità, non è in alcun modo contestabile che il Fondo monetario internazionale,[…]  ha avuto occasioni molto più numerose di avvalersi di risorse produttive italiane, dell’unica occasione che il nostro Paese ha avuto di ricevere un suo aiuto.

 

MODERATORE

Quindi secondo lei è meglio non fidarsi dei mercati.

 

CAFFE’

Riesce difficile fidarsi di un mercato nel quale si muovono troppi agenti incappucciati.

 

MODERATORE

Beh, in fondo la riservatezza è un beneficio dell’agente privato, ma l’argomento ufficiale è che il settore privato è più efficiente di quello pubblico. Per questo si è chiesto molte volte alla nostra economia di accompagnare le riforme di risanamento alle privatizzazioni…

 

BLONDET

Naturalmente, il neoliberismo era di gran moda, e la propaganda ci diceva che Ciampi stava riformando lo Stato, “inefficiente” imprenditore, lo “snelliva” tagliandone tutte le attività produttive retaggio del passato statalista, e restituendole al “libero mercato”.

In realtà, accumulava costi su costi, accollandoli a noi.

Altrimenti non si capisce perché, ad ogni tornata di “privatizzazioni” di imprese pubbliche inefficienti, Ciampi (e Amato, e Prodi) facevano seguire una “finanziaria lacrime e sangue”, ossia un prelievo fiscale straordinario e gravosissimo che annichiliva potere d’acquisto a noi privati, e segava gli spiriti animali imprenditoriali.

Vendeva, vendeva, e intanto il debito pubblico, invece di calare, aumentava.

 

MODERATORE

Quindi la concorrenza non ha reso più efficiente la finanza pubblica…

 

CAFFE’

Si prospetta come “concorrenziale” quella che è una mera lotta oligopolistica che, sul piano interno come su quello internazionale, si risolve nella vecchia regola di avvantaggiare chi ha ed “emarginare” chi non ha.

Anche con riguardo ai movimenti di capitali […] vi è molto da rivedere perché la “libertà” di facciata non si risolva in un rafforzamento degli oligopoli finanziari.

 

MODERATORE

Già, la finanza, sembra che si vada sempre a sbattere contro questo scoglio: la finanza dovrebbe agevolare il mercato e l’economia reali e invece invariabilmente tende a strangolarli.

Cosa dite in proposito?

 

BLONDET

Il Baltic Dry Index, ossia il costo del nolo di navi da carico che portano merci “secche”, è ad un calo record – e cala del 2009, sostanzialmente senza interruzione E’ la misura più concreta dell’economia reale, degli scambi di merci, alimentari e no, fra paesi. Adesso sono al minimo. Questo calo può anche significare che il credito è scarso e difficile da ottenere; infatti occorre credito per il nolo di navi mercantili.

Ma com’è possibile, visto che farsi prestare denaro costa quasi nulla, grazie alla Fed (la banca centrale) che stampa e stampa e tiene i tassi a sostanzialmente a zero da anni, praticamente dalla crisi di Lehman del 2008?

Ma no, ma no, non è possibile. Infatti le 25 maggiori banche americane riferiscono che, loro, prestano a rotta di collo, danno credito a grandi imprese; imprese ben contente di indebitarsi a tassi bassissimi…per farne cosa?

Si scopre che le grandi imprese usano quel denaro preso a prestito – attenzione! – per comprare le loro stesse azioni, ritirarle dalla Borsa, facendone così aumentare artificialmente il “valore”, dato che le rendono più rare: è la famosa legge della domanda e dell’offerta, diventata folle. Oppure per “fusioni ed acquisizioni”, ossia per mangiarsi altre imprese concorrenti, nella tipica attività cannibalica del capitalismo lasciato senza redini. Ci sono persino aziende, ha notato il Financial Times, che prendono il denaro in prestito (visto che è così conveniente) per pagare dividendi ai grossi azionisti.

Ovviamente questi non sono “investimenti”. Sono operazioni sterili per l’economia reale, i posti di lavoro, i salari produttivi. I prestiti per comprare proprie azioni non portano alcuna crescita nell’economia reale, e nemmeno le fusioni-acquisizioni

 

CAFFE’

Da parte degli Stati Uniti si insiste in modo martellante […] per una maggiore liberalizzazione dei servizi. Questo significa che dovrebbero ancor di più essere facilitati i movimenti di capitali e le transazioni bancarie che ne sono tramite.

E ciò malgrado il fatto che, allo stato attuale, il flusso dei movimenti finanziari si valuti nell’ordine dai 20 ai 50 bilioni di dollari annui, contro un flusso di merci valutato in 2 bilioni di dollari.

Possiamo, volendolo, ricercare un elemento consolatorio nel discutere di un nuovo ordine internazionale, nella sfera in senso lato monetaria; ma se non si affronta il nodo strutturale della anomalia aberrante tra questi due flussi, pecchiamo ancora una volta di ingenuità o di mistificazione.

 

MODERATORE

Avete descritto una finanza autoreferenziale, totalmente slegata dall’economia reale, protesa solo a produrre guadagni che, necessariamente, sono lucrati sulle spalle degli altri.

E alla fine il gioco non regge e la finanza stessa si auto-affonda. E’ così?

 

BLONDET

“Gli ultimi dati mostrano che le prime 500 imprese quotate (S&P500) hanno aumentato i loro dividendi ed acquisti di azioni proprie del 6,6%, una cifra-record di 923 miliardi di dollari a giugno, mentre i loro profitti calavano dell’8,4%, ossia di 841 miliardi di dollari, nello stesso periodo”. (così Chris Wood, dirigente della CLSA, grossa impresa di brokeraggio sui mercati asiatici).

Vediamo se abbiamo capito bene: queste grandi aziende si pagano dividendi con denari presi a prestito, mentre i loro profitti diminuiscono. Non fanno crescere l’economia, e si spartiscono il bottino del denaro a basso costo fornito dalla banca centrale. Potranno mai ripagare il debito?

 

CAFFE’

Nell’analisi dei fattori dell’aumentato rischio all’investimento, il Greenspan [in un suo articolo sull’Economist] include “l’eccesso” di regolamentazione dell’attività imprenditoriale dovuto “all’aumentata preoccupazione per la salute e per l’ambiente”.

Ora un riconoscimento così esplicito che le preoccupazioni in senso lato “ecologiche” danno fastidio alla libertà decisionale degli imprenditori è importante come conferma, forse involontaria, di un’antica constatazione secondo la quale “il capitalismo è un sistema di costi sociali non pagati”.

In sostanza il rischio di investimento è accresciuto (tra l’altro) in quanto, almeno in linea di principio, si ha maggior cura che l’attività imprenditoriale non scarichi i suoi costi inquinanti dell’ambiente sulla collettività.

Sarà bene ricordarcene, quanto meno perché l’odierna riscoperta del “mercato” sia qualificata con qualche più precisa indicazione del genere di mercato che si ha in mente.

 

MODERATORE

Ma la finanza non è fondamentale anche nell’ottica di gestire, gestire bene, il risparmio, coniugando la soddisfazione dei risparmiatori alle necessità dello sviluppo industriale?

 

CAFFE’

Che i risparmiatori italiani incontrino difficoltà nelle loro “scelte di portafoglio” per mancanza di adatti intermediari finanziari, quali i fondi di investimento, è affermazione che non soltanto sfiora ma oltrepassa il ridicolo.

Altra cosa è cercare di comprendere le esigenze effettive di un sistema finanziario che soffre di pletoricità, anziché di carenze. Queste, comunque, non si sanano importando le iniziative dei grandi biscazzieri internazionali.

 

BLONDET

La domanda del moderatore è troppo ingenua, in realtà le cose vanno press’a poco così: voi affidate i vostri risparmi a un fondo di investimento. Ogni fondo ha un gestore, uno che sa -diversamente da voi- come far fruttare i vostri soldi.

In realtà, i gestori dei fondi, in media, non riescono quasi mai a battere il benchmark. Lo hanno provato studi seri: perdono soldi più o meno come avreste fatto voi, se aveste giocato in borsa personalmente. Almeno vi sareste rovinati da soli senza pagare commissioni.

Perché questo è il punto: perda o vinca per il gestore è lo stesso. Lui, guadagna sempre: si fa pagare in anticipo per gestire i vostri risparmi.

Il capitale, del resto, mica è suo: è vostro. Suo è il lucro.

 

MODERATORE

Lei professore concorda con questo ribaltamento di prospettiva, cioè che è il gestore ad aver bisogno del risparmiatore e non viceversa, e che la gestione terza e privata del risparmio arricchisca pochi gestori a prezzo di sprechi e perdite per i risparmiatori?

 

CAFFE’

A tacer d’altro (spese di presidenza, di direzione, di funzionari), si crede effettivamente che un ammontare non indifferente di spese pubblicitarie risponda a qualsiasi intento utile, anche informativo? Viviamo, in realtà, in una fase di caccia grossa al risparmio, attraverso un ingiustificabile sperpero.

I giochi del capitalismo finanziario si rivelano avulsi dalle esigenze della economia reale.

 

MODERATORE

Ma l’autorità, lo Stato, non dovrebbe incanalare l’azione economica verso il bene comune attraverso una giusta legiferazione e non dovrebbe vigilare sui comportamenti scorretti?

 

BLONDET

I cantori della “società civile” rigettano lo Stato in base alla loro ideologia libertaria che rigetta ogni sottomissione, anche quella che è condizione per la libertà “concreta”. Naturalmente, sono finiti sotto il tallone del capitalismo libertario che rigetta lo Stato anch’esso, per “privatizzare” tutto e saccheggiare tutto, delle burocrazie inadempienti sovrannazionali sottratte ad ogni giudizio, e delle masse volontarie di psicopoliziotti, il gregge egolatra che si crede anti-autoritario ed anti-conformista, trasgressivo e libero da gerarchie e da tabù.
I libertari-standard e il Mercato, il gregge e Wall Street, gridano, in fondo, la stessa pretesa: “Nessuno ci dia ordini, noi ci auto-regoliamo”.

 

CAFFE’

Ciò che appare inesatto, o almeno ingenuo, è che mediante la “deregulation” si creda risolvere problemi che richiederebbero, invece, forme adeguate di severa regolamentazione.

Di certo si potrebbe far opera di bonifica delle regolamentazioni superflue e di applicazione severa di quelle indispensabili.

E lo stesso è da dire per le forme scandalose di esportazione illegale di capitali, cui non si pone rimedio con cosmesi antiregolatrici. Ma può affermarsi che i due aspetti ricevano una uguale attenzione?

La forza della “moda” prevale, purtroppo, sulla realtà quotidiana, spesso drammatica.

 

MODERATORE

E le grandi istituzioni internazionali, l’istinto di autoconservazione del sistema non pongono un freno agli eccessi finanziari?

 

BLONDET

L’esempio del recente crack cinese è conseguenza diretta di tutto ciò che rende il Sistema capitalista “radicalmente sbagliato”: della mondializzazione, della libera circolazione globale dei capitali, dell’interdipendenza delle economie voluta dalla globalizzazione e dalle sue istituzioni; più ovviamente della deregolamentazione, della liberazione della forza scatenate della speculazione senza controllo pubblico. Abbiamo visto fin troppo bene che manipolazioni, frodi e corruzione, lungi dall’essere estranei, sono integralmente insiti in questo “Mercato-mondo” dove i banchieri d’affari hanno usurpato il diritto pubblico.

 

MODERATORE

Se non il governo, almeno le forze politiche tradizionalmente legate al tema della giustizia sociale non dovrebbero levare la loro voce per difendere il cittadino dal leviatano finanziario?

 

CAFFE’

Di tutte le contraddizioni, comunque, la più aberrante rimane quella di forze politiche “progressiste”  che […] si sono dichiarate contrarie ad eventuali ulteriori ampliamenti del settore economico pubblico. […] Quali misteriose ragioni dovrebbero impedire un serio esame dell’assoggettamento a controllo pubblico (tanto per esemplificare) del residuo settore bancario tuttora “privato” o dell’industria farmaceutica? E’ proprio così esemplare la loro attività “privatistica”?

O esiste una propensione al silenzio su determinati problemi scottanti, che non è meno “clientelare” di tante altre connessioni che si designano come tali?

 

MODERATORE

Anche lei Blondet non ripone speranze nei progressisti per frenare il capitalismo finanziario?

 

BLONDET

Ricordate il titolo del Manifesto? E’ stato pochi giorni fa: “La pacchia è finita!”, ha titolato.

Il quotidiano “comunista” esultava perché la Banca Centrale Europea aveva annunciato che “gli acquisti del debito pubblico saranno azzerati a dicembre”, e quindi gli interessi sul debito che la speculazione finanziaria avrebbe preteso dall’Italia sarebbero stati così alti, da far fallire il governo 5Stelle-Lega; Il Manifesto non vedeva l’ora che i “mercati” ci insegnassero a non votare per i populisti, come aveva sibilato il Kommissario Oettinger.

Proprio vero che, come insegnò Spengler, ” la sinistra fa sempre il gioco del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”, ma per lo più sapendolo.

 

MODERATORE

E le forze vitali della Nazione, l’imprenditoria, le associazioni di categoria?

 

CAFFE’

Vi è, a mio avviso, l’inveterata tendenza, da parte di chi occupa posizioni di responsabilità, di discettare e sentenziare su quello che dovrebbero fare “gli altri”, anziché preoccuparsi di migliorare nel senso più ampio il settore che più direttamente rientra nel quadro delle proprie competenze.

Il bersaglio preferito di questa tendenza a prendersela con “gli altri”, anziché studiarsi di mettere ordine a casa propria, è costituito dai sindacati.

Dico ciò […] perché appare del tutto stridente il diverso metro di giudizio adottato nel valutare il comportamento dei sindacati e i fatti di casa propria.

Questo vale per le alte sfere bancarie nelle quali, veramente, sembra che ci si occupi e preoccupi di tutto, tranne del grande lavoro di ramazza che andrebbe compiuto nel discutibilissimo sistema bancario-finanziario-borsistico.

 

BLONDET

In altre parole: le caste parassitarie e inadempienti, invece di ridursi i privilegi ormai scandalosi, gestiscono l’austerità dettata da Berlino, Bruxelles e BCE. Come sapete, ci hanno ordinato di rientrare entro il 60% del rapporto debito pubblico sul Pil. E loro lo fanno, perché così si legittimano agli occhi di quelli là sopra, e possono continuare le loro dilapidazioni e delle loro ricchezze indebite.

 

MODERATORE

Il tempo a nostra disposizione è quasi scaduto, vorrei pertanto concludere con un’ultima domanda.

Caro Blondet, so che prenderà l’epiteto con un po’ di fastidio, ma ormai lei si è fatto una fama di “dietrologo complottista”.

Alla luce di questa fama vorrei chiederle se crede che possa esistere una correlazione tra le idee espresse dal professor Caffè in tutta la sua vita e ripetute in questi nostri incontri e il fatto che nella notte fra il 14 e il 15 aprile del 1987 sia scomparso senza lasciare alcuna traccia.

 

BLONDET

(Sogghignando) Perché no, potrebbe essere…

 

MODERATORE

Bene, signore e signori, il ciclo del caffè economico si conclude con questa puntata, sperando di aver suscitato in voi qualche interesse.

Pertanto non posso far di meglio che salutarvi e augurarvi buona prosecuzione.

 

(Il professor Caffè svanisce come un ologramma, le luci si attenuano progressivamente, con un ultimo bagliore che sprizza dalla lente di un occhiale in sala.

Non parte nessuna pubblicità, ma lo schermo nero ci regala qualche attimo di franco silenzio ristoratore).