Detto da uno che nel liceo classico ha preso in greco e latino una serqua di 5 e di 4 da professori che ci volevano al loro livello, mi pare evidente: studio del greco e latino conferisce ai giovani d’oggi, chiusi come sono nell’Istante assoluto, prigionieri del Presente totale, quello di cui tragicamente più mancano : la coscienza della profondità storica. E’ la più necessaria liberazione da dare loro: la liberazione dall’Attimo e la presa di distanza dai suoi gestori globali, la coscienza di venire da una storia interessante e profonda,da antenati più intelligenti di Von der Leyen. Sulla cui autorità il Presente Totale – Totalitario – li convince a giurare (“Lo vuole la UE”, “Ci vuole più Europa”, “salviamo il pianeta” “Morte ai no-vax”).
E di fatto, chi studia il greco non studia regole grammaticali: si imbeve, lo sappia o no, di filosofia, di Platone e Aristotile, ne assimila la precisione e densità terminologica, di cui sotto riportiamo un esempio; chi studia latino studia per forza la storia di Roma, perché di questo parlano Cicerone e Cesare che deve imparare a tradurre, e apre al Diritto Romano, fondamento della nostra civiltà, non conoscendo il quale nessuno dovrebbe in Italia essere nominato giudice.
La comprensione del mondo greco e latino apre ovviamente alle conquiste ulteriori dei nostri antenati: Tommaso d’Aquino, l’Umanesimo, il gusto della storia. Lo storicismo di Croce e Gentile, che ha inserito nel liceo classico come impalcatura della fabbrica, sarà stato difettoso come filosofia di derivazione hegeliana (avercene!), ma come metodo didattico è eccezionalmente utile, pedagogia suprema e necessaria.
Qui sotto un testo che mi è stato girato, che spiega:
Tre parole del greco antico mi sono rimaste impresse dal liceo.
ὕβρις (hýbris): arroganza, tracotanza
ἀρετή (aretè): virtù, valore
σωφροσύνη (sophrosyne): prudenza, saggezza
(di quest’ultima adoro il suono)
Noi abbiamo costruito una società piena di ὕβρις e poverissima di ἀρετή e di σωφροσύνη.
La società del “produci, consuma, crepa” è tarata sull’arroganza e la tracotanza, deride la virtù e il valore, non conosce saggezza e lungimiranza.
I risultati che vediamo sono la logica conseguenza di arroganza senza virtù e saggezza e chiamano in causa tutti.
Hybris (in greco antico ὕβρις, hýbris, è un topos (tema ricorrente) della tragedia greca e della letteratura greca, che definisce un tratto della personalità o un’azione connotata da superbia o eccessivo orgoglio, o di disprezzo per l’ordine umano o divino. Il termine è in parte traducibile come “arroganza” e può essere riferito a un atto consistente in una grave offesa o violazione compiuta per effetto dell’arroganza. Nell’arco narrativo si riferisce, in generale, a un’azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze negative su persone ed eventi del presente. È un antefatto che vale come causa a monte che condurrà alla catastrofe quale epilogo della tragedia stessa.
La virtù (dal latino virtus; in greco antico: ἀρετή, aretè) è una disposizione d’animo volta al bene, che consiste nella capacità di una persona di eccellere in qualcosa, di compiere un certo atto in maniera ottimale, o di essere o agire in un modo ritenuto perfetto secondo un punto di vista morale, religioso, o anche sociale in base alla cultura di riferimento.
La sophrosyne (in greco antico: σωφροσύνη), nei poemi omerici, indica la prudenza come capacità di autocontrollo e di riflessione. La parola è composta da sos (sano) e da phren (letteralmente: diaframma) organo che, nel linguaggio omerico, è connesso alle funzioni di tipo intellettivo. Si tratta, pertanto, di uno stato mentale positivo, caratterizzato dal controllo e dall’equilibrio, che determina azioni positive nel vivere quotidiano.
Sophrosyne significa, dunque, conoscere se stessi, γνῶθι σαυτόν, gnōthi sautón, che suona come “abbi sophrosyne” o “sii assennato”.
B.B.S.
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