Sotto gli idranti a Trieste. Testimonianza diretta.

Domenica 17 decido insieme a mio fratello e mio cognato di andare a Trieste per dare supporto ai portuali.

Sveglia alle 4 di mattina. Primo imprevisto, lo svincolo sul ponte sopra al varco 4 bloccato dalla municipale, capirò dopo il perché.
Arrivati al porto un po’ di delusione ci assale…così pochi?
Fortunatamente dopo qualche ora il varco 4 si riempie. Tante persone dalle più variopinte sfaccettature inondano il piazzale.

Camionette di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza con davanti gli agenti in tenuta antisommossa,  di fronte a loro i portuali e dietro ai portuali il popolo.

Nonostante le forze dell’ordine schierate come se dovessero affrontare i Viet Cong, l’aria che si respira è di armonia, quasi di festa. Chi parla, chi si arrabbia, chi scherza, chi fa il caffè, chi suona la
chitarra.

Non passa molto tempo che la fila multiforze (ho tante conoscenze dirette e sottoscrivo che si schifano e si odiano, ma a quanto pare quando il dovere chiama sono tutti fratelli) comincia ad avanzare per spostare la folla verso la strada/parcheggio. Poco dopo cominciano a sparare con gli idranti, puntando anche alla faccia.

Qui vado per intuito, perché all’inizio eravamo tranquillamente vicini ai portuali, poi tra una carica e l’altra, ad effetto fisarmonica, ci spostavamo e tronavamo verso di loro. Deduco che qualcuno tra le forze dell’ordine abbia suggerito ai portuali di spostare la folla verso il parcheggio per evitare scontri. Così è stato gridato a gran voce alla folla. Mentre ci spostavamo mio fratello mi dice “ma così ci chiudono e se caricano ci ammazzano”, ci tengo a precisare che il complottista in famiglia sono io. Mi guardo a sinistra e vedo una signora alta circa un metro e cinquanta che sembrava la signora Minù a novant’anni, davanti a me un signore sull’ottantina prende contro ad un ragazzo e gli chiede scusa, alla mia destra una ragazza con un ragazzo e la figlia neonata nel marsupio. Riguardo mio fratello e gli rispondo “Ma secondo te…”.

Ricominciano a sparare con gli idranti. Gente che viene soccorsa perché colpita al volto dal getto d’acqua. Il primo campanello d’allarme arriva quando una volta che molta gente è riunita nel parcheggio cominciano a sparare l’acqua contro di loro, addirittura contro gente seduta nei bauli aperti con tavolini con caffè e biscotti, magari le stesse persone che lo avevano offerto agli agenti
nei giorni precedenti.

Non passa molto che improvvisamente vediamo arrivare ad altezza uomo dei lacrimogeni. Qualcuno viene colpito al volto. Resto fermo. Provo a capire cosa mi accade intorno. Qualche sparo arriva dalle retrovie della fila schierata davanti ai portuali. Ma qualcosa non torna. Dietro di me è pieno di fumogeni che non ho visto arrivare. Vengono sparati dal ponte che sovrasta il parcheggio. Senza avere il tempo di pensare tutto introno a me è guerriglia. Gente che corre, fumogeni sparati ad altezza uomo, partono le prime cariche. Non respiro, mi bruciano gli occhi. Cerco mio cognato tra la folla e intravedo mio fratello che corre verso la strada tra i fumogeni. Mi sposto verso la strada. Una ragazza a terra colpita al volto in mezzo ad una cerchia di persone che prova a soccorrerla ed a tranquillizzarla. Un ragazzo dei portuali portato via in braccio da altri tre. Un anziana che piange. Mio fratello incrocia la ragazza e il ragazzo con la neonata nel marsupio e gli grida “Scappa!”.  Pochi metri più su la gente si ritrova nel piazzale di un benzinaio. Chi piange, chi riprende, chi scappa. Provo a riavvicinarmi, pochi metri più sotto ripartono gli idranti e dopo la scarica d’acqua le cariche dei multiforze. Uno sparuto gruppo prova a reagire alle cariche. Mi allontano, il fumo è insopportabile.

Ci tengo a sottolineare che il modus operandi attuato dalle forze dell’ordine è da strategia militare. Oltretutto, aggiungerei, infame. Perché spingere in trappola la gente per caricarla se già stavano
indietreggiando senza opposizione?

Donne, vecchi, bambini, pochi ragazzi giovani e gente da tutta ITALIA. Questo era il gruppo che si sono trovate davanti le forze dell’ordine. Non so cosa hanno detto i media e non mi interessa.

QUESTO E’ CiO’ CHE E’ ACCADUTO E CHE IO HO VISSUTO.

Se esistono ancora poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili del fuoco con dignità e onore questo è il momento di spogliarsi ed unirsi ai propri padri, fratelli, figli, amici.

Se in questo stato infame esistono ancora uomini di buona volontà questo è il momento di supportare i propri fratelli.

Se esiste ancora qualche cristiano questo è il momento di praticare ciò che ascolta tutte le domeniche in chiesa.

Con che faccia volgerete lo sguardo verso i vostri figli domani? Come continuerete a vivere le vostre insignificanti e vuote vite sapendo che dietro l’angolo la gente muore per i vostri diritti? Avrete il coraggio di sopportare lo sguardo dei vostri fratelli che vi guardano e giudicano il vostro operato? Dormirete Sereni la notte sentendo i vostri compatrioti percossi in strada?

Vi chiamereste ancora uomini?

Non ci sono altre parole, questo è il momento dei fatti. Continuare a parlare dalla propria comfort zone non cambierà le cose.

Non serve riempire le piazze, o ci si unisce a Trieste (strategico) o si imita Trieste.

Bloccare porti, stazioni, aeroporti, autostrade. E’ illegale? Perché quello che lo STATO sta facendo non lo è? Non è il momento della guerra civile? Perfetto, allora utilizziamo le armi in nostro
possesso.

Combattiamo oggi o non ci sarà un domani.

Uniamoci per riconquistare la nostra patria, uniamoci per riconquistare la nostra dignità.