Visione di Leone XIII
Il papa aveva visto la Terra avvolta dalle tenebre e da un abisso; ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la Chiesa stessa, che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve San Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell’abisso. Poi ho visto San Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l’Arcangelo.
«Ho visto la Terra avvolta dalle tenebre e da un abisso; ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la Chiesa stessa, che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve San Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell’abisso. Poi ho visto San Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l’Arcangelo».
In tal modo, Leone XIII comprese che Dio avrebbe mandato San Michele a proteggere la Chiesa dall’assalto di Satana, ma che non lo avrebbe fatto senza che gli stessi fedeli si rendessero conto della minaccia e che domandassero il soccorso divino; che non li avrebbe salvati, insomma, loro malgrado, senza rispettarne il libero arbitrio.La visione, ad ogni modo, dovette costituire, per il Pontefice, una esperienza decisamente angosciante, addirittura spaventosa: le parole di Cristo, che assicuravano l’invincibilità della Chiesa da Lui fondata e da Lui protetta, non bastarono a dissipare lo spavento e il terrore che Leone XIII disse di aver provato. Tanto è vero che, terminata la Messa, egli rimase assorto e silenzioso per circa dieci minuti; quindi, non appena rientrato, con l’animo ancora profondamente turbato, prese carta e penna e scrisse di suo pugno una lunga invocazione, o preghiera, rivolta a San Michele Arcangelo, nella quale lo supplicava di difendere la Chiesa e di respingere, e sprofondare nel profondo dell’Inferno, Satana e le sue spaventevoli milizie, scatenate contro la Chiesa stessa e contro la salvezza delle anime.
Queste ultime erano una serie di preghiere e invocazioni solenni a Dio e alla Madonna, che venivano recitate al termine di ogni Messa fin dal 1859, e che, dopo il 1870, furono rivolte alla libertà della Chiesa; poi, dopo la stipulazione dei Patti Lateranensi, nel 1929, seguitarono ad essere recitate prevalentemente per la conversione della Russia e per il ripristino della libertà religiosa e la fine della persecuzione anticristiana in quel Paese (ricordiamo che la Madonna, nelle apparizioni di Fatima, aveva chiesto una speciale consacrazione della Russia al Cuore Immacolato della Vergine).
Esse constavano di tre Ave Maria, un Salve Regina, un versetto, un canto liturgico (responsorio) e una orazione (colletta) rivolta alla conversione dei peccatori e alla libertà della Chiesa; ad esse si aggiunse la preghiera a San Michele Arcangelo, nel 1886, e quella, voluta da Pio X: Cuore santissimo di Gesù, abbi pietà di noi, nel 1904.
(Se ti interessa l’attualità e la figura del nuovo pontefice, leggi anche l’approfondimento su Papa Leone XIV, la forza mite dell’erede silenzioso.)
La preghiera scritta e introdotta nel Rituale romano da Leone XIII, nella forma abbreviata, destinata appunto alla conclusione della santa Messa, recitava così:
«In nomine Patri, et Filii et Spritus Sancti. Sancte Michaël Archangele, / defende nos in proelio; / contra nequitiam et insidias diaboli esto presidium. / Imperet illi Deus, / supplices deprecamur: tuque, / Princeps militiae caelestis. / Satanam aliosque spiritus malignos, / qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, / divina virtute in infernum detrude. / Amen».
«Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. / San Michele Arcangelo, / difendici nella battaglia / le malvagità e le insidie del diavolo, sii nostro aiuto. / Che Dio lo comandi, / ti preghiamo supplichevoli: / e tu, che sei il Principe della milizia celeste, / Satana e gli altri spiriti maligni, / che si aggirano per il mondo / cercando la perdizione delle anime / con la virtù divina ricacciali nell’Inferno. / Amen.»
Questa era la preghiera che tutti i fedeli erano invitati a recitare, al termine della Messa. La preghiera completa, inserita, come si è detto, in un esorcismo che lo stesso leone XIII aveva scritto e raccolto, insieme ad altri, nel Rituale romano, poteva essere pronunciata, invece, solo da un sacerdote esorcista, debitamente autorizzato dal suo vescovo, nel corso di una cerimonia, appunto, di liberazione dal Maligno. È troppo lunga per riportarla integralmente nella versione originale, in latino ecclesiastico; in questa sede, e per gli scopi che qui ci proponiamo, sarà sufficiente riportarne il passaggio centrale, nella traduzione in lingua italiana:
Questa bella, commovente e forte preghiera, dunque, è stata recitata da milioni e milioni di cattolici ogni giorno, in ogni parte del mondo, al termine della santa Messa; milioni e milioni di cattolici hanno rivolto i loro cuori e le loro menti all’Arcangelo Michele, del quale fu vivissimo il culto, per secoli e secoli, specialmente nell’Europa medievale, e al quale era dedicato, fra gli altri, il celebre santuario di Monte Sant’Angelo, in Puglia, sul promontorio del Gargano, eretto nel 490, dopo un’apparizione al vescovo di Siponto, verso il quale accorrevano migliaia di pellegrini, a piedi, dai Paesi più lontani, in particolare lungo la Via Francigena, che partiva da Canterbury, in Inghilterra, attraversava la Francia nord-orientale, la Svizzera, e poi, valicate le Alpi al Passo del Gran San Bernardo, scendeva lungo la Penisola.
L’Arcangelo Michele, oltre che in alcuni libri non canonici, è presente nel Libro di Daniele; e, fra i libri del Nuovo Testamento, nella Lettera di Giuda e nell’Apocalisse. Egli è presentato come il capo delle milizie celesti, in un primo tempo accanto a Lucifero, poi, dopo la ribellione a Dio di questi, contro di lui, che, con l’aiuto del Signore, scacciò per sempre, facendolo precipitare sulla terra. Qui, però, al Diavolo è stato concesso un certo tempo per mettere alla prova l’opera più bella e preziosa di Dio, la Chiesa, e per tentare di scalzarne le basi, così da allontanare gli uomini dalla Verità.
La grande veggente Katharina Emmerich, vissuta in Germania fra il 1774 e il 1824, parlando dell’epoca moderna, ammoniva che il Demonio «sarebbe stato lasciato libero per un po’ di tempo», riecheggiando le parole dell’Apocalisse. Sorge spontanea, perciò, la domanda, anche osservando una serie di fatti, di comportamenti, di modi di pensare e persino di atti parlamentari e giuridici, i quali paiono sovvertire completamente non solo la morale cristiana, ma la stessa legge naturale: stiamo forse vivendo nell’Era del Diavolo, secondo le profezie di Katharina Emmerich e di altri mistici e mistiche cristiani, come il russo Basilio di Kronstadt, vissuto nel XVIII secolo?
Se analizziamo il testo della preghiera composta da Leone XIII, ci accorgiamo che quel Pontefice non presentò la minaccia diabolica come proveniente soltanto dall’esterno della Chiesa cattolica, ma anche dal suo interno. Egli è stato molto chiaro su questo punto. Le parole: «La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge», difficilmente possono essere equivocate.
Secondo Leone XIII, la Chiesa verrà minacciata anche dall’interno: egli dice, addirittura, che verrà “ubriacata”, anche perché Satana, l’antico Dragone, avrà la suprema astuzia di trasfigurarsi, apparentemente, in un angelo luminoso; riuscirà, con le sue menzogne, a far breccia nella mente e nel cuore di molti; non solo: egli afferma che la Chiesa verrà ubriacata da “nemici scaltrissimi”, i quali, evidentemente, riusciranno, anch’essi, a presentarsi come anime devote, e, forse, ad occupare posizioni eminenti nella stessa gerarchia ecclesiastica.
Questo non viene detto apertamente; è difficile, però, pensare soltanto alla Massoneria, e ad altri nemici “esterni”, quando la preghiera di Leone XIII afferma che il gran Nemico ha fatto della città del Papa il suo quartier generale, al preciso scopo di distruggere la Chiesa. Del resto è noto, e storicamente documentato, che la Massoneria, fin dal XVIII e XIX secolo, ha seguito la strategia di infiltrarsi occultamente e silenziosamente in quei settori e istituiti della società, dei quali voleva impadronirsi: finanziari, industriali, politici e culturali. Perché non avrebbe dovuto seguire la medesima strategia anche nei confronti della Chiesa cattolica? Certo, fa specie pensare a dei sacerdoti, dei monsignori, dei cardinali che vivono presso il Vaticano, i quali sono agenti infiltrati della Massoneria, operanti allo scopo di scardinarla dall’interno, di screditarla, di disorientarla e disperderla. Pure, sappiamo che cose del genere non appartengono al regno della fantasia letteraria di qualche autore di romanzi a tinte forti. Un libro-scandalo di qualche anno fa, non privo di verosimiglianza, «Via col vento in Vaticano» (Edizioni Kaos), scritto da una persona anonima, evidentemente bene informata, delinea uno scenario, se possibile, ancora più inquietante: a Roma vi sarebbero non soltanto degli alti prelati massoni, ma addirittura satanisti, regolarmente impegnati a celebrare delle messe nere.
Ora, la domanda che non possiamo fare a meno di porci è molto semplice. Per quale mai ragione, nel corso del Concilio Vaticano II, con l’istituzione Inter ecumenici del 26 settembre 1964, venne tirato un colpo di spugna su di essa, sopprimendola insieme a tutte le altre Preci leonine? A chi dava fastidio quella preghiera? Chi era interessato a far sì che non venisse più recitata, dopo ben 80 anni?
Montini autorizzò l’abolizione delle “difese” soprannaturali
Un’ultima parola sulla colpa della gerarchia modernista post-conciliare, che ha abolito tutte le “difese” e “protezioni” contro il Maligno inserite nella Messa tradizionale, segnatamente la preghiera esorcistica all’Arcangelo Michele in fine della Messa feriale – voluta da Leone XII dopo una visione in cui aveva visto il Vaticano invaso da demoni. Fu una eliminazione deliberata,di qualcuno che sapeva bene ciò che faceva. Monsignor Annibale Bugnini, cui Paolo VI affidò la segretarie della riforma liturgica, era un comprovato massone: esistono lettere di questo “mellifluo monsignore” indirizzate al Gran Maestro, che furono pubblicate dalla rivista “30 Giorni” nel 1991 a firma del vaticanista Andrea Tornielli.
Orbene: la “riforma” come stava venendo fuori dalla Commissione (presieduta pro-forma dallo stupidissimo cardinal Lercaro di Bologna) era tale da lasciare sgomenti, in Vaticano, molti prelati importanti, come il cardinal Antonelli. Il quale scoprì poi – lo scrisse nelle sue memorie – che il 19 aprile 1967 Paolo VI si disse amareggiato, perché si facevano esperimenti capricciosi con la liturgia, e più addolorato ancora verso una desacralizzazione della liturgia”.
Bugnini metteva a tacere i membri della Commissione dubbiosi con una frase: “Lo vuole il papa”. Poi un altro testimone (Luis Bouyer, un protestante convertito) scopre che anche il Papa “aveva approvato queste deformazioni della liturgia senza esserne soddisfatto”, anzi gli chiese: “Ma perché vi siete impegolati in questa riforma?”. L’altro rispose: “Ma perché Bugnini ci assicurò che lei la voleva assolutamente”. Al che Paolo VI: “Ma è mai possibile? Lui mi disse che voi eravate unanimi nell’approvarla…”.
Papa Montini capì di essere stato tradito. Per punizione, mandò Bugnini ….come nunzio apostolico a Teheran. Ma lasciò la Messa mutilata e priva di invocazioni angeliche, come l’aveva ridotta quello. E così è ancor oggi.
gennaio 2020