2014 – Muore dopo aver preso la Ru486, ora la danno in day hospital

RU-486: la pillola di Erode, un olocausto legalizzato e pagato dai contribuenti


Giorgio Celsi

Il pesticida umano RU-486 e’ prodotto dalla stessa società produttrice del gas Ziklon–B, gas usato dai nazisti nei campi di sterminio. La “Roussel Uclaf”, la filiale farmaceutica francese della “Hoechst Ag” è la produttrice della RU-486, durante la seconda guerra mondiale, la Germania nazista utilizzava camere a gas per uccidere milioni di ebrei. Il gas utilizzato è stato chiamato “Zyclon-B è fabbricato dalla “IG Farben”. Dopo la guerra la “IG Farben” ha cambiato il suo nome in “Hoechst AG”. Quindi, la stessa società che ti ha portato le camere a gas dell’olocausto della seconda guerra mondiale ora ti porta la “pillola” abortiva dell’olocausto americano e quello di altri paesi compresa l’Italia!

Finora, “la comunità scientifica ha confermato la morte di 29 donne a seguito di aborto con pillola Ru486” alle quali andrebbero aggiunte “altre 12 persone decedute a seguito dell’uso del farmaco per fini diversi”.

Secondo l’autorevole New England journal of medicine la mortalità in seguito ad aborto chimico è 10 volte superiore a quella chirurgica.

Persino una biologa di fama internazionale come la Dott.ssa Renate Klein, femminista e laica, “sostiene da anni che chi ha a cuore la salute delle donne non può appoggiare in buona fede l’aborto chimico”.

Ora chiediamoci se, in un’Italia in pieno inverno demografico a causa del più basso tasso di natalità al mondo, dove nei parchi ci sono più carrozzelle con badanti che carrozzine con bambini, in questa Italia con sempre più nonni senza nipotini, non sia meglio per garantire un futuro a noi e alle generazioni future favorire le nascite a domicilio e non gli aborti a domicilio! Ricordo le belle parole di Papa Giovanni Paolo II che diceva: “Una Nazione che uccide i propri figli è una Nazione senza futuro” e io aggiungerei anche che è una nazione che sta perdendo l’anima e la speranza.

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Giorgio Celsi. Infermiere, rischia il licenziamento per la sua solitaria battaglia contro l’aborto.