La dittatura della finanza: i “futures” sull’acqua.

di Roberto PECCHIOLI

La finanza ha superato da tempo il limite delle decenza. L’assoluta mancanza di senso morale dell’economia finanziaria globale non è bilanciata da nessun governo, da nessuna spinta di opinione pubblica, da nessuna visione del mondo alternativa. Tutti tacciono e anche movimenti come Occupy Wall Street sono falliti miseramente. Da poco, la roulette criminale ha oltrepassato un’altra frontiera: sono sul mercato i “futures” legati al prezzo dell’acqua.  L’acqua è vita; adesso la vita non è solo in vendita al miglior offerente, ma su di essa si può scommettere sul mercato finanziario.

L’acqua non è un prodotto, ma un bene comune dal quale dipende la sopravvivenza del creato. Per la follia mercatista, è diventata ufficialmente una “commodity”, ossia, nella lingua di legno della speculazione – rigorosamente anglofona- una materia prima come le altre.

Si può ora scommettere sul suo prezzo ad una certa data, ovvero puntare sulla sua scarsità e naturalmente, come per ogni altro “prodotto”, farne incetta, sviarlo, ritirarlo dolosamente dal mercato e compiere ogni atto in grado di modificarne il prezzo. Assistiamo inerti alla vergognosa finanziarizzazione di un diritto umano, poiché tale è l’accesso all’acqua. Nel 2007 i “futures” sulle materie prime alimentari provocarono una bolla speculativa che si ripercosse sull’inflazione. Venne provocata ad arte la carenza di alcuni beni, gli speculatori approfittarono della scarsità e della volatilità dei prezzi con conseguenze ovunque gravi, tenuto conto che la domanda di quelle materie prime è per definizione “anelastica”.

Nel caso dell’acqua, la questione è ancora più grave e richiede una risposta, prima che politica, morale, giacché il sistema, anzi il Dominio, ammette e promuove una spinta speculativa su un bene – l’acqua- senza la quale finisce la vita. L’evidenza empirica è che dal 2004, allorché la deregulation raggiunse le materie prime agricole e alimentari, la finanziarizzazione speculativa su quei beni ha scatenato orde di avvoltoi, disinteressati all’uso produttivo e anche alla vendita, attirate solo dalla possibilità di fare denaro accaparrando o bloccando il mercato, giocando cioè sulla scarsità. Il ““future” è una scommessa in piena regola all’interno di un gioco truccato da chi lo manipola, i grandi gruppi finanziari che chiamiamo superstiziosamente “Mercato”. Nulla di diverso capiterà con l’acqua, con conseguenze economiche, sociali, geopolitiche inimmaginabili.

La speculazione sul mercato dei futures di materie prime alimentari ha distorto i prezzi, con aumenti improvvisi e spesso irrazionali, anzi irreali. Ed è proprio il principio di realtà il grande assente nella riffa globale chiamata finanza. Pensiamo al mercato dell’oro, in cui viene trattata una quantità di metallo prezioso inesistente in natura, tanto che è diventata comune la nozione di “oro fisico”, contrapposto dall’oro virtuale, quello delle transazioni finanziarie dominate dalla famiglia Rothschild. Ma l’oro, almeno, ha un valore convenzionale: senza di esso non si muore, a differenza dell’acqua. Presto, se il mercato dell’acqua prenderà piede, si parlerà di “acqua fisica”. Da poco, Cme Group, la più grande piazza globale dei contratti a termine, scambia regolarmente “futures” sull’acqua. I contratti sono legati all’indice Nasdaq Veles California Water.

Come l’oro e il petrolio, l’acqua è diventata una commodity, la più preziosa. Da tempo se ne denuncia la scarsità; la situazione è destinata a peggiorare, con gravi conseguenze per la vita e per quei diritti umani di cui tanto si riempie la bocca la grancassa mediatica. La mancanza di acqua scatena disordini, guerre e migrazioni. Per questo Cme Group, fregandosi le mani, prevede che il valore dell’investimento sia destinato a salire, sulla spinta di fattori come il cambiamento climatico, l’inquinamento e la crescita demografica.

In materia, la stampa specializzata – al servizio del Dominio – raggiunge livelli di menzogna e piaggeria impressionanti: afferma che i futures sull’acqua serviranno per proteggere le comunità locali, le istituzioni politiche, le industrie e le imprese dai rischi economici legati alle carenze idriche. Lavorano apertamente per la sua carenza o totale mancanza. Hanno la sfacciataggine di affermare – contro ogni evidenza storica – che gli interessati “potranno scommettere sui contratti futures per compensare cifre più alte che potrebbero dover pagare in una normale transazione.” Dunque, l’acqua, diventata una merce come ogni altra, privatizzata e soggetta alle leggi di mercato, sarà a disposizione solo di chi potrà pagarla.

Lorsignori non sono sfiorati da alcun dilemma morale, ma ci chiediamo che cosa ne pensa l’ONU, che nel 2010 ha incluso l’accesso all’acqua potabile tra i “diritti umani universali e fondamentali”. Eh sì, perché, come ammette Il Sole -24 Ore, l’acqua è “irrinunciabile, insostituibile e sempre più scarsa. “Tanto meglio per il Dominio. L’organo degli industriali esulta: è la commodity più preziosa. Il giornale che piace alla gente che piace ammette che la quotazione di mercato sarà influenzata “inevitabilmente” da manovre di speculazione finanziaria.

Inevitabile, tuttavia, è solo la morte, che raggiungerà anticipatamente chi non potrà permettersi l’acqua, il cui statuto di “diritto umano universale e fondamentale“ è ora sostituito dalla qualifica merceologica di “commodity”. Secondo CME Group, quasi due terzi della popolazione mondiale potrebbe affrontare carenze idriche entro il 2025. “Inevitabile”. Dunque, un affarone, e soprattutto un’ulteriore estensione del Dominio, impegnato nella privatizzazione generalizzata dell’acqua “fisica”, quella che sgorga dalle sorgenti e diventa “cosa loro”, e nella finanziarizzazione della commodity acqua al fine di manipolarne la quantità, la disponibilità, il prezzo, la distribuzione, l’accesso.

Non si tratta più di opporsi a un sistema politico ed economico criminoso, ma di esprimere una ripulsa morale irremovibile. Negli anni Settanta del XX secolo, Michel Foucault chiamò “biopotere”, autorità sulla vita biologica, la deriva che stava assumendo il sistema capitalistico. Molta acqua – possiamo dirlo- è passata sotto i ponti e oggi viviamo in una vera e propria “biocrazia”, l’imperio integrale sull’esistenza e la natura che- insieme con tante altre cose orribili- non si vergogna di privatizzare l’acqua a vantaggio di un pugno di super ricchi sociopatici, facendola oggetto di un’odiosa speculazione finanziaria che hanno l’improntitudine di chiamare “protezione dei rischi”.

Ci prendono per bisogno, per fame e ora anche per sete. Arriverà un giorno la collera dei popoli e delle nazioni?