GIOVANELLI ESAMINA IL “FILOSOFO” GALIMBERTI

L’amico Raffaele Giovanelli, docente di ingegneria e filosofo della scienza, ha trovato un vecchio articolo del cosiddetto “filosofo Galimberti”, La scienza fra tecnologia e religione, pubblicato da “la Repubblica”, 9 maggio 2007, e s’è divertito a fargli le pulci. Le parole del “filosofo”   sono in corsivo. Le note di Giovanelli in quadro.

 

Galimberti: La scienza applicata alla salute si chiama “medicina”. Il suo scopo, come dice Ippocrate, è quello di “evitare i mali evitabili”. Il suo modo di procedere, come ci ricorda Aristotele figlio di un medico, è quello di “aiutare la natura a risanarsi. Non è infatti il farmaco a guarire, ma la natura coadiuvata dal farmaco”. Questo non ci deve far dimenticare che è propria della natura umana la “mortalità” che i greci avevano ben presente, mentre i cristiani, sedotti dalla fede nella vita eterna, meno.

 

Giovanelli : Al contrario i cristiani sono vissuti ricordando la morte ad ogni passo, mentre i greci l’ hanno esorcizzata con una vita condotta dimenticando la morte, in un modo moderno, molto simile al costume di vita attuale.

Tutto il mondo greco-romano aveva la percezione di una vita che terminava nel nulla. I cristiani avevano ed hanno coscienza di una forma di vita ultraterrena, concretizzata nella resurrezione in un corpo spirituale. Si tratta di una differenza radicale con la concezione della morte prima del cristianesimo. Questo ovviamente causerà modifiche nella vita dei singoli e dei popoli cristiani.

 

Ciò ha determinato una sorta di “superstizione scientifica”, come la chiama Jaspers, che investe la figura del medico di quell’alone di sacralità di cui, nel tempo antico, erano circondati i sacerdoti.

 

Superstizione scientifica è una contraddizione in termini, con buona pace di Jaspers. I miracoli non riguardano solo le guarigioni ma anche fenomeni fisici (camminare sull’acqua, l’acqua tramutata in vino, la pesca abbondante che convertì Pietro, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il sole di Fatima …)

 

Questa contaminazione tra scienza medica e fede religiosa è antica e ben radicata nel vissuto degli uomini. Dai fondatori di religioni che acquisivano seguito per le guarigioni miracolose che operavano ai processi di santificazione che esigono come prove le guarigioni fisiche, è una sequenza ininterrotta dove la categoria religiosa della “salvezza” si contamina con quella medica della “salute”.

 

Per tutti gli uomini in tutti i tempi nulla ha avuto più importanza della salute del corpo e di quella dell’anima. Già dell’anima perché nel cristianesimo spesso la salute dell’anima conta più di quella del corpo. Le folle che visitano luoghi resi sacri da apparizioni divine, sono animate più dalle guarigioni dei mali nell’anima. Ma di questo la medicina non si occupa. I criteri, che inducono oggi la Chiesa ad emettere un verdetto di santità, sono stati dettati da una impropria soggezione della Chiesa verso la Scienza.

 

Questo stretto rapporto trova un’ulteriore conferma nella visione che la religione e la scienza hanno del tempo. Per la religione, infatti, il passato, contrassegnato dal peccato originale, è male, il presente è redenzione e riscatto, il futuro è salvezza.

 

È una visione semplicistica che non distingue tra passato remoto e passato più prossimo, quello del tempo dopo la venuta di Cristo. Nella Scienza il tempo viene scandito dall’ affermarsi di nuove teorie, quelle che scalzano le precedenti e le dimostrano false. Le vecchie teorie sono accantonate nella storia della Scienza e ad esse non è associata l’idea del male, un concetto sconosciuto nella Scienza.

 

Allo stesso modo per la scienza il passato è male da imputare all’ignoranza, il presente è riscatto reso possibile dalla ricerca, il futuro è speranza dischiusa dal progresso scientifico.

Oggi questa antica alleanza tra scienza medica e fede religiosa è entrata in profondissima crisi, dovuta al fatto che tra scienza e religione si è inserito quell’ospite inquietante che è la tecnica, la quale rende possibile quello che per natura è impossibile.

 

Affermazione da correggere: la tecnica rende possibile ciò che in natura è altamente improbabile che avvenga spontaneamente. Al contrario di molti miracoli, che attuano ciò che per natura è impossibile. È stato il progresso della Scienza a dimostrare l’incompatibilità di alcuni eventi con spiegazioni nell’ambito delle attuali conoscenze scientifiche. Per esclusione è ragionevole supporre una causa soprannaturale. Il fatto più interessante è la formazione dell’immagine di Cristo sul telo dalla Sindone. Nessuna ipotesi fondata su fenomeni conosciuti normali ha potuto darne una spiegazione valida, nonostante si siano accavallate anche ipotesi fraudolente.

La tecnica si sviluppò per ragioni più banali: per sopperire, durante il medioevo, alla carenza di schiavi. La crescita delle macchine è proseguita al punto che oggi, con le macchine automatiche, molto lavoro manuale diventa inutile, creando problemi occupazionali per gli operai non qualificati. La tecnica sin da subito è stata il principale sostegno all’ affermarsi di nuove teorie scientifiche. Nel De rerum natura Lucrezio aveva già ipotizzato che nel vuoto una piuma cada con la stessa velocità con cui cade una pietra, ma bisognerà attendere che la tecnica costruisca pompe che creano il vuoto per verificare che questa verità scientifica venisse confermata. La relatività generale prediceva la deviazione della luce in un campo gravitazionale. Ma questa teoria sarebbe rimasta a livello di ipotesi se non ci fosse stata la conferma sperimentale attuata con la tecnica di perfezionati telescopi. Durante la formazione delle diverse discipline scientifiche la fisica era tutt’uno con la medicina, la cui parentela con il mondo della fede è molto opinabile..

 

Basti pensare alla fecondazione artificiale, al congelamento degli embrioni, al trapianto degli organi, al cambiamento di genere, alle cellule staminali in grado di ricreare tessuti, alle pratiche di rianimazione, all’accanimento terapeutico, per non parlare della genetica, capace di predire con buona approssimazione l’insorgenza ineluttabile di malattie, fino a quel limite che sottrae agli uomini l’imprevedibilità della loro morte. A regolare il procedimento tecnico-scientifico è il principio che “si deve fare tutto ciò che si può fare” in base alle conoscenze acquisite, a cui la religione contrappone il principio etico del limite che ha nell’ordine della natura il suo riferimento. Come uscirne? Una strada c’è, percorrendo la quale incontriamo due segnalazioni.

La prima ci dice che la natura non è “buona”, ma semplicemente “indifferente” alla sorte umana. Non si spiegherebbero diversamente epidemie, pestilenze, inondazioni, siccità, fame, malattie, per porre rimedio alle quali è nata la scienza. La seconda ci dice che non possiamo utilizzare un’etica i cui principi scaturiscono da una concezione della natura come ordine immutabile, quando oggi la natura è in ogni suo aspetto manipolabile. Per il mutamento del contesto un’etica sì fatta non è più proponibile, dal momento che non si può impedire alla scienza che può di non fare ciò che può. Il problema allora diventa quello della “misura” che non va cercata nei principi formulati quando la natura era immodificabile, ma in quella indicazione aristotelica che, in assenza di principi generali, consente di prendere decisioni esaminando caso per caso.

Aristotele chiama questa capacità “phronesis”, che siamo soliti tradurre con “saggezza”, “prudenza”, e la eleva a principio regolativo della prassi non solo medica, perché le decisioni e i comportamenti sono in continua evoluzione, e questo a maggior ragione in presenza dell’accadimento scientifico. Non resta allora che affidarci al buon uso della ragione, perché questa è la condizione umana da conciliare con l’altra nostra imprescindibile esigenza che è il bisogno di conoscenza.

 

Il limite della scienza e della tecnica verrà dal crollo dell’intero sistema occidentale, crollo dovuto anche ai loro progressi esplosivi e privi di una vera finalità. Tutto il sistema economico, politico, industriale dell’Occidente è sul punto di esplodere, se non altro per la gigantesca ed inverosimile dimensione dei debiti bancari, una vera metastasi tumorale che invade tutti i gangli vitali della struttura sovranazionale mondiale.

Ma torniamo al centro di queste riflessioni circa i rapporti tra fede, scienza e tecnica.

Il problema della morte è il vero PROBLEMA dell’uomo, che per sua natura ha bisogno di conoscere il suo futuro. Questo problema è all’origine di tutte le religioni come ricerca della realtà ultima, quella definitiva. La medicina può posticipare l’ora della morte ma non può certo darci una risposta su ciò che si verifica, se si verifica, dopo la morte. Questa è una verità banale. Diceva il mio medico: la vecchiaia è brutta, anzi è una malattia, per evitarla c’è solo un modo: morire giovani. Morire vecchi non solo ci costringe a sopportare malattie ed invalidità, ma aumenta la paura della morte. Le società che hanno un’alta percentuale di anziani infatti sono più timorose del futuro e di ogni cambiamento.

Il miracolo è la testimonianza tangibile della presenza di una entità superiore che scavalca la finitezza dello spazio e del tempo entro cui l’uomo è costretto e di cui l’uomo ha sempre percepito la costrizione. Una guarigione miracolosa ha un valore ben più grande dell’ allungamento della vita, è la testimonianza nel nostro corpo della presenza di Dio. Quindi è ben lontana dalla guarigione ottenuta dalla scienza medica.

Dire che in assenza della tecnica sarebbe esistita una precedente pacifica coesistenza tra scienza e fede è un errore perché la scienza è cresciuta strettamente legata alla tecnica, che ha permesso di misurare le grandezze fisiche e quindi di confermare o smentire le teorie scientifiche. Inoltre la tecnica ha fornito “meccanismi”, che svolgono funzioni sempre più importanti nella vita umana. Quindi i “miracoli” compiuti dalla tecnica hanno dato un enorme prestigio alla scienza che altrimenti sarebbe rimasta confinata in ristretti circoli di potere come avvenne per esempio nell’Impero romano d’Oriente.

Se tecniche e scienze viaggiano separate non si ottiene nulla. Il caso più evidente è Leonardo da Vinci. Disegnò alla perfezione il sistema di circolazione del sangue nel corpo umano. Quindi ne rivelò la tecnica costruttiva ma non l’aspetto funzionale perché non capì una cosa banale: il sangue viene messo in circolazione dal cuore! Leonardo non fece misure, fu solo uno stupefatto ammiratore della bellezza di una realtà della quale non capiva i meccanismi di funzionamento.

La soluzione proposta per uscire dal vicolo cieco in cui ci troviamo non mi appare praticabile. Quali sono i fondamenti della ragione alla quale si vorrebbe ricorrere?

Gli uomini hanno disperato bisogno del sacro. Non vi piace e non vi soddisfa il cristianesimo? Allora verrà l’Islam, che taglia i dubbi con una fede assoluta e radicale. I giovani corrono a morire sotto le bandiere del califfato, nato come una sorta di artificio preparato e finanziato da certi strateghi sovranazionali, oggi è diventato una forza incontrollabile.