Elementi di teologia del Mercato. E di come somigli al wahabismo.

myron Scholes, vero credente

 

Ronald Harry Coase (scomparso nel 2013) è stato premio Nobel per l’Economia nel 1991. E’ stato lui a lanciare l’idea   che sta dietro ai protocolli di Kioto: l’idea che   possiamo risolvere i problemi ecologici causati dall’industrializzazione totale, l’inquinamento e il riscaldamento globale, non imponendo divieti che sarebbero inefficaci, bensì lasciando agire il mercato. In pratica, privatizzare i beni comuni rimasti, acqua ed aria compresa. Le imprese, dando a questi beni un prezzo, rimetteranno ordine nelle cose meglio di ogni dirigismo di Stato, anzi di qualunque volontà umana, sempre debole incostante nel fare il bene. Sulla base di questa idea, l’Occidente ha concepito i “diritti di emissione”, la compravendita di diritti d’inquinamento: i paesi che inquinano molto possono evitare sanzioni comprandone da paesi   che inquinano poco. Si costituisce così un mercato, che porterà alla riduzione dell’inquinamento…

Ovviamente   riluce qui in modo caricaturale che l’ideologia liberista, nella sua fase terminale, è diventata non solo un totalitarismo, ma una pseudo religione.   Per Coase (e i poteri globali che gli hanno dato retta), il Mercato ha compiutamente sostituito Dio. Non solo è onnipotente, ma la sua missione è instaurare nel mondo il Bene. Basta che lo si faccia agire senza intoppi, e ciò che l’umanità non riesce a fare né per coercizione né per accordo, il Mercato lo fa: gli operatori economici, sotto la sua legge (di concorrenza) diventano buoni e perseguono  la purificazione dell’aria e dell’acqua, ricostituiscono l’ecologia terrestre, salvano i ghiacciai e la foca monaca.

Come insegna la teologia dell’Aquinate, Bonum et Verum convertuntur, il Bene e la Verità sono la stessa cosa. Anche per i liberisti assoluti il Mercato ottiene il Bene e insieme la Verità e la Giustizia. Essi infatti tengono fermamente per certo che lasciando libero il Mercato, i prezzi si fissino da sè al loro livello “oggettivo”: il Mercato trova il prezzo “giusto”, il prezzo “vero”. Come se – nota ironico il sociologo-economista Paul Jorion – “gli operatori sul mercato non fossero dei mercanti ma dei filantropi”, non spinti dalla sete di profitto e pronti ad approfittare brutalmente dei rapporti di forza a loro favore, ma “avessero per   unico scopo di mettersi al servizio del “processo di scoperta del prezzo” (price discovery process)”, come dei filosofi disinteressati alla purezza della teoria.

 

Jorion ricorda il modello Black-Scholes (quest’ultimo fu Nobel 1997 con l’amico Merton) sulla valorizzazione dei prodotti derivati chiamati opzioni. Lo stesso Jorion da giovane se ne occupò,   lo trovò sbagliato – e lo corresse inserendo nella formula una variabile che i due   autori non avevano contemplato, “il profitto del venditore”. Ma quale fu il suo stupore quando Myron Scholes, in una intervista, ammise che lui e il collega Black sapevano che   la variabile “profitto” serviva; ma l’avevano omessa per preservare la “purezza del modello”. Ma ancor più istruttiva la scusa che Scholes diede per la sua omissione: tanto, “l’efficacia del mercato” essendo totale nelle transazioni finanziarie, la concorrenza tra i venditori tendeva a far scendere il profitto verso lo zero! In pratica, l’economista-genio suppone che, ridotto verso zero il profitto, i mercanti continuassero a far funzionare il mercato per la bellezza della liturgia in sè.

http://www.pauljorion.com/blog/2015/06/11/trends-tendances-chez-ces-gens-la-monsieur-on-ne-cause-pas-on-compte-jeudi-4-juin-2015/#more-75842

Questa sì che è fede.

Non è che Scholes facesse finta di essere ingenuo. Lo era davvero. Come forse non ricordate più,   sulla base delle sue teorie   fondò insieme a vari investitori e veri credenti un hedge fund chiamato  Long Term Capital Management; che andò in bancarotta e fu salvato dalla  Federal Reserve nel settembre 1998 per 3.6 miliardi di dollari. Sicché Scholes può esser considerato un martire della Vera Fede, ancorché le sofferenze gli siano state riparmiate dall’intervento non della mano invisibile, ma da quella visibilissima della Banca centrale. Lo stesso salvataggio   dimostra che l’America ha riconosciuto a Scholes lo status di Vittima della Fede nel Dio che tutti dobbiamo adorare: non un bancarottiere privato, ma testimone del dogma (martire, appunto), un santo caduto   sulla via del Bene, che  da ciò ha acquisito un merito presso la Comunità dei devoti. La “ingenuità” è del resto un merito religioso, esclude in chi la pratica il cinismo, ossia l’empietà e la miscredenza.

Tutta la vicenda conferma l’impressionante “presa” della dottrina su tutte le menti, anche le più scafate, una presa veramente totalitaria.   Se si osa puntare il dito sui disastri della globalizzazione, sulle de-industrializzazioni, la perdita di posti di lavoro verso i paesi a bassi salari, la disoccupazione nel primo mondo, gli economisti e i giornalisti economici vi rispondono: ma grazie alla globalizzazione quanti milioni di cinesi e di indiani sono usciti dal livello di povertà! Come se banchieri,   capitalisti e speculatori di Wall Street fossero mossi dalla volontà di sanare le povertà dell’altra parte del pianeta, non di strappare la massima remunerazione del loro capitale attraverso la retribuzione minima del lavoro. Una risposta come quella, non testimonia altro che quegli economisti e giornalisti dalla convinzione che il Mercato si identifica col Bene metafisico.

Del resto, già sappiamo che – come la fede in YHVH – anche questa liberista ha i suoi patriarchi (Mandeville) e profeti antichi (Adam Smith, Ricardo); dovevamo   ravvisarne meglio la deriva mistica totale   quando uscì –e fu preso su serio – il saggio di Francis Fukuyama dal titolo “La fine della Storia”. Nella vecchia religione, sarà il secondo avvento del Messia salvatore a porre fine alla storia umana con le sue imperfezioni, prove e vicissitudini; Fukuyama, nei giorni del crollo del totalitarismo sovietico, annunciava l’imminente avvento   della pienezza dei tempi (in cui “tutte le lacrime saranno asciugate”) sotto forma dell’instaurarsi del Regno di Dio-Mercato su questa terra:  il trionfo finale della razionalità, lo sbocco felice dell’Evoluzione ( che non è cieca   bensì dettata, asseverò, dai princìpi del liberalismo); insomma lo stato di perfezione insuperabile, dunque eterno. Che beatitudine!

Anni dopo Fukuyama s’è ravvisato, ha ammesso che la storia continua – anzi tende a   diventare sempre più cronaca, precisamente cronaca nera (col deterioramento morale causato da un estremo individualismo, indebolimento della famiglia e diminuzione delle nascite, disoccupazione galoppante eccetera): ma la sua   autocritica ha avuto molto meno successo dell’Annuncio, e si può capire. I tiepidi, il Dio li vomita.

Del resto,   la Comunità del Mercato – detta anche Occidente –   sa spiegarsi benissimo in accordo col dogma perché la fine-della-storia ritarda: è perché il Mercato non è ancora globale, non si è ancora pienamente realizzato.   Ci sono ancora resistenze, eresie, che – terribile a dirsi – non si manifestano tanto nelle istituzioni ormai globalmente soggette al Mercato Unico (unico come YHVH), ma nei cuori e nelle menti. Certi paesi insinuano o accusano che i rapporti di forze dispari, la prepotenza e la prevaricazione, i cartelli e i monopoli, sono spesso lì ad operare sul mercato e a impedire la “oggettività” del prezzo.

Ci sono mormorazioni, lagnanze individuali o di staterelli insignificanti perché “non competitivi”;   si manifestano resistenze non tanto al Mercato quanto alla sola Superpotenza che lo incarna nel modo più puro e perfetto e lo sta imponendo con tanto disinteressato amore al mondo. In questo consiste la convinzione del presidente americano di turno della “eccezionalità” degli Usa; l’America è “la sola nazione necessaria” perchè è la sola che (come dissero i Blue Brothers) “è in missione per Dio”; al servizio del Dio senza remore né restrizioni mentali,   non fa’ che espandere il regno di Dio in tutto il mondo, onde nessun angolo, nessun uomo sia sottratto al Mercato.   Questa missione divina conferisce alla Superpotenza una superiorità morale così auto-evidente su tutti gli altri gruppi umani, che essa si dà il diritto di fare quel che vieta e punisce negli altri stati: invadere senza provocazione, mutare i confini, violare le sovranità. Obama ha appena ammonito Putin:  è punito con sanzioni  perché “non deve fare violazioni territoriali e dell’integrità di altri paesi”, cose che gli Usa fanno  da qualche anno senza limiti in Afghanistan, Irak, Libia, Ucraina, Somalia, Siria.

E’ un’alta lezione morale che impartisce chi   ha la buona coscienza di “camminare sulla via di Dio”: tutto in Usa è per il Mercato, quindi per il Bene assoluto, in ciò che fa’ non può esserci mai un briciolo di Male.   Per contro “la Russia non produce niente”, ed ora pure  “è in recessione”, il che mostra “oggettivamente” che sta facendo il Male. Non per le sanzioni, e la manipolazione dei prezzi energetici? Certo, ma è solo colpa sua. “Le azioni della Russia in Ucraina stanno facendo del male al popolo russo”, si addolora Obama, il difensore del Bene che ovviamente è pieno di compassione per il popolo russo.

Siamo in piena teologia e metafisica del Mercato Globale come Dio. Tanto che si può   intravvedere una motivazione profonda per il fatto che gli Usa hanno armato e scatenato l’ISIS. C’è una sottile analogia fra le due religioni, quella dei wahabiti e quella della Superpotenza. Quelli a nome del loro Islam nichilista e minimo, iconoclasta e schematico, distruggono santuari sufi e venerabili tradizioni musulmane, devastano Palmira e Ur; gli Usa hanno incenerito duomi italiani,Cassino, Nagasaki, spianato i resti assiro dell’antica Babilonia, hanno sterminato i nativi ed azzerato le loro culture nell’alcool – il loro destino storico essendo quello di devastare e livellare tutte le diversità e specificità perché l’intero genere umano si tramuti nel Consumatore perfetto, senza storia, senza identità né religione vivente, “liberatod a tutti i tabù”.  I terroristi islamisti non puntano a convertire, decapitano il prossimo.   Gli Usa decapitano le nazioni che a loro giudizio non si assoggettano al Mercato, o alla “democrazia” che ne   il lato politicistico. L’uno e l’altro, in nome del loro Dio cieco e brutale, uccidono l’uomo spirituale. Ognuno dei due, a modo suo, cabella nel mondo l’attitudine al dono di sè: l’uno cancellando fra i nomi di Dio il Clemente e Misericordioso, l’altro si basa ul principio di Adams Smith che “Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del loro interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo..”. Il Dio Mercato, come il wahabismo, trionfa su una umanità “decapitata”: prossima alla fine  quando “per il sovrabbondare dell’iniquità, verrà meno la carità”.

Post Scriptum

I fedeli del Mercato-Dio rispondono ad ogni critica del genere accusando i critici di non so quale “statalismo”, o di un meglio identificabile “populismo”. E’ proprio dei settari porre questo tipo di alternative obbligate: se non seio a favore del mercato, sei “statalista”. Vuoi affidare l’economia ai politici corrotti. Tacendo che i poltici sono stati corrotti dal Mercato, dall’essere liberati da ogni seria responsabilità visto che a decidere è “la concorrenza”, è Wall Street. Lo Stato che metta in disciplina il mercato selvaggio deve essere costruito, anzitutto ccome forza spirituale, e cosciente del destino eterno dell’uomo.