Effetto Greta. La pista dei soldi.

 

di Roberto PECCHIOLI

Nel pragmatico mondo anglosassone, quando si vuole alludere alle vere ragioni di un comportamento, si usa dire Follow the money, segui il denaro. Non è sempre vero, per fortuna, ma nel caso del fenomeno Greta Thunberg, la pasionaria del clima affetta dalla malattia di Asperger, l’indagine sui quattrini è molto istruttiva. Una documentata ricerca è stata svolta dal giornalista William Engdahl sul sito in lingua russa e inglese Journal.neo.org. E’ sorprendente rintracciare notizie “controcorrente” non attraverso i “liberi “canali informativi mainstream d’ Occidente, sempre più chiusi, censori e allineati al pensiero unico liberal liberista, ma in Russia. La pista dei soldi rivela moltissimo della chiassosa battaglia dei salvatori del pianeta “con il permesso dei superiori”.

Questo non significa che le ragioni del movimento capitanato dall’adolescente svedese non siano importanti e condivisibili. Siamo infastiditi dalla derisione saccente di certa stampa di destra liberale, che minimizza, deride, ridicolizza la protesta e chiama “gretini” i suoi sostenitori. Il pianeta è davvero in pericolo per molteplici motivi legati allo sfruttamento massivo delle risorse; i pericoli sono gravi, agire è doveroso, ben venga una consapevolezza di massa attorno a temi tanto decisivi per il futuro comune. La causa, insomma, è giusta, benché pessimi siano i veri moventi di chi muove i fili dell’onda verde.

Innanzitutto, si diffonde una confusione – probabilmente voluta – intorno alle questioni sollevate. Si parla di clima, riscaldamento globale, accettando senza riflessione la tesi prevalente della natura antropica del fenomeno, ovvero che la temperatura del pianeta si alzi esclusivamente per opera delle attività umane. La tesi non è accertata e non è condivisa da molti scienziati di grande valore, ad esempio i professori italiani Carlo Rubbia (premio Nobel) e Vittorio Prodi. Poi c’ è il tema delle eccessive emissioni di anidride carbonica (CO2), questione importantissima ma distinta dalla prima. Inoltre, si parla di deforestazione, energie alternative ai carburanti fossili, ma si evita di toccare la questione centrale, ovvero il modello di sviluppo vigente, basato sull’accumulazione, lo sfruttamento scriteriato, il profitto misura di tutte le cose, il consumo come modello esistenziale. Se l’impronta ecologica della Terra, la capacità di rigenerazione delle risorse, è tanto sbilanciata dal lato dei consumi, è perché non si riesce a porre in discussione un sistema non sostenibile sotto alcun punto di vista: ecologico, economico, etico, politico.

Le volpi che hanno occupato il pollaio sono indifferenti all’entropia, ovvio alla legge fisica della dissipazione dell’energia, al futuro del mondo, ma sono, ahimè, i manovratori della giusta protesta ecologista. E’ in ogni caso positivo che – finalmente- i giovani scendano in piazza. Abbiamo spesso condannato l’apatia, l’individualismo becero, il consumismo che offre un surrogato di identità attraverso marchi, griffe e simili a generazioni che l’hanno smarrita per colpa di troppi cattivi maestri. Non dispiace rivedere le piazze piene di persone interessate a una causa comune.

Ciò che spaventa è che milioni di ragazzi occidentali siano accorsi in piazza al fischio del padrone. Ci spieghiamo meglio. Non è nuova la circostanza che ambienti privi di scrupoli sfruttino cinicamente gli entusiasmi e le ingenuità giovanili.  E’ però la prima volta che i manifestanti siano giustificati dal governo per le assenze scolastiche, ed è una novità l’approvazione entusiasta al popolo di Greta dell’intero sistema mediatico, economico e politico. L’ unanimità ci è sempre parsa sospetta, specialmente quando il potere guida l’opposizione a se stesso. Evidentemente, c’è un imbroglio. Greta è stata accolta dal Papa, dall’eurocrate Juncker, ha potuto addirittura parlare all’Onu tra gli applausi di chi rappresenta nazioni i cui apparati industriali, finanziari, energetici, il cui modello di sviluppo sono responsabili dei mali denunciati, dei pericoli drammatici sintetizzati nello slogan “ci state rubando il futuro”.

Qualcosa non torna se vittime e carnefici dicono le stesse cose, affermano di condividere la medesima agenda. Cari ragazzi che siete andati in piazza con il permesso e l’approvazione di chi sta nella stanza dei bottoni, non pensate che se i potenti fossero davvero d’accordo con voi dovrebbero agire, cambiare la direzione di marcia, risolvere i problemi che hanno creato?  Hic Rhodus, hic salta, qui è Rodi, qui salta, disse un savio romano al greco che vantava le sue imprese atletiche realizzate in patria. Se Greta ha ragione, come dicono tutti, cambino le cose dall’alto del loro potere e non ci sarà bisogno di piazze e dimostrazioni. Intanto sarebbe il caso di riflettere almeno un po’ sul fatto che il mondo che avete trovato al vostro ingresso nel mondo, voi Millennials e Generazione Zeta, è brutto e invivibile anche per altre caratteristiche.

Un’emittente cattolica, Radio Maria, si è guadagnata un coro di insulti per aver osato rammentare che non è facile salvare il pianeta dopo aver buttato Dio nella pattumiera. Salviamo, come è giusto, i cuccioli animali e condanniamo forme intollerabili di allevamento zootecnico intensivo, ma lasciamo sopprimere feti umani. Dopo che confondiamo i sessi degli umani, vogliamo salvare la specie. Aiutiamo gli uomini a morire, ma vogliamo preservare le foreste. Ha ragione padre Livio Fanzaga, ma i responsabili della regressione non sono le generazioni più giovani, vittime di idee e visioni del mondo che neppure conoscono. La manipolazione è evidente, non lasciatevi ingannare, avverte Radio Maria, che voi non ascoltate, magari sghignazzate se vi capita di sintonizzarvi mentre cercate le emittenti della musica rap. Il post è stato rapidamente rimosso: far pensare non è di moda.

Con sprezzo del pericolo, sfidando il clic con cui interromperete infastiditi la lettura, osiamo invece dire nomi e cognomi di chi sta dietro la vostra povera Greta, certamente ignara e incolpevole. Guarda un po’, sono proprio gli ambienti e le persone che disprezzate, quelle che, giustamente, ritenete colpevoli della malattia del pianeta e del furto del vostro(nostro) futuro. Sono gli stessi che applaudono freneticamente le parole d’ordine gridate in piazza. Dopo aver ricercato in ogni maniera l’aumento dei profitti delle loro azioni (quelle di Borsa, eh…) attraverso la riduzione di ogni costo a loro carico, aver prodotto danni incalcolabili, non sono pentiti. Più concretamente, sanno che non possono continuare con lo stesso modello, specie ora che miliardi di asiatici ed africani vogliono seguire la stessa strada. Inoltre, conoscono i segreti meglio custoditi, ad esempio l’ammontare delle riserve dei prodotti energetici: quindi hanno fretta.

Devono ristrutturare in profondità le loro industrie, l’intera filiera produttiva e intanto guadagnarci. Devono farlo in pochi anni, pena l’espulsione dal mercato – unico Dio che conoscono – ma vogliono che il conto sia a carico di tutti noi. Loro hanno provocato i danni al pianeta e si sono arricchiti, noi dobbiamo sacrificarci, impoverirci ulteriormente per modificare il modo di produzione, le fonti energetiche e tutto il resto. Il pretesto è il clima, l’anidride carbonica, la plastica che avanza, non si smaltisce e forma un oceano di rifiuti. Chi rompe non paga; Pantalone, ossia voi ragazzi e noi adulti, sì. Per questo vi hanno convocato in piazza, hanno tratto dal cilindro l’eroina adolescente Greta, fingono di renderle omaggio e di pensarla come lei. Follow the money, seguiamo il denaro.

E’ nato e sta crescendo un nuovo meccanismo truffaldino. La chiamano finanza verde, ci lavorano da anni. Lo slogan è accattivante, Green Economy, l’obiettivo è dirottare centinaia di miliardi di dollari di investimenti- soprattutto pubblici e di milioni di piccoli risparmiatori- su fondi di società “climatiche”. Il banditore è da anni Al Gore, ex vice presidente Usa con Bill Clinton, fondatore dell’Alleanza per la Protezione del Clima, membro influente della direzione di giganti tecnologici come Apple e Google. Gore è anche alla testa di un fondo d’investimento che porta il suo nome, l’Al Gore’s Generation Investment LLC. I primi titoli finanziari “verdi” furono lanciati in Svezia, la patria di Greta, nel 2013, presto seguiti da vari colossi multinazionali, come Apple, la maggiore banca francese, Crédit Agricole, e dalla chiacchierata Tesla di Elon Musk, il cui titolo Solar Asset-Backed Security fu il primo interamente basato su attività del settore fotovoltaico. Oggi la somma raccolta da questi investimenti speculativi supera i 500 miliardi di dollari e aumenta costantemente.

Tra i sostenitori/ investitori vi sono il principe Carlo d’Inghilterra e l’intera City di Londra, con alla testa la Banca d’Inghilterra. Nel Regno Unito promuovono gli strumenti finanziari detti Green Bonds, per indirizzare i piani pensionistici e i fondi comuni di investimento verso progetti di ristrutturazione industriale e tecnologica scelti dagli ambientalisti vip. Figura chiave dell’operazione è l’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, che presiedeva il potente FSB, l’ufficio per la stabilità finanziaria della Banca dei Regolamenti Internazionali, l’associazione delle banche centrali. Per sua iniziativa si è costituito un gruppo di lavoro per consigliare gli investitori, i finanziatori e le compagnie assicurative sui rischi legati al clima. Nobile, ma assai sospetta iniziativa, se proveniente dai banchieri centrali, i padroni della finanza.

La piazza finanziaria londinese ha ideato il progetto Green Finance Initiative, per incanalare migliaia di miliardi negli investimenti voluti dal nuovo potentissimo centro di interesse. Tra i membri del gruppo BRI segnaliamo fieri ecologisti come il miliardario proprietario di media finanziari Michael Bloomberg, alti dirigenti della banca d’affari JP Morgan, l’immancabile Black Rock, il fondo più grande del mondo, rappresentanti di vertice di Barclay Bank, della HSBC, multata per sospetto riciclaggio di denaro sporco, del gigante assicurativo Swiss Re, emissari della banca cinese ICBC, di Tata Steel, dell’ ENI Petrolifera, di Dow Chemical, del colosso minerario BHP Billington. Non manca un esponente del fondo intestato ad Al Gore.

Gli uomini di governo si sono prontamente adeguati, a cominciare dall’ex ministro britannico Philip Hammond, autore del libro bianco “Strategia della finanza verde: trasformare la finanza per un futuro più verde.” Il documento rivela il ruolo della Banca dei Regolamenti Internazionali, che conta sull’accordo di istituzioni finanziarie che controllano investimenti per 118 trilioni di dollari di beni. Esiste quindi un piano preciso, concordato ai più alti livelli del potere planetario per la finanziarizzazione dell’intera economia mondiale, “usando la paura di uno scenario da fine del mondo per raggiungere obiettivi arbitrari, come zero emissioni di gas ad effetto serra”( William Engdahl).

E’ della partita Goldman Sachs, la più potente banca d’affari del mondo, tra i cui funzionari ci furono…ambientalisti di ferro come Mario Draghi, attuale numero uno della Banca Centrale Europea. Goldman Sachs ha diffuso il primo indice di titoli “ambientali”, elaborato con il CDP (Progetto per la divulgazione delle problematiche del carbonio), finanziato dagli oligarchi dianzi citati, nonché da Bank of America, Merrill Lynch e altre entità speculative di primo livello. L’indice mira a raccogliere il denaro di fondi di investimento, sistemi pensionistici privati e pubblici, con l’obiettivo di investire nei colossi economici, tecnologici e finanziari, tra i quali Alphabet, che controlla Google, Microsoft, Diageo, il gruppo alimentare Danone, Philips, oltre alla stessa Goldman Sachs.

Organizzato l’esercito, ovvero il denaro e i suoi padroni, entra in gioco l’intendenza e la fanteria, ossia i politici di riferimento e i testimonial globali. Sono donne, anzi ragazze- l’elemento femminile è ritenuto più sensibile alle problematiche- come la deputata americana Alexandria Ocasio-Cortez, divenuta popolarissima e la stessa Greta Thunberg, parte della rete legata a Al Gore, come è stato dimostrato dall’ambientalista indipendente canadese Cory Morningstar. Partner essenziale di Gore è un altro uomo della galassia Goldman Sachs, membro del gruppo del BRI, David Blood. Greta sembra essere “consulente speciale e fiduciaria” di una ONG svedese, We don’t have time (non abbiamo tempo), diretta da un diretto collaboratore dello stesso Gore.

La Ocasio Cortez ha destato scalpore rivelando, forse improvvidamente, ma forse no, l’avvio di un Green New Deal americano, un progetto da 100 trilioni di dollari in grado di realizzare la completa ristrutturazione dell’economia statunitense. Ha poi ammesso di dovere la sua fulminante carriera politica ad alcune lobby finanziate dalla Open Society di George Soros e dalla Fondazione Ford, noti benefattori dell’umanità preoccupati per le sorti del pianeta.

La vera agenda riguarda una estesa ristrutturazione dell’intera struttura produttiva per consentire ai ceti dominanti della nostra parte di mondo di reggere l’impatto con l’irruzione delle potenze non occidentali. Non c’è alcun interesse, da parte dei soggetti nominati, a rendere pulita la Terra. L’obiettivo è movimentare entro il 2030 somme incalcolabili, trilioni di dollari. Parlano di economia “sostenibile” per spostare altre risorse dalle nostre tasche a quelle delle banche globali e dei giganti fintech. Per questo, maggiordomi del potere come Juncker fanno l’inchino a Greta.  Nel frattempo le oligarchie europoidi hanno creato Breakthrough Energy-Europe, il contenitore destinato a ricevere finanziamenti agevolati, statali e dell’Unione, dunque nostri, per progetti economici “verdi”. Ne fanno parte Bill Gates, Jack Ma della cinese Alibaba, Mark Zuckerberg, i regnanti sauditi, il finanziere Ray Dalio, il fondo Carlyle, da molti considerato vicino ai servizi segreti Usa, il solito Soros e altri distinti gentiluomini pensosi del nostro futuro.

L’immagine che emerge dall’ inchiesta di Engdahl è il tentativo, in fase avanzata, di riorganizzazione finanziaria e produttiva dell’economia mondiale “usando il clima, qualcosa che il sole e la sua energia sono in grado di modificare su una scala di molti ordini di grandezza superiore a quanto potrà mai fare l’umanità, come pretesto per cercare di convincere la gente comune a compiere sacrifici incredibili per la salvezza del nostro pianeta.” Lo anticipò con franchezza nel 2010 un alto funzionario dell’ONU, Otmar Edenhofer: “con la politica sul clima, ridistribuiamo di fatto la ricchezza del mondo.” Verso l’alto, ovviamente. Riconobbe che occorreva “liberarsi dall’illusione che la politica internazionale sul clima sia una politica ambientale.”

Ecco, cari giovani, genitori, educatori, chi e che cosa si nasconde dietro la maschera sofferente della povera Greta. Ecco quali interessi agiscono dietro le quinte degli inchini, dei ricevimenti e degli applausi al movimento dei ragazzi. Una buona causa in mano ai peggiori pescicani del pianeta, impegnati a mettere in atto la truffa di far pagare ai popoli un’immensa ristrutturazione globale con il loro consenso. Intanto in Italia il neo ministro dell’economia Gualtieri ha promesso investimenti pubblici per un green new deal all’italiana. Ora sapete per conto di chi agiscono certi governanti, minacce per la collettività, per il portafogli di ciascuno e indubbiamente per la salute della Terra.

Nulla cambierà davvero, anche nel cruciale campo dell’ecologia, fondamento della conservazione del pianeta e della qualità delle nostre vite, se non si metterà in questione, per rovesciarlo, il sistema mercatista. Senza abbattere il sistema produttivo vigente, tagliare le unghie ai monopoli privati, senza il ripristino del senso del limite, il ritorno ad una dimensione etica, politica ed umana, ogni ambientalismo non sarà altro che giardinaggio, come ha scritto un saggio, finto buontempone.