Un lettore ha avuto il Covid: ecco che Stato (non) ha visto

Direttore buongiorno e buona domenica.
In relazione all’ultimo articolo sulla fila a Milano per una minestra calda Le riporto non una considerazione teorica da suo lettore e suo estimatore di lungo corso, ma una testimonianza vissuta in prima persona che non può che, ahinoi, corroborare quanto da Lei riportato.

Ho scoperto di essere malato di covid agli inizi di novembre, in seguito al risultato di un tampone che sono stato tenuto a fare – pena, come sappiamo, l’impossibilità di tornare al lavoro, da cui mancavo in data 19/10. A quella data ho iniziato ad avere febbre (punta massima di 38,5° per una settimana), poca tosse e cambiamento del gusto a cui ha fatto seguito una labirintite durata un paio di settimane: questa è stata la sintomatologia della mia esperienza covid. Ovviamente mi è andata bene avendo “solo” 41 anni, chissà cosa mi sarebbe capitato se ne avessi avuto 20 o 30 di più..

Ma quello che mi ha sorpreso negativamente è stata la disorganizzazione delle istituzioni pubbliche e del protocollo sanitario da seguire: possibile che dopo tutto quello che avevamo passato in primavera un normale cittadino abbia dovuto assistere a:

  • dieci giorni di attesa intercorsi tra la data di richiesta del test tampone al suo effettivo realizzo;
  • un’altra settimana per sapere l’esito (e questi lassi di tempo si sono ripetuti anche al secondo tampone);
  • nessuna apertura di un canale comunicativo tra la ASL e il sottoscritto (né cosa dovevo o non dovevo fare e né cosa mi spettava..) salvo l’invio ad un indirizzo sbagliato (quello di residenza e non quello di domicilio che tuttavia era stato da me comunicato) di buste speciali per la raccolta dell’immondizia (c’è rischio che qualcuno rovistando tra l’immondizia raccolga il virus?? Mistero..);

Ma la cosa più incredibile è avvenuta in seguito al mio rientro al lavoro dopo aver saputo di essere finalmente negativo al test tampone.

Svolgo un paio di settimane circa di lavoro quando una mattina il titolare mi scrive dicendomi che secondo quanto gli ha comunicato il medico del lavoro, io devo portare il risultato negativo del test ANTICORPI prima di essere riammesso al lavoro.

BENE – insomma, si fa per dire… – faccio il test anticorpi tramite prelievo sanguigno al costo di 40€ (pagati dalla ditta) e il pomeriggio stesso ottengo i risultati. Con mia grande meraviglia scopro di essere ancora POSITIVO!

Morale della storia e ricollegandomi al suo articolo: il cittadino in questo stato se si becca il coronavirus è lasciato solo a se stesso, fatto salvo il ricorso alla famiglia o agli amici; deve attendere due settimane per avere il risultato del tampone e deve andarsi a fare il test anche a 55 km da casa (vivo a Pescara e mi hanno messo il secondo tampone a Popoli!); deve sapere che per tornare al lavoro non è sufficiente l’esito del tampone ma bisogna effettuare anche il test degli anticorpi anche se nessuno glielo ha detto e anche se nel frattempo ha contagiato involontariamente le persone con le quali ha avuto a che fare.

Infine, giusto per rimarcare l’assurdo: è possibile che solo il tampone abbia valenza legale quando si è verificato nel mio caso, e sicuramente non solo, un falso negativo e quando il test degli anticorpi – oltre ad essere meno invasivo rispetto al tampone – è sia più rapido che meno costoso?

Lettera Firmata

... e solo Tachipirina, immagino.

Ecco perché l’Italia ha più “morti per covid”  di qualunque altro paese: i malati non vengono curati  – Grazie Speranza, grazie Arcuri.

Non c’è  nessun procuratore che apra un dossier verso questi ministri? Come l’hanno aperto per Salvini ?  Non c’è.

E’ la burocrazia inadempente, altresì detta “Ricchi di Stato”