TOCCARE IL FONDO Quanto in basso bisogna cadere?

Andrea Cecchi

Dov’ è il fondo? Quanto è profonda questa storia e quanto in basso bisogna ancora cadere? Questa domanda se la pose anche George Orwell che tutti conoscono per i suoi capolavori: “La Fattoria Degli Animali” e il celeberrimo “1984”. Orwell ha scritto molti altri libri; io li ho letti tutti in lingua originale e sono tutti molto belli. Orwell scrive benissimo e il suo stile è incredibilmente capace di descrivere le sensazioni in modo da renderle percepibili fino nelle ossa del lettore. Nel suo libro “Down And Out In Paris And London” Orwell ci racconta la sua esperienza diretta con la miseria. Ho letto il libro molti anni fa e ancora mi ricordo molto bene alcuni dei particolari della condizione di estrema povertà in cui Orwell ci racconta di essere sprofondato durante le esperienze e le disavventure che costituiscono la narrazione autobiografica di questo libro che consiglio a tutti di leggere. Il libro mi  è piaciuto particolarmente anche perché un po’ mi ci sono rivisto.Nel 1990 sono stato per un po’ di tempo a Los Angeles. Per me quella è stata un’esperienza molto formativa perchè ho avuto occasione di toccare il fondo. All’inizio, finchè avevo soldi, tutto era normale, poi quando sono finiti i soldi, ho cominciato a vedere il mondo con gli occhi dei senzatetto, e mi accorsi di come ero totalmente svantaggiato rispetto a loro, che già avevano esperienza e, alcuni di loro, perfino un carrello di supermercato con cui raccogliere lattine per riscuotere i  centesimi della cauzione del vuoto a rendere e per portare a giro i propri effetti personali. Un homeless con carrello era già più ricco di uno senza!  Fortunatamente avevo già il posto di lavoro assicurato in Italia, avendo vinto il concorso alla Cariplo prima di partire e avevo pure il biglietto aereo di ritorno quindi è stata una cosa di pochissimo tempo e con il cuscinetto comunque assicurato sotto il sedere. Ricordo però, che quando avevo finito i soldi, presi l’autobus per il Beverly Hilton, sede della ormai defunta TWA per cercare di spostare il biglietto di ritorno anticipandolo quanto fosse possibile, ma non mi venne concesso. Fu allora che toccai il fondo. Senza ormai più soldi iniziai a cercare del cibo fino al punto in cui mangiai un pezzo di pane rovistando nel cassonetto. Da lì ho capito perché raramente i senzatetto sono magri: perché nell’immondizia, si trova un sacco di cibo e viene fatto istintivamente di abbuffarsi, non sapendo se si troverà altro cibo il giorno dopo. La mia specialità era entrare nei bar e svuotare i cestini di popcorn. Cosa che però si può fare solo finché si ha un aspetto decoroso e non si desta nell’occhio entrando nei locali. Poi c’era un fruttarolo dal quale compravo sempre le banane che alla fine mi regalava quelle nere che non poteva più vendere e ad oggi, gli sono sempre grato, anche perché me le dava volentieri e sentivo in lui dell’affetto nel farmi quel dono. L’affetto sincero si percepisce e riscalda il cuore. A Los Angeles, le uniche opportunità di racimolare del denaro che si presentavano erano nello spaccio di cocaina e nella prostituzione omosessuale. Opportunità ovviamente da me declinate. Niente altro. Tutti i lavori erano presidiati da manovalanza messicana disposta a tutto. Guardando intorno a me con gli occhi diversi, ho iniziato a notare che ogni idea per poter avere anche degli spiccioli era già stata contemplata e messa in atto da qualcun altro, Ho fatto caso che le piante erano state sradicate dalle aiole per venderle, ho iniziato a notare i vetri rotti delle auto saccheggiate. Un tizio che percorreva le vie con lo stereo a spalla che vendeva “magic number” ovvero numeri di carte di credito rubate dai tabulati, inutili nell’era dove lo shopping online ancora non esisteva, ma che qualcuno, soprattutto europei, compravano per poter telefonare a casa.La fila interminabile di persone davanti a Hollywood per farsi assegnare una particina in qualche film, e i sorrisi della gente essere in realtà contrazioni facciali alla “I Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo: “Ridi Pagliaccio, ridi del duol che t’avvelena il cor”! Una cosa ho capito definitivamente da quell’esperienza: quando si tocca il fondo è impossibile risollevarsi: è la fine! Se non altro perchè non si può neanche lavarsi il corpo o mettersi un vestito buono per andare ad un colloquio di lavoro senza puzzare di urina. Anche Orwell nel romanzo sopra citato, fa un’esperienza del genere. Sicuramente Orwell ha voluto provare sulla sua pelle cosa volesse dire “toccare il fondo”. Perché lo abbia voluto fare resta una domanda alla quale non si può rispondere con certezza, perché bisognerebbe chiederlo a lui, ma si può ipotizzare che Orwell abbia voluto fare quella esperienza per capire in prima persona il mondo che le élite di cui faceva parte stavano preparando per il futuro dell’umanità  e che avrebbe successivamente descritto nei dettagli nel romanzo distopico 1984.
La progressione verso il basso, magistralmente descritta nel libro sopra citato, raggiunge il suo culmine quando Orwell stesso ammette di aver toccato il fondo. Ricorre  all’espressione inglese “gone to the dogs”, che è proprio utilizzata per descrivere l’estremo e più infimo grado di indigenza..

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https://andreacecchi.substack.com/p/toccare-il-fondo