MIA INTERVISTA A SPUTNIK NEWS. Nell’armadio della crisi siriana c’è un elefante che non osano nemmeno nominare

OPINIONI


Daniele Pozzati
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Il conflitto siriano è entrato nell’ottavo anno. Un conflitto che più volte è sembrato prossimo a concludersi, grazie ai negoziati di pace di Astana condotti da Russia, Turchia e Iran, per poi riaccendersi ogni volta.

Il conflitto si riaccendeva tramite operazioni false flag, dirette a sabotare il processo di pace e a giustificare interventi “umanitari” di dubbia legittimità. O tramite attacchi proditori contro la Siria, di cui quello israeliano nella notte tra il 29 e il 30 aprile è solo il più recente. O ancora con attentanti terroristici contro la sua popolazione da parte di “ribelli” di sospetta fede jihadista.

Chi spingeva per un regime change, USA, Israele, monarchie del Golfo e alleati europei, tende ormai ad ammettere la vittoria di Assad. Ma nel campo opposto c’è chi teme che la presenza americana a Est dell’Eufrate sia il preludio a una partizione della Siria.

Ne parliamo con il giornalista, scrittore Maurizio Blondet: già inviato speciale per GenteIl GiornaleAvvenire; direttore della testata giornalistica online EFFEDIEFFE.com fino al 2015, anno in cui ha lanciato il fortunato blog Blondet & Friends, oggi tra i più cliccati siti di informazione alternativa in Italia.

Blondet avverte da anni che USA e alleati, soprattutto Israele, non si sono mai veramente rassegnati a una sconfitta in Siria. Una sconfitta per procura, certo. Ma  pur sempre la prima operazione di regime change del dopo -Prima Guerra Fredda a fallire in modo così eclatante.

— È ancora attuale e realistico, oggi, il proclama “Assad must go”? Nemmeno una partizione, del resto invisa a Mosca e Teheran, potrebbe accontentare tutti

 Quanto sia realistico, non so. Di una cosa sono certo: che ci proveranno e riproveranno, a cacciare Assad. Il piano israeliano per smembrare la Siria (come tutti i paesi islamici vicini) per linee di frattura etnico-religiose data almeno dal 1982, quando il progetto fu dichiarato sulla rivista ebraica Kivunim. In tutti gli altri paesi (Afghanistan, Iraq, Libia..) il piano ha avuto successo e quei paesi sono inabissati in una guerra civile senza fine, come voleva Israele.

Nella Siria il successo era a portata di mano, quando l’intervento russo l’ha fatto fallire. Americani e sauditi, francesi e inglesi, ci hanno speso miliardi di dollari per armare la “opposizione democratica”, arruolare, selezionare, stipendiare, (e fornire di Captagon) decine di migliaia di jihadisti, al Nusrah, ISIS, curdi, una immane legione straniera islamista per Sion. Il risultato è che ora Israele si trova il “nemico” che immagina e di cui persegue la distruzione, l’Iran, addirittura ai confini.

“Trattare, negoziare una pace, come suggerisce Mosca? Dalla loro prospettiva messianica non possono.” Quindi continueranno, fino a trascinare nella guerra mondiale gli Usa e l’Europa.

Non capisco la frase nemmeno una spartizione potrebbe accontentare tutti: la spartizione deve accontentare Israele, è quello che conta. Non cercano di arrivare, con una spartizione, ad una qualche fine delle ostilità. Quello di cui hanno bisogno è la guerra perpetua attorno a loro, la destabilizzazione eterna, il caos. Solo così si sentono sicuri.

—  Dicevamo dell’Iran, e del suo ruolo di alleato di Assad nel conflitto siriano. Da dove nasce l’ostilità di Trump, espressa già durante la campagna elettorale del 2016, verso l’accordo nucleare con l’Iran voluto da Obama, e prima ancora dalla stessa Clinton quando era segretario di Stato? Hillary Clinton scrisse addirittura  la sua mail, pubblicata da Wikileaks, è consultabile da chiunque  che un regime change in Siria avrebbe indotto Israele ad accettare un accordo sul nucleare iraniano. Anche la UE difende l’accordo del 2016. Adesso salta tutto così?

 

 Ovviamente: l‘identificazione dei fini della superpotenza con quelli messianici di Israele è assoluta. Del resto la “religione civica” Usa è imbevuta di eccezionalismo biblico, quasi tutti gli americani sentono profondamente di essere “la sola nazione necessaria”, la “benedetta da Dio”, “God’s most favoured nation”. In più, c’è un vecchio odio che nasce dalla crisi degli ostaggi, quando i giovani islamisti iraniani — commettendo un grave errore — occuparono l’ambasciata USA tenendo in ostaggio il personale per più di un anno (1979-81); un tentativo di liberare quegli ostaggi con un’incursione di forze speciali fallì miseramente nell’aprile 1980, aumentando l’odio (anche gli americani scoprirono di non essere onnipotenti, come sembrano nei film di guerra Made in Hollywood, e questo deve essere lavato col sangue).

Da dopo l’11 settembre 2001, che fu il colpo di Stato con cui la lobby israeliana (neocon) prese veramente e totalmente possesso della politica estera USA per i suoi scopi, l’America rigetta ogni negoziato, tende a usare o minacciare soltanto la forza schiacciante. Siamo un impero ormai, noi creiamo la nostra realtà”, disse nel 2004 un uomo molto vicino al presidente Bush jr, un neocon, allo scrittore Ron Suskind: nella visione neocon un “impero” è un potere che non ha bisogno di tenere conto della realtà oggettiva, perché la crea come gli serve.

Non si creda che sia un discorso teorico. Per niente. Proprio il 2 maggio, un tribunale di New York ha sancito che l’Iran deve risarcire le vittime dellʼ11 settembre.

Ora, mai prima l’Iran era stato accusato di essere colpevole dei mega-attentati dell’11 Settembre, che si sono auto-inflitti i poteri forti Usa ed Israele, allo scopo di trascinare l’opinione pubblica nella lunga guerra al terrorismo globale”, che è il Piano Kivunim. A suo tempo hanno accusato Osama bin Laden, poi hanno accusato Saddam Hussein (per avere la scusa di invadere l’Iraq e smembrarlo); da ultimo Trump ha lasciato intendere che avrebbe chiesto il risarcimento ai sauditi. Poi i sauditi hanno pagato…

Adesso invece, di colpo, un giudice americano ingiunge all’Iran di pagare quei danni. Nemmeno si preoccupano, nemmeno fingono di avere le prove. E‘ evidente che non c’è nulla di vero, ma questo è solo il segno che l’Iran verrà attaccato, è il nuovo nemico da distruggere. Ecco qui un esempio di come loro creano la loro realtà”.

—  La presenza iraniana in Siria, conseguenza dell’appoggio militare di Teheran al governo di Assad, preoccupa Israele. Tel Aviv si sente minacciata.

 Israele, con 200 testate atomiche e la superpotenza al suo fianco, non è minacciata. Solo, la presenza di forze iraniane in Siria, il “corridoio sciita” Iran-Iraq-Hezbollah — che è in fondo la conseguenza delle loro azioni di sovversione, dei loro errori politico-militari — adesso mina il suo senso di onnipotenza.

—  Il premier israeliano Netanyahu continua a denunciare presunte, mai dimostrate, inadempienze iraniane nell’implementazione dell’accordo sul nucleare. L’Iran, secondo Netanyahu, ha mentito. Iran has lied. Di più: avrebbe un piano segreto per sviluppare armi nucleari.

—  Il piano segreto iraniano rivelato da Netanyahu è una ben evidente menzogna, come ha fatto notare la AIEA, l‘ente Onu di controllo della proliferazione nucleare. E‘ un altro modo con cui “creano la realtà”. Serve a preparare qualche tipo di intervento bellico definitivo, grandioso e schiacciante.

—  L’americano Paul Craig Roberts, ex direttore del Wall Street Journal, e sotto-segretario al tesoro USA ai tempi di Ronald Reagan, ha ripetutamente denunciato l’influenza della lobby israeliana negli Stati Uniti. Daltro canto, l’ex ambasciatore Sergio Romano ebbe una volta a definire Israele un utile cane da guardia degli USA nella regione [il Medio Oriente, ndr]. Che tipo di rapporto c’è tra Washington e Tel Aviv?

—  Ovviamente, sono gli USA ad essere l’utile cane da guardia di Israele in quest’area. Si sono rovinati la reputazione in Medio Oriente senza alcuna utilità per i propri interessi geopolitici, come i due importanti politologhi John J.Mearsheimer e Stephen Walt hanno illustrato nel loro The Israel Lobby and the US foreign policy, un saggio apparso ben 10 anni fa. Quando apparve sembrò che dovesse cambiare qualcosa nella politica americana. Non ha cambiato niente.

—  Nelle sue conferenze lei ha parlato di una partita geopolitica in corso da decenni in Medio Oriente tra “Asse sciita”, guidato dall’Iran, con Siria, Yemen e Hezbollah, e Israele, la cui egemonia gli Stati Uniti cercano di puntellare tramite, appunto, le “guerre per Israele”.

 No, in realtà ho detto che è stata Israele a creare un “asse sciita” ostile. Prima non c’era alcun asse sciita, e non ci sarebbe se Israele non avesse aggredito Hezbollah in Libano nel 2006, subendo una sconfitta e facendo di questa componente sciita del Libano una media e temibile potenza militare; poi facendo di tutto per rovesciare Assad e dare il potere in Siria a milizie jihadiste terroriste ed odiose, costringendo l’Iran ad intervenire in aiuto di Damasco; infine minacciando l’Iran di bombardare le sue centrali di arricchimento dell’uranio, di farlo bombardare dagli Usa, di aizzargli contro sauditi e wahabiti in genere. Tutto ciò è frutto sgradito delle loro sovversioni.

—  Che immagine deve farsi il lettore, per capire le lotte per il Medio Oriente, al di là di quanto scrivono i media mainstream sull’ “unica democrazia del Medio Oriente” minacciata dal “regime degli ayatollah”?

—  I lettori intelligenti devono capire questo. Ma ovviamente credono al contrario, agli ayatollah che aggrediscono l’unica democrazia del Medio Oriente, a Putin cattivo che uccide i bambini ad Aleppo eccetera, perché la lobby ebraica è presente in tutti i media occidentali, in tutte le direzioni di giornali e Tv, e controlla a suo vantaggio la “narrativa” mediatica. Israel Shamir li chiama “i padroni del Discorso”: loro dominano il discorso pubblico.

L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.