In questi giorni pasquali mi è capitato di riflettere sul significato profondo, che non avevo mai colto, di un gesto di Gesù. Mi riferisco alla “lavanda dei piedi”, nel giovedì santo, che tanto scandalizzò Pietro. I piedi sono la parte più bassa, più umile e – in epoca antica nella quale si camminava scalzi o tutt’al più con sandali poco coprenti (i più ricchi potevano permettersi i calzari che tuttavia non erano più coprenti dei sandali) – la più sporca. Ma sono anche la base che, sebbene diretta dall’alto, sorregge l’intero corpo.
Il gesto di Gesù del lavare i piedi ai discepoli non manifesta, a ben pensarci, soltanto l’umiltà di Dio, la sua kenosi, il suo piegarsi misericordioso sugli uomini bisognosi di salvezza. Quel gesto rimanda anche – e lo si intuisce nella risposta di Cristo a Pietro per la quale se non si fosse lasciato lavare i piedi non avrebbe avuto parte con Lui – a un significato primordiale perché connesso direttamente con Genesi 1,31 laddove è detto della creazione, anche materiale, «“vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona».
Il Genesi proclama il creato cosa buona, dono dell’Amore di Dio e per questo cosa buona. Ciò vale non solo per la creazione degli esseri spirituali e angelici e non solo per la dimensione intermedia, sottile, ma anche, e forse soprattutto, per la creazione materiale, corporea. Con il gesto del lavare i piedi, a Pietro e agli altri apostoli, Gesù Cristo ha voluto dire che Lui, Dio, non esita a entrare in contatto con il mondo materiale fin nelle sue parti meno nobili, più sporche, più basse. Come, appunto, i piedi. Per purificarle ed elevarle alla deificazione gratuita nell’Amore di Dio. Infatti “Non è scritto nella vostra Legge: Io ho detto voi siete dei?” (Gv. 10,34). Sebbene il mondo è altro da Lui, nulla può essere al di fuori di Lui.
«Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano. Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo. Dove andare lontano dal tuo Spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti» (Salmo 138, 5-8). Qui sta la differenza tra la Sapienza autentica e gli spiritualismi ambigui che hanno orrore della carne.
Luigi Copertino