Hitler commise un errore. Impolitico, e fatale – 2

MAGGIOLINOHitler: ripresa senza inflazione

Abbiamo detto che Schacht fece funzionare per una volta la frode bancaria (creazione di pseudo-capitale) a vantaggio del lavoro.

Un economista inglese, C.W. Guillebaud, chinatosi sull’enigmatico successo economico hitleriano , ha spiegato la cosa con parole un po’ diverse: “nel Terzo Reich, all’origine, gli ordinativi dello Stato forniscono la domanda di lavoro, nel momento in cui la domanda effettiva è quasi paralizzata e risparmio è inesistente; la Reichsbank fornisce i fondi necessari agli investimenti (con gl effetti MeFo, nd.); l’investimento rimette al lavoro i disoccupati; il lavoro crea redditi, e poi risparmi, grazie ai quali il debito precedentemente creato può essere finanziato (ci si possono pagare gli interessi, ndr.) e in qualche misura rimborsato”. Impagabile quel “in qualche misura”: in realtà, alla banca – e in questo caso alla banca centrale – non importa realmente che il capitale che presta a famiglie ed imprese (o Stati) sia rimborsato: quel capitale è fittizio, per una piccola quota è denaro dei risparmiatori depositanti, ossia per la banca è un passivo (è la banca che deve pagarci gli interessi). Quel che le importa è che i debitori continuino a pagarle gli interessi: sono quello l’attivo della banca. A rigore, la banca preferisce che il debito non venga estinto “mai” (come quello degli Stati); significa riscuotere gli attivi in eterno.

Armata del Lavoro
Armata del Lavoro

Con il denaro creato dal nulla a beneficio del popolo, anziché degli speculatori, la Germania – mentre il mondo gela nella recessione profondissima degli anni 30 – prospera. La massa dei salari, che nel ’32 ammontava a 32 miliardi di marchi, nel 1937 è salita a 48,5: più del monte-salari del boom precedente al ’29, che era di 424 miliardi.

E qui gli economisti dogmatici del monetarismo e liberismo aspettano al varco l’esperimento hitleriano: quell’abbondanza di potere d’acquisto nelle tasche dei lavoratori provocherà una crescita esponenziale dei consumi, e dunque scatenerà l’inflazione; non ci sarà la formazione dei risparmi indicata da Guillebaud . L’inflazione sembra più certa in quanto nella Germania hitleriana, tra i 32 e il 37, la   produzione di beni di consumo aumenta di poco (+39%) in confronto all’enorme aumento dei bendi di produzione, macchinari, strade, fabbriche (+172%). Dunque il potere d’acquisto aggiuntivo si getterà a contendersi l’acquisto dei ben relativamente scarsi.

Ebbene: in Germania, l’inevitabile inflazione non si verifica. L’indice del costo della vita che è pari a 120,6 nel 1932, nel 1937 è salito a 125,1: in cinque anni l’inflazione sale poco più di 4 punti. Come è possibile?

Crescta del Pil (a parità di prezzi)
Crescta del Pil (a parità di prezzi)

Alla ricerca del trucco, gli economisti ortodossi hanno indagato sul prelievo fiscale. Certamente lo Stato nazi avrà sottratto agli operai una parte notevole del loro nuovo potere d’acquisto con gravosi tributi. In realtà, nel 13, il prelievo dello stato sul reddito nazionale è del 27,6%, poco superiore a quello del 1933, quando Hitler sale al potere: 26%. Un prelievo così mite non s’è mai più visto né prima né dopo negli Stati più liberali, liberisti e libertari. E’ che in quegli anni il risparmio di fatto si quintuplica, incoraggiato dallo Stato ma non imposto per coercizione.

I teorici devono ricorrere a poco scientifiche spiegazioni psicologiche, la “naturale frugalità” tedesca, la “innata disciplina”. Ciò evita di usare un altro termine: l’entusiasmo del popolo   mobilitato per la propria rinascita, liberato dal giogo dei lucri bancari, che collabora energicamente agli scopi posti dai suoi dirigenti.

Lo stesso Schacht non credeva del tutto nel sistema che aveva messo in moto col suo trucco. Devoto allievo della dottrina classica, previde che il “miracolo” si sarebbe sgonfiato quando fosse raggiunto il pieno impiego e lo “sfruttamento totale delle risorse”; a quel punto gli investimenti e le spese pubbliche devono rallentare, perché da quel momento genera pura inflazione. Così detta la teoria classica: il serbatoio d manodopera è inelastico, e ogni nuovo investimento compete offrendo salari più alti a una manodopera seme più scarsa.

E’ in base a questo dogma – notiamolo qui – che il liberismo supercapitalista impone la globalizzazione: per attingere ai serbatoi di lavoro inutilizzato a basso costo nei paesi sottosviluppati. Dal ’36, inoltre, le materie prime sui mercati mondiali cominciano a rincarare, rendendo più difficile il gioco economico hitleriano. E’ proprio in quel momento che Schacht propone di dedicare somme maggiori alle importazioni: e ciò, soprattutto, per “migliorare i nostri rapporti con l’estero”. Insomma: indebitiamoci un po’   per non far arrabbiare gli usurai. Al processo di Norimberga, dirà di aver voluto in realtà sottrarre risorse al riarmo: assolto. Del resto avrebbe fatto un brutto vedere un banchiere ebreo impiccato coi nazisti.

Invece Hitler mette da parte Schacht e incarica Goering (ancor giovane e attivo) di lanciare un grande piano di “sostituzione delle materie prime”: ciò che non si vuole importare a caro prezzo, va’ sostituito da surrogati fatti in casa. Viene così lanciata la geniale impresa di ricerca e sviluppo che porterà ai processi di   sintesi, a partire dal carbone tedesco, di gomme e benzine sintetiche; brevetti che l’America, una volta disfatto il Reich, si affretterà a sequestrare: non per usarli, ma per distruggerli e farne cessare la conoscenza.

Di fatto, in quegli anni la Germania funziona ancor più di prima in autarchia, in “vaso chiuso”. Come l’URSS staliniana, riduce ulteriormente le importazioni; e siccome nell’URSS l’autarchia è raggiunta al prezzo di carestie e repressioni atroci e concentrazionarie, i contemporanei suppongono che sotto il socialismo nazionale i tedeschi siano soggetti a privazioni, se non da schiavi di lager da monaci guerrieri: austerità, consumi ridotti.

Invece i consumi sono lievemente aumentati.

Consumi pro capite in Germania                   1932         1937

Farina (Kg)                                                           44, 6                 55,4

Carne                                                                      42,1                 45,9

Lardo                                                                         8,5                  8,1

Margarina                                                                 7,8                5,4

Pesce                                                                        8,5                12,2

Patate                                                                      191,0             174,0

Zucchero                                                                 20,0            24,0

Caffè                                                                           1,6           2,1

Birra   (litri)                                                               51,4         62,9

La tabella rivela la stupefacente realtà: la qualità dell’alimentazione tedesca migliora, sotto il Terzo Reich. Cala il consumo delle patate (cibo tedesco della povertà), della margarina, del lardo; ma aumenta quello del pesce, della carne, del caffè importato. L’autarchia, in Germania, “funziona”.

Gli studiosi del miracolo tedesco si consolano, a posteriori, con l’idea che una simile economia a ciclo chiuso non poteva espandersi all’infinito. Che, se durò più del previsto, fu perché la Germania, con le conquiste territoriali del 1939-40, ebbe acceso a nuove fonti di lavoro e materie prime. Forse è così.

Ma bisogna pur riconoscere che l’economia tedesca fu messa a regime di “Mobilitazione Totale” solo dal 1943; solo allora la Germania spinse a fondo l’acceleratore. Albert Speer, il genio della produzione bellica, racconta che nel ’43, sotto gli incessanti bombardamenti apocalittici, la Germania fu ancora  in grado di raddoppiare la produzione di locomotive rispetto all’anno prima, mettendone sui binari 5.234 . Fra il ’41 e il ’44 triplicò la produzione di munizioni, quella dei ricambi per carri armati fu quintuplicata, pur con un risparmio del 79% della manodopera e del ‘93% dell’acciaio impiegato rispetto al 1941, grazie ad una razionalizzazione scientifica dei processi produttivi. E la mobilitazione della manodopera fu sempre lontana dalla militarizzazione totale adottata ne Regno Unito, dove “tutte le forze del lavoro erano inquadrate in battaglioni, che venivano dislocati dove ce n’era bisogno. Tutta la popolazione civile, comprese le donne, era una gigantesca armata mobile”. In Inghilterra, nel ’44, il 61 per cento delle donne era impiegato nello sforzo bellico; in Germania, solo il 45%. Quanto alla produzione di beni di consumo: fatta 100 la produzione del 1939, in Gran Bretagna era scesa a 79 nel ’42, in Germania era scesa a 88. Ancora a metà della guerra mondiale, il tenore di vita dei tedeschi restava più alto di quello dei suoi nemici.

L’errore di Hitler

A questo punto è inevitabile porsi la domanda: è possibile che non solo la guerra annichilatrice scatenata dalle potenze angloamericane sulla Germania, ma la posteriore satanizzazione del Terzo Reich, abbia avuto come motivo reale   il seppellimento nella damnatio memoriae i suoi successi economici? E’ la domanda proibita della storia recente. Non la porremmo se non l’avesse adombrata un avversario militare del Terzo Reich: il generale britannico J.F.C. Fuller.

Scomparso nel 1966, Fuller è considerato il Clausewitz britannico, è noto come il più brillante innovatore della guerra corazzata. Ha combattuto i tedeschi nella prima e nella seconda guerra mondiale. Avversario, ma leale.   Nella sua opera principale, Storia militare del mondo occidentale, scrive:

“La prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti ad interesse a nazioni in difficoltà economica. L’economia di Hitler significava la sua rovina. Se gli fosse stato permesso di completarla con successo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli Stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni (…) prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega.

“Questa pistola finanziaria era puntata alla tempia, in modo particolare, degli Stati Uniti, i quali detenevano il grosso delle riserve auree mondiali, e perché loro sistema di produzione di massa esigeva l’esportazione del 10% circa dei loro prodotti per evitare la disoccupazione”. Fuller ricorda anche che “sei mesi dopo che Hitler divenne cancelliere, Samuel Untermeyer,un ricco procuratore di New York, proclamò una ‘guerra santa’ contro il nazionalsocialismo e ordinò il boicottaggio sui beni, trasporti e servizi tedeschi”. Fuller allude qui ad un evento preciso, che ebbe luogo al Madison Square Garden il 6 settembre 1933: qui la comunità giudaica americana celebrò il vero e proprio rito di morte e maledizione dello “cherem”, o scomunica maggiore. “Furono accesi due ceri neri e si soffiò tre volte nello shofar [il corno d’ariete] mentre il rabbino B.A. Mendelson pronunciava la formula: a partire da oggi,ci asterremo da qualunque commercio di materie prime provenienti dalla Germania…la validità di tale decisione durerà fino alla fine di Hitler; allora il cherem avrà la nostra benedizione (Jewish Daily Bulletin, New York, 6 gennaio 1935). Samuel Untermeyer, rampollo di una famiglia bancaria d’affari ed alto esponente del B’nai B’rith, ripeterà questa cerimonia il 5 gennaio 1935, “a nome di tutti gli ebrei, massoni e cristiani”.

Judea

Qui si intravvede, spero, quale fu l’errore capitale, l’errore imperdonabile di Hitler, quello per cui alla fine perse la guerra: fu quello di non aver proposto alle nazioni che conquistava il suo sistema economico tedesco, come proposta di liberazione e nuovo ordine mondiale. Come la Merkel oggi, come (temo) sempre l’impoliticità tedesca, è un miscuglio di provincialismo e  incapacità di universalismo; si   occupa del bene dei soli tedeschi, senza presentarsi come un modello di civiltà mondiale, nel timore taccagno di perderci. Si presentò come”nemico” del mondo lui stesso, per esempio evitando di fare dell’Ucraina un alleato ( uno stato cuscinetto-modello), ciò che gli avrebbe aperto la via della Russia fino a Vladivostok senza bisogno d guerreggiare. Ancor peggio si comportò con la Polonia.

Gli Stati Uniti, o meglio il Council on Foreign Relations (il pensatoio dei Rockefeller), nel 1941, aveva chiari gli scopi per cui entrava nel conflitto: scopi che lo stesso CFR – meglio, il War and Peace Studies Project che fu costituito al suo interno – indicava come “imperialismo”. L’autosufficienza del blocco tedesco chiudeva gli sbocchi alle sue multinazionali di un’intera Europa, e l’economia americana aveva bisogno di “grandi spazi per vivere”.

Però nell’accurata preparazione bellica che fece per il presidente USA, il War and Peace Studies Project dei Rockefeller mise a punto anche il messaggio politico-propagandistico da adottare.

“Se gli scopi della guerra vengono enunciati in modo da apparire preoccupati dal solo imperialismo anglo-americano, avranno poco da offrire alla gente del resto del mondo, e sarà vulnerabile alle contro-promesse naziste” (Memorandum E-B32, 17 aprile 1941, CFR, War and Peace Studies). Il governo doveva dunque “evitare le forme convenzionali di imperialismo” (sic), e proporre ai popoli che avrebbe conquistato tutto l’apparato propagandistico che conosciamo: l’America vi porta la libertà, identificata col mercato. L’America è l’arsenale della democrazia; quando vi impone il suo sistema finanziario, vi porta la pace e l’abbondanza del Nuovo Ordine Mondiale; vi regala il Piano Marshall per la vostra ricostruzione, fonda l’ONU dove ogni piccolo stato avrà voce in capitolo: naturalmente, le sue finanze saranno sotto la benevola sorveglianza del Fondo Monetario. Gli Usa come potenza altruista e generosa, è ancor oggi la convinzione delle masse in Europa, e fu un illusione perfino nella Russia di Eltsin, che si lasciò saccheggiare dai consulenti della scuola di Chicago. E’ il risultato di un grande successo politico che dura tutt’ora.

Come fu risolta la crisi demografica

Dopo la comparsa della prima puntata, un lettore tedesco (che ringrazio) mi ha scritto:

Interessante il suo articolo su come Hitler ha combattuto la deflazione. Concordo con Lei che la deflazione è uno dei seri problemi attuali

 

Secondo me questo problema è dovuto alla mancanza di figli. Visto che aveva affrontato la soluzione del Terzo Reich, mi sono informato come allora fu affrontato il problema della denatalità. Tantissimi negli anni 30 avevano pochi figli a causa della povertà. Pare che la soluzione di allora consisté nella concessione di un mutuo, pari all’ammontare di uno stipendio lordo medio di un lavoratore o impiegato, che veniva estinto con il quarto figlio. Quindi molte coppie avevano assunto il rischio economico di fare figli finanziandosi con uno stipendio e con la mancata restituzione del mutuo. Contestualmente aumentava la domanda dei beni interni.

Non credo proprio che le coppie volevano figli per motivi razziali ma per la semplice possibilità del finanziamento. Ci ha riflettuto su questa politica e come un simile concetto avrebbe un posto nella società attuale? Ammetto che, avendo due figlie, sarei grato se ci fosse un tale aiuto. So che alcuni amici non si possono permettere figli per motivi economici.

 Cordialmente, E. R.

1930s-the-nazi-party-secures-the-community-germany

Sì, qui si dovrebbe aprire un altro capitolo sulle politiche familiari del Reich. Il lettore parla del prestito matrimoniale, mille marchi (il salario medio del lavoratore industriale era di 140 marchi al mese), ma non in moneta, bensì in “buoni” da spendere in beni per la casa, mobili ed elettrodomestici tedeschi, quindi dando un impulso alla manifattura nazionale di tali beni; in cambio, la moglie doveva ritirarsi dal lavoro, perché si riteneva che il posto della donna fosse la casa. Ma questo fu solo una parte di un intero, eccezionale programma di stato sociale dalla culla alla tomba; assegni familiari (in imitazione di quanto aveva già fatto Mussolini), assicurazione previdenziale obbligatoria (estesa in seguito anche agli artigiani), sicurezza delle famiglie agricole contro il sequestro de terreni per debiti e sostegno dei prezzi agricoli; alle famiglie numerose venivano offerte vacanze attraverso l’ente Kraft durch Freude, anche questo imitato dal Dopolavoro italiano, ma ovviamente con molti più mezzi. Fatto curioso, nel giorno della nascita della mamma del Fuehrer, le donne con 8 figli venivano premiate con medaglia d’oro, con 6 d’argento.

Funzionò? Sul piano della natalità,   si può dire di sì. Nel 1900 v’erano state 35,8 nascite per mille abitanti; nel 1933, dopo i milioni di giovani morti della grande guerra, la miseria dell’iper-inflazione e poi della deflazione, un popolo esausto e senza fede nel futuro ebbe solo 14,7 nascite per mille. Nel ’34, i benefici l’avevano fatto salire a 18, nel 1939 a 20,4. Non ebbe successo invece la formazione di famiglie solide con “Mutti” regina della casa; anzi il numero di divorzi aumentò durante il Reich (e aumentarono le malattie veneree), per lo stile di vita instaurato dal regime, consistente in raduni, campi, “armate del lavoro”  e festive attività di massa, cui le donne parteciparono con entusiasmo e con uscite di casa molto frequenti (e con l’effetto di una certa promiscuità).

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La copertura sociale nazista era tale, che uno storico tedesco d’origine turca, Goez Aly, nel suo saggio Hitler’s Beneficiaries: Plunder, Racial War, and the Nazi Welfare State, New York: Metropolitan Books,    sostiene che il regime non ha convinto con ideologia il popolo germanico, ma lo ha “comprato” e “corrotto”   con i  generosi benefici dello stato sociale. Certo è un tipo di “corruzione” a cui il capitalismo finanziario anglo-americano e globale sdegnosamente si rifiuta, visto che si applica allo smantellamento dello stato sociale dovunque si afferma (è bello vedere come gli inglesi si mettano sempre dalla parte giusta della moralità).

In realtà, iniziata la guerra, un celebre sociologo britannico, sir William Beveridge (1879-1963),   esortò il governo britannico ad abbandonare il liberismo tradizionale ed invece imitare lo stato sociale fascista; i fascismi si sono affermati proprio sul terreno dell’integrazione delle masse, diceva, e sull’intervento dettagliato dello Stato a favore dei lavoratori e proletari; questo era anche un elemento che faceva pendere il favore delle popolazioni verso il fascismo non solo nel mondo, ma nello stesso Regno Unito, perché promuoveva “libertà ed eguaglianza” (ma guarda!). Le indicazioni del Rapporto Beveridge furono la base della creazione dello stato sociale britannico, che fu introdotto solo nel 1942. Adesso il potere finanziario ritiene che non gli servano più gli esseri umani, anzi che bisogna ridurli alquanto…

Oggi, dopo quasi un secolo di demonizzazione e svalutazione, è difficile valutare  il senso d’innovazione e di modernità  che portarono nelle mentalità collettive: era un “socialismo di successo” (bastava fare il confronto con lo stalinismo). Fu un vero choc culturale. Tanto che in Italia la rivista Problemi del Lavoro, fatta da socialisti e liberali, dopo la vittoria del Duce, accettò consapevolmente la fine del “pluralismo liberale, incapace di risolvere le questioni della modernità” per sostenere le riforme sociali del regime a vantaggio dei ceti popolari.