Su come fummo governati da “Vincolo Esterno”

Di Giuseppe Angiuli

Quando nel novembre 2011 Berlusconi fu costretto a sloggiare da Palazzo Chigi, ai suoi danni si consumò un vero e proprio golpe morbido a carattere istituzionale, con l’avallo determinante dell’allora inquilino del colle più alto di Roma (re George NapoliNATO).

Per sfrattare l’ultimo governo appena semi-libero della nazione, l’intero Paese fu tenuto in ostaggio per mesi dai noti sicari della finanza internazionale, con super Mario in testa a tutti.

Al fine di fare schizzare verso l’alto lo spread sui titoli del debito pubblico italiano, nelle borse di tutto il mondo furono adoperati dei micidiali strumenti finanziari derivati con cui si scommetteva a manetta sul dissesto del Paese: i Credit Default Swap (CDS).

Sullo sfondo di quell’assedio politico-finanziario oggettivamente eversivo dell’ordine democratico, vi era stata anche la netta contrarietà di Berlusconi a partecipare alla defenestrazione dell’amico Gheddafi (storico alleato dell’Italia nel bacino del Mediterraneo) e la sua riluttanza ad approvare delle politiche sciagurate di austerità depressiva che la BCE e la Commissione Europea avevano ancora una volta in animo di imporre all’Italia (la lettera di Draghi e Trichet del luglio di quello stesso anno 2011 aveva già suonato come una sorta di preavviso di sfratto per Silvio).

Gli scandali sessuali fecero da contorno alla distruzione dell’immagine del personaggio Berlusconi, approfittando di un suo punto oggettivamente debole (ancora oggi mi chiedo come possa un capo di Governo avere aperto la porta di casa a così tante troiette, senza un minimo di controllo a tutela della sicurezza dello Stato, al punto che perfino le “Olgettine” ebbero a meravigliarsene, come emerge dalle intercettazioni telefoniche acquisite agli atti del processo Ruby).

Il passaggio più interessante del discorso di commiato del Berlusca da Palazzo Chigi nel 2011 riguardo’ il tema del ruolo di Banca d’Italia che, come giustamente ammonì il Presidente allora uscente, non è più da tempo un soggetto “prestatore di ultima istanza” e, non essendo più dal 1981 un ente assoggettato al potere esecutivo, non opera più istituzionalmente al servizio della tenuta delle finanze pubbliche del Paese.

In quel suo ultimo discorso da inquilino di Palazzo Chigi, un Berlusconi sotto assedio e costretto a lasciare l’incarico da chissà quali pressioni che possiamo soltanto immaginare, pronunciò la parola più proibita e politicamente scorretta di questi ultimi 30 anni di famigerata seconda repubblica, gridando alla necessità di difendere la nostra “sovranità” lesa, umiliata e oggigiorno ormai sostanzialmente azzerata.

Appena saranno evaporati i bollori emotivi per la sua dipartita, credo si debba provare a concentrare un po’ di attenzione su questo messaggio che Berlusconi ebbe quasi timidamente a lasciarci tra le righe della sua comunicazione di commiato da Presidente del Consiglio, per provare a comprendere quanto questo nostro Paese sia oggigiorno assoggettato a forze superiori che hanno solo in animo di umiliarlo e spolparlo impunemente delle sue immani risorse millenarie.

E a Silvio Berlusconi – che personalmente non ho mai particolarmente amato né votato nelle urne – va comunque dato atto di essere stato, pur con tutti i suoi limiti, uno dei rari ed ultimi dirigenti politici degli ultimi 30 anni ad avere avuto almeno un pochino a cuore la difesa dell’interesse nazionale.

Quello che non può essergli perdonato è che, nei momenti più decisivi in cui egli avrebbe potuto passare alla storia come grande uomo di Stato, come alcuni prima di lui in passato hanno accettato di fare fino al martirio, il Nostro ha sempre sistematicamente preferito rifugiarsi nella sua comoda “confort zone” ed ecco perché a mio avviso è giusto e sacrosanto che egli passi alla storia come grande uomo di affari e di spettacolo ma non propriamente come statista.

(Giuseppe Angiuli)

MB – Con B., l’Italia si confermò “laboratorio politico” capace di sorprendere e di allarmare i poteri forti – come al tempo in cui inventò il fascismo, un autorItarismo populista e popolare di successo anche economico, al contrario dell’esperimento sovietico – Un rischio che i “Mercati”, ormai verso il governo unico globale, hanno sventato, anche per l’insufficienza di B. rispetto alla sfida. Da allora siamo governati dal Vincolo Esterno, ossia dallo straniero secondo i suoi interessi.