Il perdono di Assisi (il 2 d’agosto, ricordate)

Intra Tupino e l’acqua che discende,

dal colle eletto del beato Ubaldo,

fertile costa d’alto monte pende,

 Di questa costa, là dov’ ella frange

più sua rattezza, nacque al mondo un sole,

come fa questo talvolta di Gange.

 Però chi d’esso loco fa parole,

non dica Ascesi, ché direbbe corto,

ma Orïente, se proprio dir vuole.

 

Dante Canto XI del Paradiso.

 

 

Iniziare un articolo citando l’undicesimo canto del Paradiso di Dante, quello che comunemente viene definito il Canto di San Francesco, è già una manifestazione di un certo tipo di patologia mentale.

Se a ciò aggiungete che vi voglio parlare di Perdono: bhè allora questa mente malata ha bisogno se non proprio di un TSO, quanto meno di un corposo numero di sedute comodamente disteso sul lettino dello psicanalista!

Perdono è una parola che è quasi scomparsa dal vocabolario e dal linguaggio corrente: ormai si parla di vendetta, di rivalsa, di sacrosanta tutela dei diritti del proprio IO, che derivano in linea diretta dai quei Sacrosanti Diritti Umani. Essi hanno alla loro base la nuova legge, il nuovo imperativo morale, che con il passare del tempo e la “naturale (in)evoluzione della società” è finalmente cambiato.

Prima ai tempi arcaici ed oscurantisti se non medioevali e selvaggi, tanto per capirci quelli precedenti al luminoso Concilio Vaticano II, la legge morale aveva come base il brocardo: “Conviene fare ciò che è giusto”. Ora con la presa di coscienza che l’uomo è DIO e Dio di se stesso, la formulazione della medesima frase è cambiata e tutti riconoscono che, per la nostra epoca è politicamente corretto seguire il nuovo dettato che così recita: “E’ giusto fare ciò che conviene”. Ma Santa Madre Chiesa continua a ripeterci: non vi preoccupate, nulla cambia nella sostanza, è un piccolo aggiornamento ed adeguamento al mondo di oggi; nessuna paura, nessun problema!! In fondo le parole sono le stesse no?

Ma come nella messa l’altare del sacrificio è diventato la mensa ma quello che fa la differenza è il “companatico”, anche qui in fondo siamo solo di fronte ad una piccola inversione del momento edonistico: in fondo cosa volete che sia!

Ma scusate noi “kattolici” non eravamo passati con ad una legge nuova ad una Nuova Alleanza grazie al sacrificio della Croce? Non avevamo sostituito la legge mosaica del PRESTARE, con quella cristocentrica del DARE?

Già Perdono: come dire Cristo che regna su tutte le anime, che permea trasforma, piega, cambia, stravolge tutto e tutti, fa tutto nuovo ed eternamente meraviglioso: ed allora la legge dei nostri “Fratelli Maggiori” che fa sparisce, si disintegra, ma stiamo scherzando?

Questo la affermano ormai solo quegli intolleranti e fanatici, da bastonare che ancora pensano che Cristo abbia portato la salvezza attraverso il suo sacrificio sulla Croce. Incredibile: ma Papa Badoglio, pardon Bergoglio, lo ripete in continuazione: noi cattolici dobbiamo andare incontro a tutte le religioni, tendere loro la mano, dialogare, dialogare, dialogare ed attenzione assolutamente MAI fare del proselitismo, ci mancherebbe altro!!

Che volete che vi dica? Io sono quello che con disprezzo il mondo definirebbe un “integralista cattolico” la peggior specie di intollerante e dogmatista che pretende che la Cattolica Apostolica Romana sia l’unica VERA FEDE e che le altre, sempre per dirla con Dante, siano tutte “false e bugiarde”.

Fedele a questa ammissione di colpa gravissima, a questa dimostrazione di asocialità, a questa intolleranza nei confronti di coloro che “idola latrant” il 2 di agosto mi sono incamminato verso Santa Maria degli Angeli.

E perché mai l’ho fatto?

Perché dalla mezzanotte del primo agosto a quella del due, nella basilica si può lucrare il famoso “perdono di Assisi”.

Santa Maria degli Angeli sta ai piedi di quella “fertile costa” di cui parlava sopra Dante Alighieri: credetemi si sente che il poeta aveva visitato quei luoghi; descrizione più precisa e più incisivamente bella non poteva essere fatta!

Oggi questa “fertile costa” era inondata da un barbaglio di sole.

Un sole davvero dono del Creatore, gagliardo, sincero di quelli che riscaldano l’anima e predispongono alla serenità ed alla riconciliazione con sé e con gli altri nel più profondo spirito francescano, spirito, senza polemiche, distantissimo anni luce da quella melensa retorica di chi vorrebbe sembrare “povero, contrito, umile, magari anche ecologista” ma solo nella forma ed assolutamente antipodico nella sostanza.

Davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli, ovviamente, non c’era posto per parcheggiare la macchina: oddio direte voi un’isteria di massa contagiosa ha portato qui tutti questi “fanatici invasati” ?

Ho optato, quindi, per parcheggiare nel seminterrato di un Conad: macchina al riparo dai “cocenti raj” ed anche una piccola chance in più: avrei fatto un piccolo pellegrinaggio, esiguo quanto si vuole, ma altrettanto simbolico e carico di significato, soprattutto perché impregnato di attesa, ma anche di desiderio di perdono, di pace interiore, di innalzamento ascetico.

La Basilica mi viene incontro inondata di luce, altissima, solenne, solida come la roccia in cui Cristo ha fondato la Sua Chiesa.

Ma anche dolcemente materna, carica di significati, di ricordi, di altri piccoli pellegrinaggi fatti con nonno che voleva prendere “Pasqua” lì, o con papà che divorava la distanza con passo da milite di fanteria, come gli piaceva definirsi!

La spianata davanti al colonnato o prònao è solo in parte affollata: dai portoni solenni ed altissimi giungono le parole dei sacerdoti che celebrano messa. L’altare maggiore è praticamente “tappato” nascosto dalla Porziuncola che lo nasconde alla vista di chi entra dalla navata centrale con tutta la sua modesta, ma spiritualmente gigantesca, piccola mole.


Mi leggo, inginocchiato, il libretto che spiega il significato e la storia del Perdono di Assisi.

Siamo in una notte del 1216: Francesco è immerso nella preghiera dentro la piccola cappella della Porziuncola allora incastonata e sommersa nella campagna della “fertile costa”.

Ad un tratto l’altare si inonda di luce ed appare Gesù con Maria sua Santissima Madre ed una schiera di Angeli: Francesco, per prima cosa fece atto di adorazione silenzioso con la faccia a terra (chi oggi in chiesa fa più questo? Io ed un altro mezzo matto che si chiama, guarda caso, anche lui Francesco).

Gesù e Maria gli chiesero cosa desiderasse avere in grazia per la salvezza delle anime: Francesco nel suo candore e seraficità rispose: “Signore, benché io sia un misero peccatore ti prego che a tutti quanti pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, tu conceda loro ampio  e generoso perdono con una completa remissione di tutte le colpe.”

Gesù rispose: “Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande ma di maggiori cose sei degno e di maggiori  ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in Terra, da parte Mia, questa indulgenza.”

Era rispettare quel patto fatto con Pietro: quello che scioglierai in terra sarà sciolto anche nei cieli e quello che non scioglierai non sarà sciolto anche nei cieli, Dio è sempre coerente  e fedele a se stesso!

Il mattino seguente Francesco, insieme al confratello Masseo da Marignano, si recò a Perugia per incontrare Onorio III, appena eletto pontefice da un conclave di soli 19 cardinali riuniti proprio a Perugia, dov’era morto il suo predecessore Innocenzo III.

 

 

 

Papa Onorio III
177º papa della Chiesa cattolica

 

Frate Francesco approfittò della presenza del Pontefice a Perugia: incontrandolo gli raccontò, con il solito candore, la sua visione.

Ho ricordato tante altre volte come la figura del Pontefice fosse allo stesso tempo sì ieratica, sì avvolta da quell’alone sacrosanto di sacralità promanante dalla figura di Vicario di “Cristo in Terra” ma allo stesso tempo pastore, vicino alle pecorelle del suo gregge, sempre attento, sollecito, disponibile nel governo del suo Ministero Apostolico: altro che ripudio formale della Curia, ostentata e quasi narcisistica occupazione di una stanza nell’Santo Hotel a 5 stelle Santa Marta! E come erano veloci le notizie ad arrivare ai piedi della Cattedra di San Pietro e come erano analizzate, accolte e studiate per il bene ultimo e finale della salvezza delle anime: era essere davvero “Servus Servorum Cristhi”, altro che chiacchiere, fervorini, ditini alzati, pranzi alla mensa “aziendale” e lacrimose, stuccose, untuose richieste costanti di perdono a tutti, di autodafé senza senso e senza costrutto fatti solo per compiacere …… chi serve l’oscuro signore! Dio mi perdoni!

Il Papa lo ascoltò, con semplicità, con attenzione, con “paterna sollecitudine” e, nonostante qualche difficoltà poi superata, concesse la sua approvazione: la cura d’anime e della sua Chiesa davanti a tutto e che, senza nessuna polemica, non doveva ricucire gesuiticamente gli impicci dello IOR o stare attento a non scontentare le Lobby mondialiste, quelle cultural chic, o peggio cercare di rispettare gli equilibri curiali anteponendoli ai voleri divini!

Un Papa e basta, a tutto tondo!!

Francesco e Masseo chiedono al Papa, un’indulgenza senza l’obbligo del pagamento di un obolo, o il compimento di un grande pellegrinaggio penitenziale (com’era invece consuetudine allora).

 

Di rimando, Onorio III chiese a Francesco per quanti anni volesse l’Indulgenza: la risposta fu lapidaria, ma disarmante e sconvolgente allo stesso tempo:

 

“Padre Santo, non domando anni, ma anime”.

Allegramente, poi, si avviò verso la porta di uscita.

Il Pontefice gli gridò dietro: “Ma non vuoi nessun documento?”

 

“Santo Padre a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza  è opera di Dio, egli penserà a manifestare  l’opera sua, io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il Notaio e gli Angeli i testimoni!”

 

Questo era il Poverello di Assisi!

 

Vengono i brividi: la sottomissione totale alla volontà del Padre che in sogno gli aveva chiesto di ottenere l’Indulgenza dal suo Vicario in terra! La sua vita non era più la sua ma era Cristo che viveva in lui inondandolo di gioia, di serenità; “tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena m’è diletto” ripeteva e gridava forte, a tutti guardando il cielo!

 

Le argomentazioni di Francesco ebbero la meglio sui dubbi e le perplessità del Papa e dei cardinali, che tuttavia ridussero l’applicazione dell’indulgenza a un solo giorno all’anno il 2 agosto appunto, pur concedendo che essa liberasse «dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno e all’ora dell’entrata in questa chiesa».

 

 

Qualche giorno dopo Frate Francesco, insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo tutto, dentro la Porziuncola disse piangendo:

 

” Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”

 

In principio questo grandissimo e straordinario privilegio era riservato esclusivamente alla chiesa della Porziuncola. Con il passar del tempo l’indulgenza fu estesa prima a tutte le chiese francescane e successivamente a tutte le chiese parrocchiali, restandone comunque immutata la data e la denominazione. Nondimeno Assisi e la Basilica di Santa Maria degli Angeli (in cui è conservata l’originaria chiesa della Porziuncola) sono rimaste le mete privilegiate dei pellegrinaggi per “lucrare” l’indulgenza del 2 agosto. Ed i pellegrini venivano a piedi dall’Abruzzo, dalla Ciociaria, da tutta l’Italia; spesso scalzi, le donne con i vestiti ed i fazzoletti neri in testa, ma con lo guardo rapito ed il rosario in mano: me li ricordo anche io da piccolo, quando le osservavo con la mano stretta a quella del nonno, un po’ spaventato dalla visione, ma rassicurato dalla calda stretta della sua mano!

Ma come si ottiene questo Santo Perdono di Assisi? Cosa bisogna fare materialmente per poterlo ricevere?

Secondo il Manuale delle indulgenze della Chiesa Cattolica, per ottenere l’indulgenza plenaria un fedele, completamente distaccato dal peccato anche veniale, deve:

  1. confessarsi, per ottenere il perdono dei peccati;
  2. fare la comunione eucaristica, per essere spiritualmente unito a Cristo;
  3. pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa, recitando almeno Padre nostro, Ave Maria e Gloria al Padre;
  4. recitare il Credo e il Padre nostro;
  5. visitare una chiesa o oratorio francescano o, in alternativa, una qualsiasi chiesa parrocchiale.

Confessione e comunione possono essere fatte anche alcuni giorni prima o dopo le date previste (nell’arco di una o due settimane).

La visita e la preghiera è opportuno che siano fatte lo stesso giorno.

L’indulgenza può essere richiesta per sé o anche per uno o tutti i propri cari defunti.

L’aspetto più importante del “Perdono d’Assisi” è la grande utilità spirituale per i fedeli, stimolati, per goderne i benefici, alla Confessione e alla Comunione Eucaristica. Confessione, preceduta e accompagnata dalla contrizione per i peccati compiuti e dall’impegno a emendarsi dal proprio male per avvicinarsi sempre più allo stato di vita evangelica, quella vissuta da Francesco e Chiara, stato di vita che prese forma e corpo proprio nella Porziuncola.

 

Anche oggi la Chiesa è strapiena, i confessionali hanno tutte le lucette rosse accese e funzionano a pieno regime: non sembra di vivere nella società edonistica, laicizzata, ateizzata di oggi. Davvero sembra di vivere un sogno, forse un’estasi!

I sacerdoti cominciano a discendere le scale del presbiterio dell’altare maggiore: un maxi schermo ne rimanda le immagini: prendono posto e  cominciano a distribuire le particole. Anche io sono in fila e mi comunico in silenzio le mani giunte: non posso più inginocchiarmi, altrimenti come mi rialzo?

Peccato! Ma Dio legge i cuori!

Poi mi avvio verso la Porziuncola: mi appoggio allo stipite prima ed alla porta d’ingresso della medesima, poi: scarico la mia negatività come se mettessi una presa a terra. L’infinito bene che impregna quelle pietre e quel legno, dopo secoli di devozione e di preghiere, è sicuramente potente quanto un esorcismo: e gli effetti si sentono subito.    

Mentre mi avvicino verso il piccolo altare, separato da una cancellata bellissima di ferro battuto, sento la gioia che mi monta dentro, mi scoppia,  è un piccolo, tenue e pallido raggio di quella immensa luce che fu vista nell’estasi da San Francesco, che mi invade.

Io peccatore, conscio delle mie debolezze, della mia incapacità a vincerle, della mia fragilità, sono attaccato alla cancellata ed ora sì, mi metto in ginocchio prego per i miei morti, per i miei cari viventi, per chi è malato ed è nelle ambasce e nella prova e nella malattia, per chi è abbandonato, emarginato, tradito, insultato, offeso; prego con speciale pensiero per quelli la cui testa viene appesa alle sbarre appuntite di una cancellata, a chi viene crocifisso per irrisione a lui e a quel Cristo che ha abbracciato e per il quale ha dato la vita! Per i bambini dilaniati dalle cannonate dei tank, dai missili lanciati dagli aerei spesso a casaccio con il solo intento di creare terrore e disperazione.

Ho il cuore sanguinante, ma anche rassicurato da quei martiri, dal loro sangue versato per convertire questa umanità traviata!

Quando esco, delle clarine suonano, mentre le autorità sfilano sulla spianata e cominciano ad entrare nella chiesa. Alcuni ufficiali della GdF chiudono il corteo: speriamo che Dio li illumini, ma scusate mi sembra un pugno nello stomaco vederli con le loro alte uniformi e le sciabole splendenti, mi fanno senso, sono stonati, mi sembrano i servi dell’Anello, che entrano per profanare, dilacerare, rendere solo materia purulenta, pietre, cemento, in ultima analisi, soldi la casa di Dio!

Ben sappiamo che le cattedrali non si costruiscono con usura!

Sono sincero, mi piacerebbe tanto vedere Cristo materializzarsi all’improvviso, con la corda in mano che li prende a sferzate e li caccia dalla Sua casa, facendoli rotolare nella polvere!! Come i mercanti nel tempio!

Ovviamente è giusto dirlo, ciò prescindendo dalle persone come singole entità che magari sono solo dei poveracci, che svolgono il loro dovere. Ma invece per quello che rappresentano, che incarnano, che manifestano: insomma da quel simbolo di oppressione, di angoscia, di istigazione al suicidio che trasmettono con la loro sicumera, arroganza quando esercitano la loro funzione.

Una volta si diceva che lo Stato era il Carabiniere, ma i tempi rapidissimamente degenerano e cambiano: ora lo Stato è il Finanziere.

Tutto è soltanto ed unicamente vil denaro, debito da pagare, soldi da estorcere, quasi da rapinare o da grassare a qui furbi che sottraggono “risorse”, rubano alla collettività: il resto non esiste e non conta!

All’uomo ed alla sua dignità abbiamo sostituito i riequilibri contabili, come diceva Federico Caffè.

L’infame deve essere schiacciato, senza pietà!

Quando riprendo il breve  cammino verso il parcheggio, l’ultimo sguardo è per lei, Santa Maria degli Angeli, che spendente d’oro dall’alto della Basilica allarga le sue mani per abbracciare tutti i suoi figli e donarli a Suo Figlio per sempre, tutti anche i Finanzieri, i ladri e gli assassini, indistintamente. 

 

 

luciano garofoli