Mercoledì il cancelliere Friedrich Merz e la ministra della Ricerca Dorothee Bär hanno presentato a Berlino l’agenda high-tech della Confederazione. Al centro dell’iniziativa c’è un fondo di sovvenzione statale destinato a rilanciare in futuro progetti preselezionati ad alta tecnologia come l’intelligenza artificiale. Naturalmente – come potrebbe essere diverso – i progetti verdi, gli approcci climaticamente neutri nei campi della tecnologia quantistica, della mobilità e altri campi cosiddetti del futuro sono in prima linea nell’impegno politico
Fondo sovvenzioni e governance
Il Fondo tecnologico metterà a disposizione fino a 2 miliardi di euro entro il 2029. “Vogliamo colmare il divario tecnologico rispetto agli Stati Uniti”, ha chiesto il Cancelliere Merz – con più concorrenza, meno burocrazia e processi aperti alla tecnologia, ha affermato il Cancelliere. Questo divario competitivo è ormai così ampio che gli investitori internazionali difficilmente trovano l’Europa nella loro mappa strategica. L’iniziativa tecnologica è accompagnata, come sempre, da parole d’ordine politiche come la necessaria riduzione della burocrazia e procedure di approvazione rapide.
Sembra affascinante, sembra favorevole ai cittadini e soprattutto suggerisce un interesse per la fioritura del Mittelstand – un evergreen dei media. Ma sotto l’elegante documento di presentazione si nasconde lo stesso vecchio manuale: è stato identificato un problema, un fondo di sussidio su misura riempito con nuovo credito – sempre allineato con la linea politico-ideologica della regolamentazione del clima. Comprensione delle dinamiche economiche di mercato, dei mercati aperti o della neutralità tecnologica? Nessuno. Anche il ripetuto sostegno formale di Merz alla competitività e all’economia di libero mercato non cambia nulla: il governo federale ignora il mercato dei capitali reale finché la Germania non è finalmente scomparsa dal radar internazionale dell’alta tecnologia. La competitività come problema complesso La competitività di un’economia è una questione delicata. A volte si tratta di carenza di competenze, a volte di mancanza di capitale di investimento. D’altra parte, le normative, gli oneri fiscali o la mancanza di accesso alle risorse pesano sulla performance delle imprese. Nel caso della Germania, infatti, ciascuna di queste condizioni sembra essere soddisfatta. I giovani tedeschi ben istruiti lasciano il paese in massa. Gli investimenti diretti esteri fluiscono altrove. La Cina minaccia di chiudere il rubinetto delle risorse – e a causa del lavoro normativo kafkiano, della burocrazia traboccante e degli oneri sempre crescenti sulle aziende e sui dipendenti, come abbiamo regolarmente segnalato. La Germania dovrebbe iniziare in piccolo come fornitore di prodotti di nicchia nel contesto competitivo. Per mettere il problema in prospettiva: il divario tra l’economia tedesca e quella statunitense in termini di intelligenza artificiale e data center in forte espansione è enorme. Solo quest’anno, Microsoft sta investendo 80 miliardi di dollari nei suoi data center AI, segue Google con 75 miliardi di dollari, Meta con 65 miliardi di dollari. L’intero settore negli Stati Uniti investe anno dopo anno ben oltre mezzo trilione di dollari nelle sue infrastrutture ad alta tecnologia, spinto dal processo di libero mercato di un’economia ampiamente deregolamentata.
Qui sta il segreto del successo. Gli esperimenti politici europei – che si tratti della censura o della minacciata tassazione delle piattaforme digitali statunitensi come recentemente richiesto dal ministro della Cultura Wolfram Weimar – non cambieranno nulla della situazione competitiva delle aziende tedesche. L’innovazione non emerge attraverso pacchetti di sussidi politici, regolamenti o pressioni fiscali, ma attraverso investimenti massicci e coerenti da parte dell’economia privata nei mercati liberi, che fanno dell’alta tecnologia un vantaggio localizzato.
La Germania è molto indietro
Quanto sia arretrata la piazza economica tedesca lo dimostra l’esempio di Deutsche Telekom: insieme all’azienda americana NVIDIA sta investendo “solo” un miliardo di euro in un data center AI a Monaco. Al contrario c’è Intel, che ha semplicemente rifiutato un sussidio di 10 miliardi di euro e ha deciso di non localizzare la produzione di chip a Magdeburgo. Un caso di studio sui reali problemi del territorio: costi energetici troppo alti, regolamentazione schiacciante, fiscalmente poco attrattivi. Qui diventa chiaro che i pacchetti di sussidi politici da soli non possono colmare il divario rispetto ai leader globali. Sono piuttosto controproducenti, perché indeboliscono politicamente e selettivamente la concorrenza e vincolano il capitale. Se si vuole essere competitivi a livello internazionale, sono necessarie condizioni quadro economiche di mercato che non scoraggino le imprese, ma le attraggano.
Nella compagnia sbagliata
La lamentela dell’economia nazionale suona sempre la stessa: la località manca enormemente di competitività. La critica alle multinazionali tedesche – perché solo qui si incontrano ancora regolarmente cancelliere e ministri in dialogo – sembra almeno dare i suoi frutti nel lavoro di diagnosi. La cancelliera e la ministra dell’Economia Katherina Reiche hanno sottolineato all’unisono la scorsa settimana il divario competitivo che si è creato tra l’economia tedesca e i principali paesi, soprattutto Stati Uniti e Cina. Troppo costoso, troppo regolamentato, troppo lento, ha concluso ieri Friedrich Merz nel suo discorso a Berlino. Non può andare avanti così. Compiti amministrativi, procedure di approvazione, ufficio generale