Attaccata la sede Pro Vita e Famiglia

è accaduto ancora.

Sabato la sede di Pro Vita & Famiglia è stata (di nuovo) vittima di un violento e vigliacco attacco da parte dei collettivi abortisti.

L’attacco, registrato dalle telecamere esterne della sede, è avvenuto alle 2:39 di notte, poche ore prima che il collettivo femminista Non Una Di Meno manifestasse a Roma “contro la violenza sulle donne”.

Evidentemente, le donne che lavorano nella nostra sede sono “meno donne”, visto che nei loro confronti la violenza è ammessa. Che ipocrisia…

Il blitz è stato rivendicato dal collettivo femminista Berta Càceres che si definisce uno “Spazio Antifascista e Fronte di Lotta Ecologista contro la violenza del Capitalismo e dell’Etero-cis-patriarcato”.

Abbiamo sporto denuncia consegnando le riprese delle telecamere ai Carabinieri e iniziato a rimboccarci le maniche per ripulire la nostra bella sede (di nuovo…).

Le pareti, le serrande e le vetrine sono state vandalizzate con vernice rossa e affissioni illegali inneggianti all’aborto libero e all’ideologia gender.

Nella foto qui sopra puoi vedere i simboli del cosiddetto trans-femminismo, che considera donne anche gli uomini che… “si sentono” donne.

La connessione tra la battaglia per l’aborto e per l’ideologia gender è molto eloquente: al fondo c’è la stessa idea di uomo che si sostituisce a Dio e si arroga il potere di dare la vita e la morte a suo piacimento e decidere addirittura la sua stessa natura.

Un delirio di onnipotenza che genera mostruosità.

Sai perché ci attaccano?

Perché ci temono. Temono me e tutta Pro Vita & Famiglia. Ma temono anche te, perché ci sostieni e rendi possibili le nostre campagne.

Questo attacco è anche contro di te, Maurizio.

Fanno bene a temerci, perché grazie alle nostre campagne – e a te che le sostieni! – molte persone tornano a farsi domande cruciali: uccidere un bimbo inerme nel grembo materno è davvero un diritto umano?

No, non lo è.

Le femministe dicono di difendere l’aborto “libero”. Ma l’aborto è davvero libero?

No, non lo è.

Centinaia di milioni di aborti nel mondo (soprattutto in India e Cina) sono praticati proprio per impedire la nascita di donne e mantenere la società nelle mani di sistemi che le stesse femministe definiscono “sessisti” e “patriarcali”.

E in Italia?

In Italia, decine di migliaia di donne sono costrette ad abortire da condizioni di disagio socio-economico o per la pressione di partner incapaci di assumersi le loro responsabilità nel caso di gravidanze inaspettate di mogli o compagne (o amanti…).

Le femministe difendono un “aborto libero” che non è libero, ma indotto o costretto proprio da quel sistema “maschilista” che le femministe stesse vorrebbero cambiare!

Un cortocircuito totale.

Pro Vita & Famiglia lotta invece per liberare la maternità: questa è la vera rivoluzione sociale e culturale di cui abbiamo estremo bisogno.

Nonostante i continui attacchi, andremo avanti con coraggio, perseveranza e – lo spero davvero – col tuo continuo sostegno.

Ora devo salutarti, bisogna organizzare la squadra di lavoro per ripulire la sede e ripristinare tutto. Ci attende un bel po’ di olio di gomito!

Un abbraccio e in alto i cuori,

Jacopo Coghe
Portavoce Pro Vita & Famiglia

Sono state le “Transfemministe”

Come le ha viste l’amico Luigi Copertino:

Sabato 26 ero a Roma, inviatato a relazionare in un ocnvegno per la ricorrenza dle trentenale di un gruppo cattolico tradizionalista. Menmi recavo dalla stazione Termin al lugo del convegno, sito in una traversa di via nazionale, sono transistato per paizza Esedra, altrimenti detta della republbica, dove si stavano concentrando le “transfemministe” (qualcosa oltre il femminimso classico, in quanto sono propugnatrici dle transgender, tanto è vero che le femministe classiche sono alquanto indispettite con esse) per un corteo contro la Meloni. Si trattava di centinai di ragazzine, inghirlandate di trucco, rossetto sulle gote, luccichini e pajet, manipolate da alcuni soggetti adulti biologicamente di sesso maschile ma di dubbia “mascolinità” a vederli truccati e luccicanti come le loro subalterne. Il senso del ridicolo è stato sfiorato quando, nell’attesa di dare avvio al corteo, hanno inziato a urlare – attenzione anche i soggetti “maschi” – lo slogan “Siamo TUTTE antifasciste”. Mi sono chiesto dove erano queste “leonesse” ora sbraitanti, contro una donna, quando al governo c’era il Grande Banchiere che imponeva il green pass e sospendeva dal lavoro i renitenti alla “tessera dell’obbedienza” più cieca del mussoliniano “Credere, Obbedire, Combattere”? Ragazzine che hanno tacitamente subito senza fiatare i lockdown – ben altrimenti da come stanno facendo i cinesi che scendono in piazza – e che stavano tappate in casa come cagnolini scodinzolanti agli ordi del Padrone e che ora rispolverano l’antifascismo contro un governo meramente conservatore e non fascista. Purtroppo questi sono gli effetti della decadenza della didattica scolastica. Queste ragazzine non sanno quale sia la differenza tra la destra conservatirce, o liberalconservatirce, ed il fascismo e chiudono nella seconda categoria, già di per sé difficile da definire, tutto ciò che non è di sinistra, e della sinistra libertaria ed arcobalenica. Il problema è che quella differenza non la ocnoscono probabilmente neanche i loro insegnanti furtto di quel “diciotto politico” sessantonttino al quale si riferisce Nieri. D’altro canto le ragazzine transfemministe si sono comportate come i giornalisti mainstream, i quali, se lo ricordate, quando Draghi entrava in sala stampa, per le sue conferenze da Presidente del Consiglio, si alzavano in piedi e lo applaudivano prima ancora che proferisse una sola parola – un atteggiamento che forse neanche ai tempi del Minculpop e del “Duce ha sempre ragione” si è visto – ed oggi invece sono tornati a fare i giornalisti e quindi a porre domande in controtendenza e scomode soltanto perchè in quella sala stampa ora entra la Meloni. Sia chiaro: non sto affatto perorando la causa della Giorgia “nazionale” e atlantista (più la seconda cosa che la prima) ma soltanto sputtanando l’ipocrisia delle adolescenti di cui sopra, dei giornalisti italiani e della sinistra cosmopolita gayfriendly ed antioperaia. LC. MINIMA CARDINIANA