Un Governo democristiano travestito da rivoluzione: ecco l’accordo di programma dei Cinque Stelle

Tredici paginette di ovvietà. La bozza di contratto di Governo del Movimento Cinque Stelle sancisce la democranistianizzazione dei grillini, e non rivela alcuna prospettiva, né di cambiamento, né di attenzione ai problemi dell’Italia

Manca solo l’avvertenza di non uscire nelle ore più calde e di bere tanta acqua, nella bozza di contratto di governo stesa dal professor Giacinto della Cananea a uso e consumo del Movimento Cinque Stelle e della loro spasmodica ricerca di un alleato di governo. Tredici pagine di ovvietà che sembrano prodotte da un generatore automatico di programmi democristiani: una gestione ordinata e balneare dell’esistente che tradisce clamorosamente l’afflato rivoluzionario del Movimento Cinque Stelle, né il senso d’urgenza sulla necessità di cambiare, per salvare il Paese. Soprattutto, mostra che i programmi sono fuffa purissima, supercazzole che forse nemmeno dovremmo più prenderci la briga di leggerli, per togliere loro quel brandello di legittimità rimasta.

Così, testuale, per costruire un futuro per giovani e famiglie bisogna prima di tutto prevenire la violenza contro donne e bambini e promuovere i valori della convivenza civile e non guardare più a formazione e istruzione universitaria come percorsi ordinati in modo gerarchico, qualunque cosa voglia dire. E ancora, sorpresa, per contrastare la povertà si parla esplicitazione di “potenziamento degli attuali strumenti di sostegno al reddito” e alla “necessità di associare il sostegno al reddito a programmi di attivazione”. In altre parole, ciao ciao reddito di cittadinanza, qualunque cosa tu fossi. E già che ci siamo, ciao ciao pure a Nino Di Matteo e alle sue idee da Torquemada per riformare la giustizia: qui si parla, al più, di migliorare l’organizzazione della giustizia penale. E ciao ciao pure al taglio delle tasse, che diventa “ricalibrazione della pressione fiscale”. De Mita non avrebbe potuto dire di meglio.

Tredici pagine di ovvietà che sembrano prodotte da un generatore automatico di programmi democristiani: una gestione ordinata e balneare dell’esistente che tradisce clamorosamente l’afflato rivoluzionario del Movimento Cinque Stelle

Un po’ di ovvietà populiste ci sono, sia chiaro, se no non staremmo parlando di un documento redatto dal Movimento Cinque Stelle. Il bello è che pure su quelle si è cercata una convergenza, scegliendo con cura quelle che dicono tutti: ad esempio, la necessità di fare un disegno di legge per le Pmi, perché “la piccole e medie imprese costituiscono una risorsa preziosa per il futuro dell’Italia”, tutte, indistintamente, in quanto piccole e medie. Ok. E ancora, ecco “l’energica difesa dei prodotti di qualità dell’economia italiana”, dei Dop e degli Igp, nella più trita tradizione della retorica sul made in Italy. E, immancabile, l’investimento nella banda larga – della Cananea le chiama “infrastrutture elettroniche”, come avrebbe sicuramente fatto Fanfani – e nelle infrastrutture ferroviarie, che suona un po’ anacronistico nell’era della automobili elettriche e che si guidano da sole. Ma tant’è, viva il treno, spina dorsale del Paese.

Tocca accontentarsi, allora, di un paio di sviste. Ad esempio, stentiamo a credere che il Movimento Cinque Stelle, che tanto si era coccolato i No Tap, si svegli improvvisamente dal torpore richiamando alla necessità di potenziare “le infrastrutture relative al gas, relativamente al quale (testuale, ndr) è essenziale la sicurezza degli approvvigionamenti”. Nessun cenno agli ulivi secolari. Qualcosa non torna. E non torna pure il fatto che da nessuna parte si faccia parola di una controriforma pensionistica, che abroghi la tanto odiata legge Fornero. E, infine, suona strano sentir parlare di politiche di razionalizzazione della spesa pubblica, senza accenno alcuno allo sforamento dei parametri di Maastricht. D’altra parte, il governo “forte e duraturo” per il cambiamento dell’Italia i trattati europei non li vuole toccare nemmeno con un bastone da pollo. Tutti, tranne il Regolamento di Dublino sui richiedenti asilo: l’unico contro la cui riforma il Movimento Cinque Stelle ha votato contro. Standing ovation.