Torna il “Bomb, bomb, bomb Iran”

Nella notte fra il 29 e il 30 aprile, violentissimi bombardamenti hanno  colpito basi militari siriane ad Homs ed Aleppo: uccidendo  almeno 40 persone, la metà militari iraniani.  Le esplosioni sono state così potenti da provocare un sisma di 2,6 della scala Richter e far parlare alcuni siti di “bomba atomica tattica”. Hezbollah ha parlato piuttosto di missili balistici con cariche bunker-buster, che esplodono  in sotterranei.

Ovviamente è Israele. Ma in perfetto coordinamento con gli Usa: Mike Pompeo sta visitando l’area e ha parlato con Netanyahu poche ore prima dell’attacco,  Avigdor Lieberman era appena stato a parlare con Mattis al Pentagono, Trump era al telefono con Bibi al momento delle esplosioni, e il  generale Joseph Votel, capo del CENTCOM, il comando generale di queste operazioni Usa, ha appena fatto una visita in Israele.

Netanyahu e Mike Pompeo non nascondono la loro soddisfazione, poche ore prima dell’attacco-.

Adesso si intuisce che è questo,non quello ampiamente fittizio contro le “basi chimiche” siriane,  l’attacco annunciato da Trump il 14 aprile:  “Tieniti pronta Russia, perché stanno per arrivare, belli, nuovi e ‘intelligenti’! Non dovreste essere alleati di un animale assassino che uccide la sua gente con il gas e si diverte!”. 

Come avevo già scritto il 27 aprile, saltava agli occhi la soddisfazione dei capi sionisti perché “Macron, la lobby e l’Arabia Saudita hanno convinto  Trump a mantenere le truppe in Siria del Nord, quindi a continuare la guerra per gli anni a venire. Nella conferenza stampa a Washington  Macron se ne è vantato. “Dovremo costruire la nuova Siria ecco perché la tenuta americana è importante.  Il giorno in cui finiremo questa guerra contro lo Stato Islamico [sic] se noi partiamo definitivamente e totalmente, lasceremmo la parola al regime iraniano, a  Bachar Assad e i suoi uomini, ed essi prepareranno la nuova guerra. Alimenteranno i nuovi terroristi”.

Quanto ad Avigdor Lieberman, il ministro della guerra israeliano, parlando ad un media saudita: “Questi sono gli ultimi giorni del regime dell’Iran.  Se  l’Iran attacca Tel Aviv [e  perché dovrebbe attaccare Tel Aviv?] Si prepara un false flag? Israele colpirà Teheran e ogni postazione militare in Siria”.

I sauditi pagano per le truppe Usa in Siria, come chiesto da Trump;  il principe Mohamed Bin salman ha parlato persino di invio di truppe sue a rincalzo. Ridicole, queste truppe che non riescono a  vincere gli Houti in Yemen, ma non è questo il punto.  Con le truppe Usa in Siria quasi ostaggio di ogni provocazione, per il regime sionista ha avuto l’assicurazione che Francia, Inghilterra, NATO e maggiordomi europei (ci sono stati incontri coi polacchi), Israele sa che può permettersi di fare qualunque cosa contro Teheran.

A Israele basta il ritiro degli iraniani dalla Siria?

La certezza  che Trump straccerà l’accordo sul nucleare  iraniano,   quindi che le sanzioni contro l’economia iraniana continueranno, coglie la  società iraniana – che ci aveva sperato – in una situazione di grave crisi valutaria,  alta inflazione e crollo del rial, aggravando la disoccupazione.  Il rial è colpito da operazioni degli Emirati, attraverso i quali l’Iran deve passare per l’export-import (causa sanzioni):  gli Emirati, ovviamente su mandato Usa e Saudita, ritardano i pagamenti dell’export  petrolifero che pure è in crescita  – e la bilancia dei pagamenti è in pareggio.   A settembre scorso bastavano 36 mila rials per un dollaro; l’11 aprile, ce ne volevano 60 mila. Rouhani ha cercato di frenare il crollo fissando un tasso ufficiale obbligatorio a  42 mila: non riuscendoci.

La mancata speranza di veder levate le sanzioni scuote la legittimità di  Rouhani, il moderato, che aveva puntato molto su quella speranza, vincendo  le resistene dei duri militaristi . Da giorni si susseguono manifestazioni  di protesta per  la crisi economica. Quelle che fanno gongolare Avigdor Liberman e parlare di “cambio di regime” prossimo venturo.  Chagai Tzuriel, il ministro dello spionaggio israeliano (già capo del Mossad) ha proclamato: la manifestazioni dimostrano il rigetto della rivoluzione islamica. Evidentemente hanno le loro spie. Anzi, Netanyahu ha parlato di questo con Angela Merkel,  il premier polacco  Tadeusz Murawiecki e quello romeno Klaus Johannis, fedeli serventi del sionismo.

Mentre scrivo, si annuncia che NEtanyahu farà un “significativo” annuncio in tv sulle “drammatiche notizie sull’Iran” e  “significativi sviluppi riguardanti l’accordo nucleare iraniano che  influenzeranno il mondo”. E Israele ha chiuso il suo spazio aereo sul Golan e il confine con la Siria, ciò che viene interpretato come preliminare ad altri bombardamenti.

La domanda è:  gli ebrei si contenteranno di mettere l’Iran alle strette per indurlo a ritirare le sue forze dalla Siria,o andranno oltre?

 

Ricordiamo che nel 2007, alla CNN, mica ad un blog complottista, il generale Wesley Clark, già capo delle forze NATO contro la Serbia, racconto: il giorno dopo l’11 settembre (lui era appena andato in pensione) andò al Pentagono per parlare coi  vecchi colleghi del mega-attentato. Uno dei generali che era appena sceso dagli uffici del ministro (Rumsfeld), impressionato, gli sussurrò: “adesso attacchiamo l’Irak.  Vogliono attaccare 7 paesi in 5 anni:  cominciamo con l’Irak, poi Siria,  Libano, Libia, Somalia, Sudan e infine l’Iran”.

Come tante volte ho spiegato, era il “Piano Kivunim” delineato dalla Israeli Lobby: spaccare i paesi potenzialmente avversi  per le linee di frattura etnico religiose.

Irak smembrato

 

 

 

 

 

Siria balcanizzata
Libia a pezzi

 

 

Persino Ucraina smembrata per linee etnico-religiose, grazia a Victoria Nuland (Nudelman) sposata Kagan.

 

 

 

 

 

 

 

 

Di quella lista  nominata dal generale Clark, manca solo l’Iran.

 

Il silenzio di Mosca su questo attacco in Siria è da interpretare: perché certo, è una sfida israeliana al  Cremlino, il messaggio che “il semaforo verde” che Putin ha dato all’insediamento di basi iraniane in Siria,  non  è stato tollerato né dai giudei né da Washington né dagli europei.

I suoi radar sono stati sorpresi dall’attacco? Non lo hanno “visto” arrivare?  Colgono tutta intera la  gravità della provocazione e tacciono rendendosi ben conto della disparità  di forze? Un’altra ipotesi è che anche Mosca pensi che gli iraniani hanno ambizioni esagerate in Siria e meritavano una lezione, un memento che devono meglio coordinarsi con  il Cremlino e magari comprare gli S-300?  Solo le prossime ore ce lo diranno – forse.