Orbán: il discorso di un patriota

By Redazione On 26 luglio 2017 · 2 Comments

di Giampaolo Rossi

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UN DISCORSO PER NOI
Abbiate la pazienza di leggere questo ultimo discorso del Premier ungherese  Viktor Orbán, tenuto come tradizione all’annuale Summer University di Bálványos.
Fatelo senza fanatismo entusiasta o esaltazioni inutili perché è un grandioso discorso carico di lucido realismo e buon senso; è un discorso senza filtri diplomatici, linguaggi istituzionali, conformismo ideologico. Per questo merita di essere analizzato in profondità.

Più che un discorso è una visione dell’Europa, un’aspirazione, un progetto di difesa e salvezza di una civiltà minacciata da una globalizzazione selvaggia, impietosa e senza scrupoli.
Il leader di una piccola nazione si erge a guida per chiunque oggi rivendichi il valore di un patriottismo eroico, spregiudicato, capace di difendere ciò che si ama e ciò che ancora si è, da chi odia e vuole distruggere ciò che noi siamo.

Le parole di Orbán non riguardano l’Ungheria ma l’essenza stessa della nostra identità europea dilaniata dalla dissoluzione globalista imposta dalle élite tecnocratiche e apolidi.

Buona lettura.

OMAGGIO A TRUMP

Orbán ritiene l’elezione di Trump il sintomo  di un conflitto che può emergere nel mondo occidentale «tra l’élite transnazionale globale e leader nazionali patriottici».
«Nel 2009 Obama tenne il suo primo discorso internazionale in un’importante città chiamata Il Cairo. L’attuale presidente degli Stati Uniti ha tenuto il suo primo discorso internazionale in un’importante città chiamata Varsavia».

E per misurare l’importanza di questo cambiamento, Orbán cita un passaggio del discorso di Trump:
«La nostra lotta per l’Occidente non inizia sul campo di battaglia. Inizia nelle nostre menti, nelle nostre volontà e nelle nostre anime. […] La nostra libertà, la nostra civiltà e la nostra sopravvivenza dipendono da questi legami di storia, cultura e memoria».

LIBERTÀ ECONOMICA
«Una nazione forte non vive con i soldi di qualcun altro. Ringrazia istituzioni come il FMI per il loro aiuto e le saluta: rispedisce indietro i loro pacchi e spera di non doverle più incontrare. Questo è ciò che ha fatto l’Ungheria. Prima del 2010, i governi socialisti avevano agganciato la sopravvivenza della nazione al FMI; il problema è che una macchina può supportare la vita di un paziente aiutando la sua sopravvivenza, ma alla fine il paziente rimane fisicamente legato ad essa».

LA TRAPPOLA DEL DEBITO
«Un paese è forte se le sue finanze sono in ordine. Nessun paese è forte se il suo deficit di bilancio è eccessivo; se le sue imprese sono alla mercé dei creditori;  se la sua popolazione è stata attirata nella trappola del debito come fu quella ungherese con i prestiti in valuta estera».

«Passo dopo passo, l’Ungheria è riuscita ad affrontare tutte queste questioni (…) e oggi cresciamo quasi il doppio della media dell’Unione Europea (…) e siamo in grado di fornire posti di lavoro per tutti coloro che vogliono lavorare. Pochi paesi del mondo sono in grado di farlo. Noi siamo uno di questi. Nel 2010, su una popolazione di 10 milioni di abitanti, solo 3,6 milioni di ungheresi avevano un lavoro e solo 1,8 milioni pagava le tasse (…). Oggi in Ungheria 4,4 milioni di ungheresi lavorano e 4,4 milioni pagano le tasse».

ASSET STRATEGICI
«Un piccola nazione come l’Ungheria (che non è grande come la Germania o gli Usa), è forte solo se possiede le industrie strategiche che determinano il suo destino. Oggi lo Stato ungherese possiede la maggioranza nel settore energetico, in quello bancario e nel settore dei media. L’Ungheria ha speso circa 1000 miliardi di forini per riacquistare la proprietà nei settori strategici e nelle società prima scioccamente privatizzate».

DEMOGRAFIA
«Per una nazione che vuole essere forte, il declino demografico dev’essere fuori questione. Una nazione che non è in grado di sostenersi demograficamente è destinata a scomparir.

«Molti di voi hanno notato che in Ungheria spendiamo una grande quantità di soldi sulle politiche per la famiglia. Volete sapere da dove prendiamo questi soldi? Li prendiamo dalle multinazionali sotto forma di tasse speciali».

In tutto, spiega Orbán circa 500 miliardi di fiorini (quasi 2 miliardi di euro) prelevati da banche, assicurazioni, società energetiche e telecomunicazioni e poi indirizzate a politiche demografiche e di supporto familiare.

IMMIGRAZIONE
Il tema dell’immigrazione per Orbán si lega al tema della dissoluzione dell’Europa e dei suoi popoli:
«La domanda principale per il prossimo decennio è se l’Europa resterà quella degli europei; se l’Ungheria rimarrà il paese degli ungheresi, la Germania dei tedeschi, la Francia dei francesi, l’Italia degli italiani. Chi saranno i cittadini europei?».

«Qualcuno sostiene che l’integrazione risolverà il problema. Ma non siamo a conoscenza di alcun processo di integrazione riuscito. (…) Dobbiamo ricordare ai difensori della “integrazione riuscita”, che se persone portatrici di visioni contrastanti vengono a trovarsi nello stesso paese,  non ci sarà integrazione, ma caos».

«È del tutto evidente che la cultura dei migranti è in opposizione radicale alla cultura europea; e idee e valori in conflitto si escludono a vicenda. Pensiamo al rapporto uomo-donna nella cultura islamica: per gli europei hanno gli stessi diritti mentre per i musulmani ciò è inaccettabile. Questi due approcci non possono coesistere, ed è solo una questione di tempo che uno o l’altro prenda il sopravvento».

«L’Immigrazione non può essere una risposta ai problemi economici. È come se dei naufraghi in mezzo all’Oceano inizino a bere l’acqua del mare: non smorzeranno il problema della  loro sete ma l’aumenteranno».

SOLIDARIETÀ
Orbán colpisce e affonda la deformazione ideologica e ipocrita dell’Europa:
«C’è una parola che emerge spesso nella politica europea: solidarietà. Ma la solidarietà non è un fine in sé, ma solo un mezzo. Il fine dell’Europa è fare in modo «che i popoli nati qui vivano in pace, sicurezza, libertà e prosperità, in linea con i propri valori. Questo dovrebbe essere il fine, l’obiettivo dell’Europa. La solidarietà è solo un mezzo per ottenerlo».

E poi un passaggio che servirebbe da lezione ai timidi e paurosi governanti italiani:

«L’Ungheria si è difesa – e ha difeso l’Europa allo stesso tempo – contro il flusso migratorio e l’invasione; e per farlo ha speso 260-270 miliardi di forini. L’UE ha rimborsato solo una piccola parte di tale somma. L’Unione europea non dovrebbe parlare di solidarietà fino a quando non rimborserà all’Ungheria quanto deve. Fino ad allora, suggerisco di esercitare più modestia».

L’IMPERO SOROS
«A Bruxelles è stata forgiata un’alleanza. I membri di questa alleanza sono i burocrati di Bruxelles, la loro élite politica e un sistema che può essere descritto come “Impero di Soros”. Quest’alleanza è stata forgiata contro i popoli europei. E dobbiamo riconoscere che oggi George Soros può perseguire più facilmente gli interessi del suo impero a Bruxelles di quanto non possa farlo a Washington o a Tel Aviv».

«Come al solito, quando l’élite si rivolge contro il proprio popolo, c’è sempre la necessità che gli inquisitori lancino procedimenti contro chi esprime il parere della gente» (…) Per questo non dobbiamo pensare alla lotta di fronte a noi come una cospirazione globale, ma dobbiamo descriverla e considerarla nel modo più ragionevole possibile (…) esiste un PIANO SOROS che lui stesso ha descritto. Il piano si compone di quattro punti:

  1. Ogni anno centinaia di migliaia di immigrati – se possibile un milione – devono essere trasferiti nel territorio dell’Unione Europea dal mondo musulmano»
  2. Ciascuno di essi deve ricevere un importo di 15.000 euro (…) in modo da mantenere un flusso continuo (…) ciò che nella terminologia politica europea è chiamato “fattore di attrazione” (…) un importo superiore al salario medio annuo ungherese»
  3. I migranti devono essere distribuiti tra i paesi europei nell’ambito di un meccanismo obbligatorio e permanente»
  4. Deve essere istituita un’Agenzia europea per l’immigrazione che prenda tutti i poteri decisionali svuotando di ruolo gli stati nazionali» 

Questo è il PIANO SOROS.

L’ISLAMIZZAZIONE DELL’EUROPA
«Noi europei possiamo sopravvivere solo se riacquistiamo la nostra sovranità dall’Impero di Soros. (…) Una volta riconquistata la sovranità, dobbiamo riformare l’Unione Europea. Nell’ambito di un programma comune i migranti che sono giunti in Europa illegalmente devono essere trasportati in un luogo diverso dal territorio dell’Unione europea anche se questo può sembrare duro».

«I partiti democristiani in Europa non sono più cristiani: cercano di soddisfare i valori e le aspettative culturali dei media liberal e dell’intellighenzia. I partiti socialdemocratici non sono più socialdemocratici: hanno perso il proletariato e ormai sono i difensori della globalizzazione di una politica economica neo-liberale».

«l’Europa attualmente si sta preparando a consegnare il proprio territorio ad una nuova Europa, meticcia e islamizzata (…). Perché questo accada è necessario continuare la de-cristianizzazione dell’Europa. La priorità deve essere data alle identità di gruppo piuttosto che alle identità nazionali e la governance politica deve essere sostituita con la burocrazia».

NOI IL FUTURO

«Oggi l’Ungheria è l’ostacolo primario all’attuazione del piano Soros (…) Per questo ci sono forze in Europa che vogliono vedere un nuovo governo in Ungheria così da indebolire il blocco dell’Europa centrale che si oppone al progetto di islamizzazione».

Poco prima Orbán aveva rivendicato l’importanza di Visegrád Four, l’accordo tra Varsavia, Praga, Bratislava e Budapest, facendo parlare con una sola voce «gli entusiasti polacchi, i sempre cauti cechi, i sobri slovacchi e i romantici ungheresi»

«Venticinque anni fa qui in Europa centrale credevamo che l’Europa fosse il nostro futuro; oggi ci sentiamo di essere il futuro dell’Europa».

… Lontani anni luce dalla pavida politica italiana, non tutto è perduto… e la lotta è appena iniziata.

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Su Twitter: @GiampaoloRossi