A nostro nome.
Apprezzata in audio ancor più della arroganza, la irresponsabiltà diplomatica delle frasi:
“La Russia non mostra alcuna volontà di fare progressi (Sic: invece laNATO…). Per questo motivo, oltre al necessario sostegno all’Ucraina, concordo sulla necessità di aumentare la pressione su Mosca affinché raggiunga al più presto un cessate il fuoco, che apra finalmente la strada alla diplomazia. Chi non si fa illusioni capisce perfettamente che non si tratta di un ‘bel gesto’ nei confronti della Russia. Si tratta di ciò che possiamo fare per esecitare una pressione reale e garantire la deterrenza. Questo è ciò che i nostri cittadini si aspettano da noi, stanchi delle conseguenze di un’aggressione insensata che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa” #Meloni
In obbedienza al Vincolo Esterno e Dittatore Invisibile:
Rotterdam si prepara: l’Europa si sta preparando segretamente a un’emergenza?
Navi della NATO, movimentazione di munizioni, manovre militari: il porto più grande d’Europa sta diventando un hub strategico: il continente si sta preparando alla guerra?
Mattarella ha promesso a Zelensky il pieno supporto dell’Italia nel conflitto militare contro la Russia. A che titolo il Presidente impegna il Paese in un simile scenario? Forte di quale potere riconosciutogli dalla Costituzione? E soprattutto: sulla base di quale mandato popolare? Cosa pensa il Colle di quanto sancito dall’articolo 11 della Carta, che impone il rifiuto della guerra come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali? Al netto di come evolveranno certe dinamiche – con l’auspicio, ovviamente, che questo folle conflitto per procura tra Stati Uniti e Russia possa giungere presto alla fine – è quanto mai urgente avviare un confronto pubblico sui principali assetti istituzionali della Repubblica. È inaccettabile che su certi temi non si possa parlare o scrivere senza suscitare scandalo. Se vogliamo essere davvero una democrazia matura, dobbiamo dimostrarlo anche così: mettendo tutto in discussione, a partire dalla laica sacralità del Capo dello Stato.
di Savino Balzano
Nessuno mette in discussione la patetica inconsistenza della politica, priva anche di spessore culturale. Tuttavia, ciò non giustifica un presidenzialismo di fatto. Non è il caso di ripercorrere nel dettaglio le vicende ormai note che hanno caratterizzato l’azione del Colle negli ultimi quindici anni.
Basti ricordare il “golpe gentile” che soppiantò Berlusconi per portare Mario Monti a Palazzo Chigi. Oppure tornare con la memoria alle giornate concitate del 2018, con i tentativi di Mattarella di sbarrare la strada al governo Conte 1, ponendo veti su Paolo Savona al Tesoro o presentando l’ennesimo “migliore” dell’austerità, Carlo Cottarelli.
Draghi, Monti, Fornero, Cottarelli: che siano i migliori è fuor di dubbio. Resta da capire in cosa lo siano – e, soprattutto, per chi. Il Presidente della Repubblica ha da tempo abbandonato il solco della Costituzione: lo ha fatto sia sul piano del metodo, sia – ancor più gravemente – su quello del merito.
Il metodo è piuttosto evidente: al di là del risultato elettorale, il Capo dello Stato tende a intervenire a gamba tesa affinché l’esecutivo rassicuri i mercati, l’Unione Europea e le sue élite, il Patto atlantico.
In sostanza, il Presidente interviene affinché l’Italia sia meno sovrana possibile: affinché il vincolo interno – la Costituzione e il mandato popolare – sia meno cogente di quello esterno.
E per realizzare questo obiettivo, scavalca i limiti imposti dalla Costituzione: pone veti su certi nomi – le cui idee possano apparire in contrasto con il dettato sovranazionale –; ne propone altri alla guida dell’esecutivo che nulla hanno a che fare con la volontà popolare; impedisce il voto anche in situazioni di crisi politica acuta.
Si è unita ai volonterosi. A quale aumentata pressione sta alludendo? Manderà truppe in Ucraina? Si è reso conto dello stato in cui vegetano gli italiani che vuole mandare in guerra?
Siete proprio sicuri di fare guerra alla Russia?
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Dice Sergej Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Russia, rispondendo ai leader occidentali che inviano ancora armi all’Ucraina, dichiarano di voler mandare le truppe a sua difesa, decidono d’impegnare il 2% del PIL dei loro Stati per armarsi contro il nemico che loro stessi hanno creato, vogliono un esercito comune europeo, boicottano la presenza di atleti russi nelle manifestazioni sportive, decretano embarghi di ogni tipo e intendono perfino cancellare la cultura russa: «Se l’Occidente vuole la guerra, noi siamo pronti».
A che cosa i russi sono pronti? A che cosa si deve preparare l’Occidente? Come hanno combattuto i russi nella loro storia? Vediamo cosa avvenne nei primi due anni della seconda guerra mondiale, tra il 1939 e il 1941 e di che cosa furono capaci i russi.
A partire dal 1927, Stalin aveva avviato i piani quinquennali che avevano trasformato l’organizzazione dello Stato e sviluppato una grande industrializzazione. Una fabbrica di trattori agricoli era in grado, dopo 24 ore, di produrre carri armati anziché trattori. Lungo il corso del F. Volga, furono realizzate un gran numero di centrali elettriche e grandi opere, come il canale navigabile F. Volga – F. Moscova, che superava, con un sistema di chiuse, un dislivello interposto tra i due bacini fluviali, di circa 600 metri.
Nel 1938 (31 luglio -13 agosto), in Manciuria, in un incidente di frontiera nella zona del Lago Chasan, la 1° Armata Indipendente della Bandiera Rossa d’Estremo Oriente impose una durissima sconfitta in una vera e propria battaglia alla contrapposta armata giapponese del Kwantung. A fine luglio 1939, sul fiume di confine mancese, nella zona di Chalchin-Gol, dopo circa due mesi di combattimenti a seguito di un improvviso attacco giapponese, il Gen. Zukov, radunate superiori forze terrestri ed aeree organizzate in un gruppo di due Armate, in una decisiva controffensiva, determinò una disfatta terrificante e di dimensioni tali da togliere definitivamente ai vertici militari nipponici qualsiasi velleità di impossessarsi “manu militari” di territori sovietici.
Questo successo militare consentì a Stalin di abbandonare le lunghe trattative con la Gran Bretagna e la Francia circa mutue alleanze militari di sicurezza che da mesi andavano avanti senza conclusioni e di cambiare campo, offrendo a Hitler il sostegno politico dell’URSS nelle rivendicazioni sul corridoio di Danzica. Pochi giorni dopo, il 21 agosto 1939, fu firmato il Trattato Ribbentrop-Molotov, che con i suoi misteri ed altrettante misteriose e tragiche conseguenze, diede inizio ad un succedersi di eventi che trascinarono i popoli nella nuova guerra mondiale.
Il primo settembre, l’esercito tedesco avviò l’invasione vittoriosa della Polonia. La preordinata infiltrazione di unità speciali operanti con uniformi polacche (la segreta Divisione Brandeburgo), disarticolò la rete di comando e controllo delle difese polacche e, con la caduta di Varsavia, la disfatta delle forze armate polacche fu completa. Gran Bretagna e Francia dichiararono subito la guerra alla Germania, ma non fornirono alla Polonia alcun aiuto o sostegno e neppure il previsto intervento militare sul confine franco-tedesco. A nord, l’esercito polacco resisteva all’attacco germanico partito dalla Prussia, quando, il 21 settembre, le Divisioni dell’Armata Rossa varcarono i confini e occuparono tutta la Polonia orientale fino alla linea di demarcazione stabilita a Mosca nell’accordo segreto Ribbentrop-Molotov.
Le popolazioni. e la profuga dirigenza politica, militare e amministrativa dello stato polacco, accolsero festosamente come liberatori i soldati sovietici ritenendoli salvatori e difensori dell’indipendenza polacca dall’aggressione nazista, ma ben presto si accorsero che la Polonia non esisteva più, che erano ritornati, come al tempo dell’impero zarista, un dominio russo. Le personalità piúùautorevoli, civili e militari, furono internate in appositi campi di detenzione.
L’Armata Rossa, successivamente, rapidamente e senza ostacoli di sorta, occupò i paesi baltici (Lituania Lettonia ed Estonia) e la Bessarabia, che fino al 1918 erano appartenuti, legittimamente, all´Impero Russo dello Zar. Lungo i nuovi confini, ormai a contatto diretto con la Germania, si schierarono reparti delle Guardie confinarie sovietiche. Le unità militari che presidiavano la linea difensiva fortificata ( la linea Littvinov), avviarono subito lo smantellamento di ogni apprestamento difensivo; furono rimossi i campi minati, distrutte le fortificazioni, spianati gli sbarramenti anticarro e, infine, sciolti i reparti di guastatori, allo scopo di rassicurare Hitler e il suo alto comando sulla leale e pacifica strategia sovietica.
Nel contempo, furono avviati giganteschi lavori, stradali, ferroviari (raddoppio dei binari) di sviluppo in tutta la Bielorussia e l’Ucraina occidentale, nonchè di allargamento e ammodernamento degli aeroporti.
Nella Bessarabia, sul fiume Dnepr, fu creata un base della Marina militare fluviale a Pinks, e ivi dislocata una flottiglia simile a quella destinata ad operare sul Danubio. I compiti e la destinazione di questa flottiglia risulterebbero incomprensibili se non si considerasse il canale F.Dnepr- F.Bug, lungo 127 Km., la cui costruzione fu avviata subito dopo la completa “liberazione” della Bielorussia.
Il Col. del Genio Prosijkov, con tutte le unità del genio della 4a Armata e con le “organizzazioni edili” dell’NKVD che inquadravano migliaia di lavoratori forzati (gli “zek” dei gulag) iniziò subito i lavori, che proseguirono alacremente, giorno e notte, in estate e in inverno, in condizioni terribili. Spesso le macchine escavatrici si bloccavano nel fango o nella melma delle paludi e soltanto il lavoro manuale dei coatti consentì la realizzazione del canale nel giugno 1941, pochi giorni prima dell’inizio del’invasione tedesca.
Nel 1944, dopo la riconquista dei territori da parte dell’ Armata Rossa, furono ripresi i lavori per eliminare l’interramento dovuto al lungo stato di abbandono e ripristinare quindi la navigabilità. Nell’aprile 1945, l’ Ammiraglio Grigor’ev, al comando della flottiglia del Dniepr, risalendo il canale, i F Bug, il F. Vistola e il sistema fluviale tedesco, raggiunse il F. Schelda e partecipò ai combattimenti per la conquista di Berlino. Nei documenti storici della Marina Militare sovietica vi sono le foto della bandiera di guerra della flottiglia che sventola davanti al palazzo del Reichstag. Un progetto di così grande portata non fu ideato solo per il sostegno delle fanterie da parte di una flottiglia fluviale nella conquista della capitale della Germania, ma rientrava in un quadro ben più ampio di conquista mai rivelato.
Gli studiosi del revisionismo storico illuminato, in particolare un ex ufficiale sovietico, che ha scritto varie opere e ancora scrive con lo pseudonimo di Victor Suvorov, che dopo aver studiato i memoriali di 32 Marescialli in capo e di circa 400 Generali dell’ Armata Rossa, ha ricostruito, come in un mosaico, la concezione strategica e il conseguente occulto approntamento di uno strumento militare terrestre-aereo-navale di una dimensione e di una potenza inimmaginabili, in grado di travolgere qualsiasi resistenza e di conquistare, nel quadro della rivoluzione bolscevica mondiale – preconizzata da Lenin – l’intera Europa continentale.
L’ ínvasione della Polonia, deliberatamente ritardata da parte dell’Armata Rossa (21 settembre 1939) – rispetto all’offensiva tedesca – fu pacifica; l´esercito polacco non oppose alcuna resistenza amata, cessò di combattere contro le forze tedesche e si consegnò ai liberatori sovietici, lasciandosi disarmare, sciogliere e poi internare in campi di prigionia. La segretezza del patto Ribbentrop-Molotov consenti a Stalin di ingannare Hitler, la Polonia e le potenze occidentali. Il capo sovietico si convinse che per l´URSS la guerra era inevitabile e, quindi, era necessario approntare un potente complesso militare offensivo in grado di costituire una grave minaccia sui nuovi confini dal Mar Baltico al Mar Nero. In tale quadro strategico, la Bessarabia fu svuotata della sua popolazione, trasportata e dispersa nei più remoti villaggi e cittadine di tutta l’Asia e sostituita, in brevissimi tempi, con genti siberiane caucasiche, che non capivano e parlavano la lingua del popolo d’oltre confine. Nell’immenso territorio asiatico furono costituiti centri di formazione e addestramento di Grandi Unità.
La militarizzazione completa dell’ apparato amministrativo produttivo, dell’industria e dell’agricoltura, dei trasporti di tutta l’ URSS, consentì, con uno sforzo enorme, la costituzione e l’equipaggiamento di unità corazzate con i migliori carri armati e blindati; l’aviazione fu equipaggiata con i più progrediti aerei.
Dopo lunghe e inutili trattative condotte dalla diplomazia sovietica con il governo finlandese per la cessione di una parte di territorio dell’istmo di Carelia all’URSS per la protezione di Leningrado, il 30 novembre 1939 l’Armata Rossa attaccò le difese finlandesi della linea Mannerheim. Le forze armate finniche opposero un’eroica resistenza e inflissero gravi perdite agli attaccanti, nei combattimenti invernali, su terreni prevalentemente boschivi, mettendo in evidenza le loro carenze di preparazione e dell’impiego frazionato delle unità corazzate. Nonostante il sostegno della Società delle Nazioni e l’aiuto della Francia (145 aerei, 500 cannoni, 5000 mitragliatrici), della Gran Bretagna (144 aerei) e di circa 12.000 volontari di varie nazioni, la Finlandia fu costretta, nel marzo 1940, a chiedere l’armistizio e alla conseguente cessione dei territori a nord del Lago di Ladoga, la Carelia, e dell’istmo di Petsamo, peraltro già conquistati dai sovietici.
Nel contempo, in tutta l’URSS venivano costituite Divisioni e Divisioni, di Fanteria, Cavalleria, Corazzate, Corpi di Fucilieri e nel giugno del 1940 della Fanteria della Marina. La nuova base navale avanzata di Liepaja (ex Lettonia) divenne il centro di partenza di tutta la flotta sottomarina del Baltico.
Le Divisioni, una volta costituite e addestrate per l’impiego, vennero fatte affluire, per ferrovia e via ordinaria, con movimenti notturni, nelle aree di schieramento; la segretezza e i camuffamenti erano così spinti, che in ogni Grande Unità, giunta a destinazione, tutti i comandanti di ogni livello e i soldati, ignoravano il luogo dove si trovavano, non disponevano neppure di carte topografiche; dovevano soltanto esser pronti a muovere verso Occidente e superare qualsiasi resistenza nemica per dilagare in profondità nel territorio; solo allora avrebbero ricevuto la cartografia del territorio nemico e i manuali di lingua (romena, ungherese, ecc.) di competenza.
Nel giugno 1941, il 1° Scaglione strategico d’invasione, secondo le ricostruzioni degli studiosi, era costituito da 16 Armate che inquadravano un numero approssimativo totale di 171 Divisioni, di cui 95 corazzate dotate di moderni carri armati, tra i quali i BT, caratterizzati dalla possibilità di lasciare i cingoli e procedere su ruote gommate a 90 km./h su autostrada. Un totale del 1° Scaglione, secondo le ricostruzioni degli studiosi, di circa 3 milioni di uomini armati, oltre 10.000 carri armati medi e pesanti, 7.000 aerei, schierati, ala contro ala, negli aeroporti a ridosso della frontiera. Il 20 di giugno 1941 lo schieramento del 1° Scaglione era pressoché completato; dovevano solo trasferirsi nelle sedi avanzate di guerra gli alti comandi e gli organi di Governo.
L’improvvisa offensiva tedesca fu una sorpresa strategica e tattica. Stalin non aveva voluto credere ai segnali di Churchill, della spia Sorge dal Giappone, perché aveva la certezza che le armate tedesche non avevano equipaggiamento e vestiario invernale; le informazioni confermavano che non erano stati fatti acquisti e incette di materiali per l’approntamento di tali dotazioni. Nonostante l´inferiorità di forze, Hitler contava di provocare con le collaudate tattiche della guerra lampo, sconfitte all’Armata Rossa tali da indurre il governo sovietico alla resa. Ma gli avvenimenti imprevedibili sconvolsero prima i piani sovietici, successivamente, quelli tedeschi.
L´improvviso attacco tedesco anticipò di 14 giorni quello pianificato e quasi completamente organizzato sovietico; era iniziato lo schieramento dei posti comando avanzati degli alti comandi operativi e la conseguente rete delle trasmissioni di guerra. La non conoscenza dei tratti di fronte e delle forze investite dall´offensiva tedesca è all´origine delle mancate comunicazioni pubbliche dei vertici sovietici. Le unità accerchiate si arresero dopo strenua resistenza. I commissari politici riuscirono quasi sempre a riconoscere le unità tedesche che combattevano in uniforme sovietica e a farle distruggere spietatamente.
Sul fronte sud, l´Armata Rossa passò all´offensiva e iniziò a invadere la Romania mentre una flottiglia della Marina fluviale portò un pericoloso attacco risalendo dal mare il corso del F. Danubio. Quando il Comando supremo sovietico (la STAVKA) riprese il controllo della situazione e la direzione delle operazioni, ordinò il ripiegamento di tali valorose forze che altrimenti sarebbero rimaste isolate e perdute. L´invasione tedesca proseguì sempre e ovunque contrastata e a costo di gravi perdite. A settembre, le piogge e il fango la rallentarono, poi il gelo la bloccò definitivamente a poco più di 40 Km. da Mosca.
Stalin celebrò l´anniversario della rivoluzione d´ottobre con la tradizionale parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca, il 7 novembre 1941, con i reparti a piedi e a cavallo, nonché corazzati, che sfilarono, sotto una nevicata, davanti a tutte le autorità di governo schierate sul mausoleo di Lenin.
Che cosa intende fare l’Occidente? Andare a verificare, ancora volta, la potenza e la forza dell’assetto politico-strategico-militare dei russi? Inseguire la follia di una guerra contro la Russia e poi, eventualmente – è facilmente immaginabile, considerati gli assetti che si sono prodotti – contro la Cina? Mandare al fronte di guerra i pochi giovani occidentali ancora rimasti, in attesa che siano definitivamente estinti dalla presenza musulmana e magari anche le giovani ragazze (per la parità di genere)? Scatenare la reazione russa e il rischio assai concreto di un conflitto nucleare? Oppure, rinsavire e accettare di dover emendare le politiche di aggressione e di accerchiamento a cui la Russia è stata sottoposta per molti anni?
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Un paese marcio, sporco, già morto
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I parametri per descrivere lo stato di un Paese, sono il PIL, l’entità del debito pubblico, interno ed esterno, la situazione dei servizi essenziali (la Scuola, l’Università, i Trasporti, la Sanità), il cosiddetto Sviluppo Industriale, che in Italia ha concorso a generare la distruzione del nostro benessere, fatto innanzitutto di tradizioni, di cultura, di identità.
So che gli economisti e i politici da strapazzo che sguazzano nella realtà italiana (pronti ora ad occuparsi, insieme agli altri potenti della terra, di un grande business, la ricostruzione dell’Ucraina, insieme a sanzionare nuovamente la Russia, evitando di operare per la pace) storceranno il naso – pronti come sono ad arrampicarsi sugli specchi e a nascondere la polvere sotto il tappeto – ma se dovessimo usare quei parametri renderemmo un cattivo servizio alla Verità.
Dunque, viviamo in un luogo dove, contro il dettato della Costituzione, che ripudia la guerra, vendiamo armi a mezzo mondo e siamo protagonisti diretti in molti teatri di guerra. Dove, a distanza di oltre 5 anni, e nonostante i proclami, nessuna verità certa e istituzionale è emersa su quell’operazione criminale denominata virus da Sars-Covid19 e conseguente endemica propaganda per un siero (non un vaccino) che ha provocato e sta provocando aumenti innumerevoli di casi di tumore e malattia cardiovascolari, danni gravi (=morti) e parziali. Dve viene talmente promossa, favorita e propagandata la teoria del gender, da mettere in discussione il connotato principale della specie umana: la riproduzione. Dove presto ci si potrà togliere o farsi togliere la vita liberamente, con il suicidio assistito e l’eutanasia. Sarà sancito un diritto umano, come l’aborto, che ha ucciso sei milioni di italiani in cinquant’anni e che con la pillola RU486 permette di sbarazzarsi del nascituro a casa, così come si butta nella spazzatura un kleenex.
Dove si stima che il consumo di cocaina – i dati sono contenuti nella Relazione annuale al Parlamento del 2025 – riguardi undici dosi al giorno ogni mille abitanti; al primo posto c’è la cannabis (52 dosi ogni mille abitanti), la cui potenza è quadruplicata dal 2016 (dal 7% del 2016 al 29% del 2024), soprattutto nelle formulazioni di nuova generazione e nei liquidi utilizzati per le sigarette elettroniche.
Nel 2024, il Sistema nazionale di allerta rapida per le droghe (News-d) ha identificato 79 Nuove sostanze psicoattive circolanti. Dove, a partire dal 2021, si registra un incremento costante nel consumo di psicofarmaci senza prescrizione medica tra i giovani, che ha raggiunto, nel 2024, i valori più alti di sempre: se la stima è di 510.000 studenti di 15-19 anni che hanno fatto uso di queste sostanze senza prescrizione nel corso della vita, nella fascia 15-18 anni non ancora compiuti sarebbero 180.000 ad averne fatto uso solo nell’ultimo anno (il 12% del totale di quella fascia di età).
Dove, il mercato della prostituzione è stimato dall’Istat in 4,7 miliardi nel 2025.
Dove, l’associazione Meter di don Fortunato Di Noto rileva ogni giorno oltre trecento contenuti riconducibili a pornografia minorile, abusi e violenze su minori.
Dove, dei 374.310 minorenni in carico ai servizi sociali – questo emerge dalla III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza – 113.892 sono vittime di maltrattamento, il 30,4%. Si tratta, al 31 dicembre 2023, di un aumento del 58% rispetto alla precedente indagine del 2018. Sul totale della popolazione minorenne residente in Italia questo significa un passaggio da 9 a 13 minorenni maltrattati ogni mille.
Dove, il mercato pornografico – l’Italia è tra i principali paesi consumatori a livello globale – ha un valore stimato di circa cinque miliardi di euro all’anno per il consumo online. Transparency International, nel 2024, collocava l’Italia al 41° posto nel mondo per percezione della corruzione; la Corte dei conti stima che la corruzione in Italia superi l’ammontare di cento miliardi all’anno. Da ultimo, in questo breve esame, i dati sul mondo del gioco d’azzardo sviluppati dall’Osservatorio Nazionale e diffusi dalla società Nomisma. Circa 1.530.000 milione ragazzi, pari a circa il 62% degli studenti, riferisce di aver giocato d’azzardo almeno una volta nella vita, mentre oltre 1.420.000 lo hanno fatto nell’ultimo anno, facendo registrare nel 2024 il dato più alto di sempre.
Allo stesso modo, il mondo dei videogiochi presenta criticità per molti ragazzi: più di 290.000 studenti minorenni hanno mostrato nel 2024 comportamenti a rischio con i videogame, spesso associati a reazioni emotive forti quando era preclusa loro la possibilità di giocare. Nel 2021, gli italiani hanno investito circa 111 miliardi di euro nel gioco d’azzardo. Nel 2022 la cifra è diventata 136 miliardi di euro, un importo che ha superato le spese per la sanità (128 miliardi), per l’istruzione (52 miliardi) e il totale dei bilanci di tutti i comuni italiani (77 miliardi). Il gioco d’azzardo ha rappresentato il 36,20% del gettito erariale dello Stato. Per il 2024, la spesa è stata di 160 miliardi di euro. Per il 2025, si stima una spesa ancora superiore.
Si sta parlando solo di gioco legale, al quale si aggiunge quello clandestino, i cui profitti, sicuramente sterminati – gestiti da organizzazioni criminali ben radicate nel territorio – non sono neppure quantificabili. Le analisi suddividono le tipologie di scommettitori in tre gruppi: i giovani (dai 14 ai 19 anni), gli adulti e gli over 65. I giocatori più accaniti sono gli adulti tra i 25 e i 34 anni, ma anche le donne over 65 fanno la loro bella parte. Quante ne vediamo nelle tabaccherie di primo mattino alle prese con il grattaevinci e i numeri del lotto? La perversa tecnologia aiuta tutti: il gioco on line (60%) ha superato quello nelle sale fisiche (40%).
Che dire? Innanzitutto, che le classi dirigenti che si susseguono alla guida del Paese, nulla fanno per arginare – quantomeno – quest’elenco di nefandezze che rimane sotto la coltre dell’aumento o della diminuzione del PIL o del debito pubblico. Anzi, in molti casi, se non ne sono complici – questo è evidente per il gioco d’azzardo – le assecondano, non intervenendo con misure adeguate e disinteressandosene.
Sono soggetti immorali? Ça va sans dire. Per Platone, l’immoralità non è semplicemente l’opposto della moralità, ma una conseguenza della mancata conoscenza delle Idee, in particolare dell’Idea del Bene. È proprio vero: essi non conoscono il Bene, di conseguenza non lo praticano, né per se stessi né nei confronti degli altri. Non sono da meno i sudditi, quella massa inerte che li manda al potere, ormai putrefatta, quella cosiddetta società civile che gozzoviglia da Nord a Sud, che usufruisce di prebende, che vive di intrallazzi, che sguazza nella corrutela.
“In quei giorni”, dice Matteo nel suo Vangelo (Mt 3, 1-2), “venne Giovanni Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: ‘Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino’”.
Nel deserto del nostro Paese, queste parole suonano come un solenne auspicio: occorre fare penitenza per redimerci, per rendere onore al Bene e sconfiggere il male che ci pervade e ci soffoca. Questo dovrebbe chiedere la Chiesa Cattolica a quest’Italia: di fare penitenza e di resuscitare. Chissà, forse un giorno verrà un papa o si manifesterà un santo e lo chiederà, ricordando le parole di san Paolo: “E tutto questo dovete fare ben conoscendo il tempo, perché è ora già che voi vi svegliate dal sonno; la salvezza nostra ora è più vicina di quando noi siamo diventati credenti. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina; gettiamo via dunque l’opera delle tenebre, rivestiamo le armi della luce. Come in pieno giorno, camminiamo onestamente, non in crapule e ubriacature, non in alcove e in licenza, non in contese e invidia: ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo, e non abbiate cura della carne sì da destarne le concupiscenze” (Lettera ai Romani 13, 11-14).
Se questo non dovesse avvenire, la putrefazione che questo Paese vive – che Nostro Signore aveva scelto come sede della Sua Chiesa – il suo inchinarsi al suo padrone assoluto, che è Mammona, non potrà che determinare la più miserevole delle condizioni: attendere solo la punizione e la Giustizia di Dio.
IL GRANO E LA ZIZZANIA
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