LOMBARDIA PRIVATA DEL SANTO SACRIFICIO per disposizione del vescovo

Non ho voglia di scrivere a lungo: sono  rimasto senza Messa domenicale. Stremato  dal viaggio della notte precedente (da Rimini  incredibili ore di treno fermo “per ordine dell’autorità  giudiziaria”  per  una risorsa che  aveva attraversato i binari), vado nella mia parrocchia  prima dello 18 e sento per radio che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini,  ha cancellato tutte le Messe con la scusa del coronavirus.

Così, come niente fosse, in tutta la diocesi, non solo i paesi attorno a Codogno; la diocesi  più  grande del mondo, dove mai  fu  sospeso il rito nemmeno durante la peste del Manzoni;  anzi, al centro del lazzaretto  c’era una chiesetta  aperta da tutti i lati per consentire ai  malati sotto il porticato  vedere la Presenza Reale.  Adesso per  almeno due settimane lascia il popolo senza Messa alcuna.

Ho provato a  dire a uno dei sacerdoti:  voi la celebrate, per voi, la Messa? Lasciateci  essere presenti, a distanza…  Dobbiamo obbedire, altrimenti ci andiamo di mezzo noi.

Evidentemente si fa temere, il nuovo vescovo.  E la sua comunicazione  della sua decisione  spiritualmente gravissima, non sente nemmeno il bisogno di giustificarla:   bisogna togliere le occasioni di assembramento, quindi  va  da sé: come fosse un prefetto o un ufficiale sanitario, senza dolore e senza  suggerire modi e per adempiere all’onore che si  deve a Cristo  col precetto.

Le  sue quattro parole sono tutte una  benedizione agli uomini delle istituzioni e  a “scienziati e ricreatori” che cercano il vaccino;   sentendo  il bisogno di  avvertire  che “la benedizione  di Dio non è una  assicurazione sulla vita, una parola magica  che mette al riparo dei problemi e dai pericoli. La  sua cura insomma è di  toglierci ogni superstizione.

Lo sappiamo, lo sappiamo che “Dio non è Mandrake e non ha la bacchetta  magica”, come ha chiarito il Teologo di Santa Marta;  avremmo preferito un po’  più di cura  della maestà divina, dolore del Sangue santificante di cui lascia  priva la diocesi .
Qualcuno  di noi  è rattristato, ricorda che fu predetta  da Daniele  “l’abolizione del sacrificio quotidiano” come preludio  all’erezione dell’Abominio della Desolazione, e vi vede un segno – posso dirlo? Anticristico.

Ma per fortuna un amico lettore mi gira  l’accorato appello di don Gabriele ai suoi fedeli. Don Gabriele Bernardelli è parroco di Castiglione d’Adda, uno dei tre comuni della provincia di Lodi che sono nella quarantena stretta, dove  la gente è chiusa in casa  e non  ha potuto andare a Messa.  Ascoltatelo

Il parroco d i Castiglione d’Adda, don Gabriele

Don Gabriele

Aggiungo le osservazioni di Fabio Adernò, Avvocato rotale e Dottore in Diritto canonico presso l’Università Pontificia della Santa Croce a Roma.
domenica 23 febbraio 2020

L’indecenza di non far celebrare la Messa in tempo di epidemia.

Molte Diocesi del Nord si stanno affrettando a sospendere le celebrazioni, applicando evidentemente in modo supino il decreto legge varato ieri notte, quasi che le Messe fossero partite di calcio o manifestazioni sociali.

Tale decisione è un’offesa al Creatore, perché lo Si priva del culto dovuto e soprattutto è una manifestazione di mancanza di senso di trascendenza e di fiducia nell’opera salvifica della Provvidenza e dell’azione di Dio nella storia dell’Uomo.

Applicare criteri preventivi e cautelari è sacrosanto per tutelare il bene della vita, e vanno evitate le imprudenze e le superficialità, ma d’altra parte non ha alcun senso non fare celebrare la Santa Messa, che è Sacrificio anche espiatorio offerto per la remissione dei peccati, il ristabilimento dell’amicizia con Dio, ma anche per invocare la concessione di grazie come la corporale guarigione o debellare malattie e pestilenze.

Sospendere le celebrazioni delle Messe vuol dire abbandonarsi inermi alla desolazione, all’immanenza, vuol dire privare le anime del giusto conforto, del soprannaturale sostegno …. quando invece i frutti spirituali di quel Sacrificio gioverebbero senz’altro allo spirito.

D’altra parte, amaramente si constata come sia sempre più lontano dall’attuale modernistica visione “ecclesiale” concepire di celebrare la Messa e non distribuire la Santa Comunione… diversamente invece da come insegna la storia della Chiesa, da sempre saggia nel favorire la moltiplicazione delle celebrazioni anche in contemporanea, e prudente nel consigliare di evitare la distribuzione laddove le condizioni fossero sconvenienti per i più vari motivi.

Una tale visione nega la trascendenza di quel Sacrificio sublime, e lo riduce ad “azione” umana che “vale solo” se “partecipato”. Ma questa non è la Messa secondo la dottrina Cattolica.
E la Messa non vale in proporzione al numero di comunioni che si fanno; la Messa ha un valore inestimabile e produce effetti infinitamente più grandi di tutte le nostre miserie.

Si celebrino, dunque, Messe su Messe, senza distribuzione.

I fedeli facciano comunioni spirituali e offrano al Signore questa rinuncia.

E Iddio abbia misericordia di noi.

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