La neochiesa e l’educazione della gioventù. Non solo cattopornografia. Anche cattosatanismo

di Elisabetta Frezza

Capitò anni fa al mio figlio maggiore. Per circostanze impreviste e imprevedibili si trovò a sorbire in casa di amici, suo malgrado, alcune scene di un film horror da strapazzo – sotto-genere splatter – che lo turbarono al punto da non riuscire a dormire, per mesi, se non a contatto con lo scudo umano di almeno un genitore. Il che innescò, per mesi, una surreale giostra notturna a cui i fratelli più piccoli pretendevano di partecipare, e con diritto di precedenza, per il semplice fatto di vederla in moto. L’esperienza mise a dura prova tutta la famiglia.

Ho appreso in seguito che a molti genitori toccano vicende analoghe, anche peggiori per intensità e durata. Accade per caso di parlarne, e si arriva a incrociare racconti di pianti, crisi, paure e notti insonni, in cerca di un conforto e magari di un lume. Proprio in questi giorni di vacanza, il caso di un bimbo terrorizzato dalla storia di una bambola posseduta e assassina, che gli ricorda tanto quella della sorellina. E da più di un anno, nelle ore di buio, è attanagliato dall’angoscia e implora aiuto.

Si capisce così che si tratta di fenomeni tutt’altro che isolati, anzi sempre più diffusi, capaci di destabilizzare famiglie intere ingenerando tensioni, preoccupazioni, sfinimento. Per molti, si apre subito la strada obbligata della onnipotente psicoterapia – garante infallibile del diritto umano “alla salute” – arte arcana maneggiata dall’ “esperto” benefattore di turno, delegatario in bianco della gestione di emozioni e disagi altrui; una strada che si sa dove e quando comincia, ma non dove e quando finisce e si autoalimenta per circuiti viziosi dispendiosi e vani, se non dannosi oltre il danno, buoni solo a tacitare la coscienza del genitore smarrito in ossequio agli imperativi del fitness moderno.

La verità è che questi nostri bambini sono esposti oggi, con ogni fibra, a impulsi esterni dissonanti dalla loro sensibilità “originaria”, nel senso di vicina all’origine e per ciò stesso pura e innocente. Sono esposti, inermi, a un fuoco incrociato di immagini crudeli, di cacofonie, di orrori, violenze e perversioni trasmesse per mezzo di ogni canale accessibile nella agorà della connessione ininterrotta: se non è la TV è il giornalino, è la play station, sono le figurine, le musiche, i giochi di ultima generazione, i libri, le feste di importazione. Diventa impossibile schivare i colpi diretti e indiretti sferrati senza pietà contro quei piccoli che siamo chiamati a proteggere e preparare alla vita, mentre la vita virtuale li insulta anzitempo per renderli ostaggio precoce di chi vuole manipolarli, omologarli e impedire che si formi dentro di loro, nei modi e nei tempi dovuti, una personalità autonoma e libera davvero.

Questo è il panorama che si staglia davanti agli occhi di noi adulti, molto spesso passivi e consenzienti, talvolta impotenti per l’aggressività pervasiva con cui esso si impone. È la scena di un mondo impazzito tutto impegnato a cannibalizzare i suoi figli su ordine perentorio del padrone che lo governa.

Ma quando è la chiesa che ruba la scena di quel mondo, e contende la missione al suo padrone, allora non si può non restare annichiliti.

È innegabile che questo stia accadendo, perché le maschere sono ormai gettate e a nulla servono le bugie pietose che vorrebbero risparmiare ai più lo spettacolo più triste.

Il programma di educazione sessuale e affettiva dal suggestivo titolo “Il luogo dell’incontro”, congedato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, mentore il suo presidente monsignor Vincenzo Paglia, e presentato alla giornata mondiale della gioventù di Cracovia, offre una nuova sconvolgente conferma del concorso davvero ecumenico alla dissoluzione programmata. È un progetto ponderoso, articolato in sei unità didattiche, che scopiazza forme e contenuti dell’omologo repertorio dettato da OMS e altri organismi sovranazionali, ma li condisce col lessico di ordinanza, di assonanza cristiana, utile a ingannare un popolo di Dio già fiaccato da decenni di conciliarismo ingravescente. Basta poco per prendere nel sacco i poveri fedeli, adepti spesso inconsapevoli della falsa neo-religione, sostituita pian piano a quella vera con la magia delle parole belle, svuotate del loro senso per essere riempite del senso capzioso voluto dai nemici del bene del vero e del giusto. Dai nemici di Dio.

Si sa che il veleno deve essere mischiato al rosolio perché la vittima lo deglutisca senza resistenze. Gli estensori dei documenti ecclesiali dimostrano di essere ben addestrati alle modalità di somministrazione, ovvero alle tecniche della propaganda.

Nel materiale timbrato vaticano di veleno ce n’è tanto. E non solo pornografia.

Sono sparse briciole di un pollicino capovolto, rilasciate dall’orco per condurre a sè i piccoli sottraendoli alla protezione del loro guscio naturale, della loro famiglia.

Già si è detto (clicca quidell’erotismo sfacciato che sprizza dal documento. Ma c’è di più.

Nel profluvio ineffabile di parole e immagini mondane, è possibile intercettare segnali inquietanti oltre ogni immaginazione.

Ciascuna unità didattica termina con una scheda per il cineforum didattico. Queste schede sono introdotte sempre dalla stessa sigla di apertura, un quadro variopinto, che è una sorta di collage fatto di decine di locandine di film.

Moltissime icone sono subito riconoscibili. Nessuna riguarda film di matrice cattolica.

Si va dalle pellicole intrise di violenza gratuita come “Jack Reacher” con Tom Cruise o “Terminator” con Arnold Schwarzenegger, alla violenza sadica e parossistica di “American Psycho”, vero inno al virtuosismo omicida, ai film che trattano di aborto come questione collaterale (“Le idi di Marzo”, con George Clooney) o come dettaglio della vita famigliare (“Casomai”), alle pellicole di supereroi (Spiderman, Batman, Thor), a quelli di vampiri adolescenti della serie “Twilight” (dove il bene è diventare un vampiro immortale). Non poteva mancare Harry Potter, grande operazione di addestramento dell’infanzia globale all’accettazione della magia nera.

Una grossa parte di questi film contiene scene di sesso esplicito e variegato, di orge, di nudi e di droga.

“40 anni vergine” è una commedia basata molto semplicisticamente sulla derisione della castità.

E si potrebbe continuare a lungo.

Ma c’è di peggio ancora.

C’è la locandina di “The doll”, proprio il film con bambole assassine possedute che traumatizza i bambini, violati nell’intimo più inviolabile e profondo dall’aggressione vile dell’oggetto amico per antonomasia.

 

Poi spunta anche la locandina di “L’altra faccia del diavolo” (in originale “Devil Inside”), film sull’esorcismo, che mostra il volto di una suora senza pupilla, posseduta dal demonio. Oltre l’impatto raccapricciante, passa l’oscuro messaggio di una religione infestata, della purezza corrotta, della speranza uccisa per sempre.

nfine, l’occhio cade sull’icona forse più sconvolgente, quella de “Le streghe di Salem” (in originale “Lords of Salem”), pellicola sfacciatamente satanista del regista Rob Zombie, già noto come cantante del gruppo heavy metal White Zombie e al centro di molte polemiche per gli effetti nefasti causati al sistema nervoso del pubblico da cine-sotto-prodotti precedenti.

Contro la proiezione tuonò persino Monsignor Negri, dichiarandosi pronto a denunciare lo Stato per i contenuti blasfemi del film, definito “un misto di satanismo, oscenità, offese alla liturgia e alle realtà ecclesiali che rasenta livelli difficilmente tollerabili per una coscienza autenticamente laica e civile, ancor prima che cristiana”.

Se si pensa che vi è stato un tempo in cui la Chiesa ha letteralmente salvato il cinema americano (e quindi del mondo intero), si possono comprendere l’enormità e la velocità del degrado e si può anche individuare, con buona approssimazione, dove stia l’inizio della fine.

Negli anni Trenta, sotto la guida dei loro vescovi, i cattolici riuscirono a boicottare con successo i produttori di Hollywood, costringendoli a piegarsi all’accettazione di una serie di linee guida poste a guarentigia della retta morale: il famoso Codice Hays, o production code.

Riporta Wikipedia che esso elencava tre “Principi generali” (articolati poi in una serie di applicazioni particolari):

«Non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori. Per questo motivo la simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, i comportamenti devianti, il male o il peccato.

Saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all’intrattenimento.

La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la simpatia dello spettatore per la sua violazione».

Non c’è da stupirsi che il Codice Hays sia stato abolito nel 1967, ovvero proprio nell’immediato post-concilio: lo stand down della Chiesa nei confronti del Mondo (e dei suoi padroni) sconvolse di rimbalzo anche il mondo del cinema, e quindi l’immaginario umano tutto. Da lì in avanti, la pornografia sarebbe diventata la radiazione di fondo di ogni prodotto “culturale”.

Appare evidente che il fumo di Satana ha preso spazio nella chiesa fino a contemplare la presenza del satanico nella vita cristiana, a partire dal recinto sacro della formazione delle giovani generazioni. È la stessa chiesa ad offrire sine glossa il nuovo prodotto commerciale, mettendolo a disposizione di ragazzi già indeboliti da mille e mille stimoli perversi e solleticandoli nella istintiva ricerca del proibito e della trasgressione. Buttato lì, in mezzo ad altri prodotti di ogni genere per tutti i gusti, omaggio estremo a quel pluralismo che, solo, consente il “libero” esercizio del diritto di scelta a chi non sa cos’è la libertà . Come un’esca velenosa, come la briciola seminata dall’orco del pollicino all’incontrario.

Il Pontificio Consiglio per la Famiglia applica in questo modo con indubbia creatività la prima fase della finestra di Overton: fa slittare il fenomeno da “impensabile” a “radicale” (i cannibali sono cattivi, ma esistono, e dunque bisogna prenderne atto), così che si apra per esso l’orizzonte del possibile.

L’uomo nero delle favole di sempre si aggira a piede libero nella realtà di tutti i giorni, sfugge al lieto fine catartico e veste panni inediti. È un mostro diffuso, e indossa le vesti borghesi dell’accademico, del terapeuta, dello scienziato, del moralista di avanguardia, del catechista aggiornato. Indossa persino vesti sacre. I genitori impegnati a preservare i figli dal Male distillato nelle cose del mondo hanno ora ufficialmente un nuovo nemico conclamato, grande e potente, disposto a tradire il suo mandato divino per concorrere a un’opera estrema che – si sa – deve muovere dalla distruzione della purezza, dal pervertimento dell’innocenza in dote all’infanzia indifesa, per proseguire fino allo sfondamento del preternaturale nella società, già in gran parte allenata a rendere il proprio culto al padrone del mondo.