Una storia del regno saudita che non vi raccontano mai…
Daniele Perra
L’idea di disgregare l’Impero Ottomano non ha un’origine così recente. Solomon Molcho e il suo maestro David Reubeni, che ebbero un ruolo di primo piano nella creazione dell’idea delle radici giudaico-cristiane dell’Europa e, dunque, nell’influenzare i cristiani, cercando di sottometterli alle idee del messianismo giudaico, prima di finire nel rogo dell’Inquisizione di Carlo V, fecero il giro delle corti d’Europa, cercando di convincere i sovrani europei della necessità di attaccare l’Impero Ottomano, per ricreare il Regno di Israele. In particolar modo, Molcho propose a Papa Clemente VII l’idea di creare un esercito di Marrani atto alla realizzazione di tale impresa.
I movimenti millenaristi inglesi e protestanti, profondamente influenzati dal messianismo ebraico, abbracciarono a loro volta l’idea restaurazionista, nella convinzione che il ritorno degli ebrei in Terra Santa avrebbe avvicinato il nuovo avvento di Cristo. Di enorme rilievo fu anche il ruolo giocato da Sabbatai Zevi, che, intorno alla metà del XVII secolo, venne considerato da larga parte della popolazione ebraica di Europa, Africa e del Nord e Levante, come il Messia, dando vita altresì a quel movimento noto come Sabbatianesimo, il cui obiettivo era la disgregazione dell’Impero Ottomano e, con esso, l’Islam dall’interno.
Sabbatai Zevi ordinò, infatti, ai suoi discepoli e familiari di convertirsi falsamente all’Islam per il raggiungimento di tale scopo, dando vita al fenomeno conosciuto nell’area ottomana dei Dönmeh. Non è un caso se spesso il Wahhabismo, ad oggi il più importante alleato del sionismo nell’area del Levante, venga paragonato proprio al Sabbatianesimo. Nathan di Gaza, mentore ed ispiratore di Sabbatai Zevi, scrisse a suo tempo falsi rapporti, inviati a diverse comunità ebraiche europee, nei quali si descriveva con dovizia di particolari l’azione di un fantomatico esercito che, partito da Najd, avrebbe conquistato Mecca e Medina, distrutto le tombe dei compagni del Profeta e della sua famiglia. Esattamente ciò che fecero i Wahhabiti con il loro portato ideologico antitradizionale ed a-culturale, una volta raggiunto il potere nella penisola arabica.
Lo stesso ispiratore del Wahhabismo, Muhammad Abd al-Wahhab, nell’Islam tradizionale è spesso paragonato a Shaitan. È infatti riportato dalla Sunna profetica che Shaitan prese la forma di un vecchio del Najd nel momento in cui i Quraysh decidevano sulla sorte da riservare al profeta Muhammad, suggerendo loro di ucciderlo. Non è dunque un caso se Abd al-Wahhab fosse famoso tra i suoi contemporanei come il vecchio del Najd. Ma è attorno alla città santa di Gerusalemme che si concentra il progetto messianico giudaico-sionista.
Nella prospettiva dello Shaykh Imran Hosein, la sua occupazione da parte dei sionisti europei, identificati con le genti di Gog e Magog, costituisce il presupposto per la manifestazione del Dajjal, l’impostore o falso Messia, che ha un ruolo di primo piano nel sistema escatologico islamico. Ed anche in ambito cristiano, prima del definitivo sdoganamento cattolico del sionismo ad opera del Concilio Vaticano II, fin dalle origini della tradizione patristica, il Messia giudaico veniva assimilato all’Anticristo, che avrebbe cercato di distruggere la religione cristiana e sovvertire l’ordine sociale edificato dalla Chiesa. Secondo i padri della Chiesa, l’Anticristo sarebbe, infatti, sorto dal seno stesso del giudaismo, ed il suo avvento sarebbe coinciso con il trionfo di Israele e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Youssef Hindi, in un articolo datato 2015 dal titolo “Russia, Europa ed Oriente, la doppia strategia dell’impero per piegare Mosca”, cerca di dimostrare che Russia ed Iran non stiano combattendo contro l’imperialismo statunitense, ma contro quello giudaico (…)”
Daniele Perra – Dalla geografia sacra alla geopolitica – Cinabro Edizioni.
Il wahhabismo è un movimento di riforma religiosa sviluppatosi alla metà del XVIII secolo nel Najd, un’area desertica al centro della penisola arabica, socialmente, culturalmente ed economicamente poco sviluppata rispetto ai principali centri del mondo islamico dell’epoca. I suoi presupposti possono essere rinvenuti nell’onda lunga di un movimento di riforma religiosa partito dall’area Indo-Pacifica del mondo musulmano. Questo movimento predicava in generale un ritorno al testo coranico. Il suo fondatore eponimo Muḥammad ibn ʿAbd al-Wahhāb (al-ʿUyayna, Najd, 1703 – Dirʿiyya, presso Riyāḍ, 1792), era figlio di ʿAbd al-Wahhāb, un qadi di scuola hanbalita che esercitava al-ʿUyayna.
Sebbene sia definito spesso come “arcaico”, “ultraconservatore”,[1] “austero”[2], il wahhabismo è prima di tutto un movimento letteralista che ha predicato fin dalle sue origini un ritorno alle fonti coraniche attraverso l’eliminazione di ogni interpretazione del testo in quanto attributo di Allah. Anche se elaborato a partire da un contesto religioso di stampo hanbalita, il wahhabismo ha però combattuto il fiqh dei madhhab tradizionali in nome di un assoluto monoteismo fedele all’unico principio del tawḥīd. Interprete della più intransigente palingenesi islamica, il Wahhabismo è stato il credo dominante nella penisola arabica e dell’attuale Arabia Saudita. Esso costituisce una forma estremamente rigida dell’Islam, che insiste su un’interpretazione letteralista del Corano.
Dati statistici
Nel secondo decennio del XXI secolo la maggioranza dei wahhabiti si trova in Qatar, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita.[3] Dove il re è wahabiita filo giudeo…