IL PAPA POP – SINTOMO DEL DECLINO DEL MONDO

 

(Un’analisi impareggiabile di don Curzio NitogQuesto-Papa-piace-troppolia – MB)

Notavamo anche noi il fenomeno del linguaggio [qui], del nuovo papato  sentimental-pop [qui] e dei suo cristianesimo in pillole [qui – qui].

Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi (Questo Papa piace troppo, Milano, Piemme, 2014) paragonano il pontificato di Francesco I alla musica pop, la quale “non è altro che esercitare a vuoto l’intelligenza” (op. cit., p. 41), e citano Luciano  Spaziante (Sociosemiotica del pop), il quale scrive: «“la cultura pop si contraddistingue come una cultura del fare piuttosto che del sapere, dove per lasciare spazio alla spontaneità  si preferisce non sapere, dove la pratica conta più che la teoria. […]. Il pop riesce e sfondare, in Italia come altrove, nonostante la barriera linguistica dell’inglese. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che il significato della parola è l’ultima cosa che si coglie”. Questa dismissione del significato della parola – continuano i due autori – spiega quel desiderio di identificarsi nella pop star di turno che domina attualmente nel mondo cattolico [Jorge Mario Bergoglio]. Il collante di questa grande ola è un vago sentimento, molto, troppo, anteriore a fede, dottrina e morale. Eppure la pratica del cattolicesimo ha sempre richiesto l’esercizio dell’intelletto e della volontà» (op. cit., p. 42).
Modernismo, esperienza e sentimento religiosi

L’esperienza religiosa e il sentimento religioso sono due concetti tipicamente modernisti, che contrastano diametralmente con la dottrina cattolica. Infatti il genuino sentimento religioso nasce dalla conoscenza e dall’amore di Dio. Secondo il cattolicesimo il sentimento e l’esperienza religiosi non precedono, ma accompagnano e seguono la conoscenza di Dio, ma dal luteranesimo al modernismo il sentimentalismo e l’esperienza subconscia del divino son diventate la principale se non l’unica  fonte della vita religiosa ridotta a esperienza psicologica individuale, che si può definire anarchia e smarrimento dello spirito, il quale si avvia inconsciamente verso il panteismo e l’ateismo[1].

 

«Non passa omelia, non passa intervista, non passa bagno di folla in cui il Papa non scrolli le spalle a una fede che si oggettiva nel rigoroso rapporto con la ragione. “Nomina nuda tenemus / conosciamo solo i nomi e non la natura delle cose”, sembra questo il messaggio di Francesco I, lo stesso del francescano Guglielmo Occam. […]. La fede non cerca più un intelletto che ritiene inabile a conoscere veramente, produttore di oggettivazioni  che rischiano di divenire un ostacolo all’incontro con Cristo. […]. Portato nel perimetro della Chiesa, tutto questo produce un cattolicesimo senza dottrina, emotivo, empatico, pneumatico […] ciò segna la nascita di un cattolicesimo liquido» (M. Palmaro – A. Gnocchi, op. cit., pp. 66-70).
Ma senza dottrina, teologia, studio della fede non si diventa buoni cristiani. Se i preti non studiano teologia nei minimi dettagli molte anime si perdono, come se i dottori non studiano approfonditamente la scienza medica molti uomini muoiono.

Il pop, la Scuola di Francoforte e Bergoglio

La Scuola di Francoforte ha studiato attentamente la musica e ha capito che, togliendo l’armonia dalla musica e immettendovi solo il ritmo ossessivo, essa diventa un ottimo strumento di depravazione mentale e morale, perché scatena le passioni dell’appetito concupiscibile a discapito dell’irascibile (musica marziale) e della razionalità (musica armonica, gregoriana e classica).

 

Dagli Usa Herbert Marcuse, negli anni Sessanta, ha lanciato una campagna ideologica di diffusione massiccia di musichette e canzonette pop, ritmate e sincopate. L’uomo è diventato interiormente schiavo delle sue fantasie, dei ritmi ossessionanti e ha perso la libertà psicologica.

 

Il quotidiano torinese La Stampa (29 giugno 1965) intitolava: «Estate 1965, i Beatles in Italia. Isteria collettiva» e continuava: «assistiamo alla degenerazione dei comportamenti giovanili, sembrano tanti automi, simili ad epilettici o indemoniati».

 

L’effetto della musica rock e pop era quello di liberare i giovani da ogni “inibizione” o meglio senso del pudore, per tagliare i ponti colla propria famiglia e vivere da sradicati. La musica pop era vissuta come protesta contro la generazione anteriore. Le parole di essa ridicolizzano l’autorità, la Chiesa, la morale, il maestro, il marito e la tradizione. L’unica vergogna è il pudore. Il genere rock (derivato dal boogie-woogie) si basa su motivi afro-americani, ripresi da antiche usanze tribali, atte a liberare dai freni inibitori o meglio dalla padronanza di sé. Molti complessi musicali (Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd) sono stati la testa d’ariete per animalizzare l’uomo europeo, onde il darwinismo si è avverato ma all’incontrario: dall’uomo è derivata la “scimmia”.

 

La musica è stata – anche nello Strutturalismo francese degli anni Sessanta – l’elemento dirompente e dissolutore dell’armonia e dell’equilibrio umano (sensibilità sottomessa a intelletto e volontà). A partire da Richard Wagner e Schönberg, con cui inizia il predominio della variazione, la dissonanza, l’accavallamento dei temi, si è giunti alla musica leggera o pop moderna, madre del Sessantotto, che è la radicalizzazione della disarmonia per squilibrare e diseducare attraverso l’udito la mente delle giovani generazioni.

 

Purtroppo il fenomeno Bergoglio (nato dal Concilio Vaticano II) è analogo a quello della musica pop: il primato del fare, il disprezzo della ragione e della dottrina. Francesco I stesso ha definito il Vaticano II come “una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea” (M. Palmaro – A. Gnocchi, op. cit., p. 48) [*] e la cultura contemporanea è quella post-moderna e nichilistica, ben peggiore della cultura moderna o idealistica: Bergoglio peggiora Roncalli, Montini, Wojtyla e Ratzinger come il nichilismo di Nietzsche, Marx e Freud peggiora l’idealismo di Cartesio, Kant e Hegel.

 

Il “Vangelo” di Bergoglio è quello deformato dalla cultura del mondo moderno e contemporaneo e non è più quello di Gesù e degli Apostoli. Ma in San Paolo è rivelato divinamente:  “Se io stesso o un angelo vi annunziassimo un Vangelo diverso da questo [di Cristo e degli Apostoli] sia anatema” (Gal., I, 8 ss.).

 

La riforma liturgica, ha spiegato papa Bergoglio, è il frutto principale dell’adattamento della Chiesa alla modernità voluto dal Vaticano II. una sciagurata iniziativa – commentano i due autori – in fondo alla quale l’uomo finisce per celebrare se stesso ” (M. Palmaro  – A. Gnocchi, op. cit., p. 63).

Ora “la persecuzione del mondo nei confronti della Chiesa è ingiusta, ma non irragionevole. Anzi, è proprio la pacificazione [tra mondo moderno e Chiesa] a risultare impossibile. Non fosse altro per la […] richiesta di uniformarsi all’uomo della croce: un affronto imperdonabile e una richiesta incomprensibile per l’orgoglioso mondo moderno” (op. cit., p. 81).

 

«Solo il cristiano che accetti il conflitto con lo spirito mondano può permettersi di essere misericordioso. “Amare davvero il mondo, desiderare la sua salvezza, diceva Gilbert Keith Chesterton, equivale a combatterlo. […]. Ogni secolo ha bisogno di Santi che lo contraddicano”» (op. cit., p. 89 e 100).

 

L’Esortazione Amoris laetitia (19 marzo 2016) di Francesco I ammette che si possa dare l’Eucarestia ai divorziati risposati che vogliono perseverare nel loro stato oggettivamente peccaminoso, ma la condizione dell’anima in peccato mortale davanti a Dio resta tale e quale anche se il Papa, in un documento non infallibile, cerca di “ridarle” la grazia santificante.

 

Pio XII lamentava il fatto che nel mondo moderno si fosse perso il senso del peccato. Oggi è il Papa che non solo lo ha perso, ma  esalta il peccato ponendo la convivenza addirittura ad uno livello superiore a quello del matrimonio non ben preparato  (Intervista durante il ritorno da Ankara, 27 giugno 2016). Non solo ci si rassegna davanti all’avanzata del male morale, ma lo si accetta e lo si esalta diabolicamente. Questo modo di agire non è conforme alla Legge divina e il potere del Papa, che su questa terra non ha superiori, è limitato proprio dalla divina Volontà. Non è umanamente né ecclesialmente possibile deporre il Papa, ma l’unico rimedio è il ricorso a Dio onnipotente e giusto, che “deposuit potentes de sede et exaltavit humiles / depose i potenti dal loro seggio ed esaltò gli umili” (Lc., I, 46-55).

 

Giustamente Palmaro e Gnocchi scrivono: “Oggi gli uomini di Chiesa appaiono intimiditi davanti al mondo al pari dell’uomo kantiano davanti al noumeno […] ci si considera incapaci di conoscerlo e, quindi, si rinuncia a insegnare e a convertire: si tenta solo di interpretare” (op. cit., p. 105-106).
Conclusione 

Non perdiamoci di coraggio. Gesù ha promesso solennemente: “Le porte degli inferi non prevarranno” (Mt., XVI, 18) e la Madonna a Fatima ha detto: “Alla fine il mio Cuore immacolato trionferà!”. I Padri hanno parlato delle crisi che la Chiesa avrebbe patito nel corso dei secoli, ma ci hanno rassicurato.

 

San Beda il venerabile ha scritto: «In questo passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente» (In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4) e Sant’Ambrogio di Milano: «La Chiesa è simile a una nave che viene continuamente agitata dalle onde e dalle tempeste, ma non potrà mai naufragare perché il suo albero maestro è la Croce di Gesù, il suo timoniere è Dio Padre, il custode della sua prua lo Spirito Santo, i suoi rematori gli Apostoli» (Liber de Salomone, c. 4).

 

La conclusione, quindi, mi pare ovvia: «il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” e la crisi nella Chiesa in tempi di caos è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente» (Gaetano, Apologia de Comparata Auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.).

 

Nella situazione odierna occorre  non   adulare i cattivi Pastori né aver paura di essere disprezzati, ma riconoscere

  1. che delle “novità” si sono infiltrate nella pastorale della Gerarchia ecclesiastica a partire da Giovanni XXIII (“contra factum non valet  argumentum”) e perciò è lecito “non ubbidire  nelle cose cattive e non adulare i malvagi prelati”;
  2. che, tuttavia, i Papi “conciliari”, pur avendo mal usato del loro sommo Potere, lo hanno conservato. Pertanto bisogna, come consigliava il cardinal Tommaso de Vio, ricorrere alla preghiera e alla riforma di se stessi perché negli uomini di Chiesa ritorni l’ordine, che solo Dio, tramite il Papa e col concorso delle cause seconde, può restaurare nella Chiesa.

In breve l’aiuto di Dio è assolutamente necessario alla Sua Chiesa ed esso non manca mai; purtroppo è la non corrispondenza degli uomini alla grazia di Dio che vanifica il buon risultato della vera riforma della Chiesa in capite et in membris. Quindi occorre un Papa che ribadisca la verità nella sua purezza e soprattutto che la cali in pratica con una riforma dei costumi e della vita cristiana. Inoltre occorre un Episcopato che collabori col Papa, altrimenti il Papa da solo può soltanto definire la verità ma non farla vivere a chi la rifiuta con ostinazione. Allora i fedeli, aiutati dai buoni Pastori nella dottrina e nelle opere, potranno ritornare alla piena pratica della vita liturgica, spirituale, morale e contribuire alla restaurazione dello spirito cristiano all’interno della Chiesa.

 

Oggi purtroppo si riscontra una deficienza di sana dottrina

  1. nel Papa (Francesco I);
  2. nell’Episcopato (compresa quella parte che combatte per il mantenimento della Legge naturale, ma neglige la questione dogmatica sulla continuità reale o solo verbale tra Vaticano II e Tradizione apostolica);
  3. nei fedeli così mal guidati da cattivi Pastori. Ora tale situazione  richiede un intervento straordinario della onnipotenza divina che, dopo averci chiamato con Misericordia, dovrà intervenire con la correzione e con il castigo. A mali estremi, estremi rimedi.

“Quel che temo, in questi tempi, è più una seduzione che una persecuzione. I nemici della Chiesa, oggi, si credono e si dicono cristiani, ma favoriscono l’eresia e lo scisma. Ciò che li rende molto pericolosi è la generale debolezza della fede presso i cattolici, l’amore sregolato dei piaceri mondani, la licenza immorale generalizzata. La maggior parte dei cristiani è cristiana solo di nome. Gesù non è conosciuto né amato soprannaturalmente. Quindi mi sembra necessario che per guarire una società così gravemente ammalata Dio castighi duramente, ma assieme misericordiosamente: infatti Dio colpisce soprattutto per guarire”. (Le Très Révérend Père Marie-Théodore Ratisbonne. D’après sa correspondance et les documents contemporains, Parigi, Poussielgue, 1903, tomo II, p. 488).

  1. Curzio Nitoglia

* Su questo avevamo redatto un documento: NEC PLUS ULTRA [qui], perché già ci sembrava superato un limite ineludibile…

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1. Cfr. U. Eco, La struttura assente, Milano, Bompiani, 1968; J. M. Auzias, tr. it., La chiave dello strutturalismo, Milano, Mursia, 1969; J. Piaget, tr. it., Lo strutturalismo, Milano, Il Saggiatore, 1968; S. Moravia, Lo strutturalismo francese, Firenze, Sansoni, 1975.
2. Cajetanus, De comparatione Papae et Concilii, ed. Pollet, 1936, cap. XXVII, p. 179, n. 411.

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