Il nuovo documento sinodale del Vaticano chiede “diaconato femminile” e “inclusione radicale”

Il Sinodo sulla sinodalità, ora ufficialmente prorogato fino al 2024, ha auspicato un ‘aggiornamento permanente’ alla luce del Concilio Vaticano II.

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Papa Francesco con l’équipe del Sinodo. LR: Cdl. Jean-Claude Hollerich, p. Giacomo Costa, Cdl. Mario Grech, mons. Luis Marín de San Martín, suor Nathalie Becquart. 14 ottobre 2022.Schermata/Twitter

CITTÀ DEL VATICANO ( LifeSiteNews ) – Il Vaticano ha svelato il documento per guidare la prossima fase del Sinodo sulla sinodalità, che presenta richieste di maggiore inclusione dei divorziati e “risposati”, gruppi LGBT, e propone un “diaconato femminile”.

Il documento di 45 pagine è stato presentato in conferenza stampa presso la Sala Stampa della Santa Sede, il 27 ottobre, dall’équipe del Sinodo sulla Sinodalità : il cardinale Jean-Claude Hollerich (relatore generale del Sinodo), il cardinale Mario Grech (segretario generale del Sinodo dei Vescovi), la prof.ssa Anna Rowlands, padre Giacomo Costa (consultore della Segreteria generale del Sinodo), e monsignor Piero Coda (segretario generale della commissione teologica internazionale).

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Formazione del documento

I contenuti del Documento di lavoro per la Fase Continentale del Sinodo (DCS), intitolato “Allarga lo spazio della tua tenda”, guideranno ora la prossima fase del Sinodo sulla Sinodalità, che è stata prorogata fino al 2024.

Il documento stesso è stato compilato da un gruppo di “esperti”, teologi, laici e vescovi nel corso di alcuni giorni di settembre. Come riportato in precedenza da LifeSiteNews, questi “esperti” comprendevano un certo numero di individui che si oppongono alla Messa tradizionale e sostengono la contraccezione.

Il DCS è una sintesi dei numerosi rapporti presentati da 112 delle 114 Conferenze episcopali, insieme a 17 dei 23 dicasteri della Curia romana, e da tutte le Chiese cattoliche orientali.

Gli autori hanno osservato che il documento non è «un documento conclusivo, perché il processo è tutt’altro che concluso», né fa parte del «magistero della Chiesa, né è il resoconto di un’indagine sociologica». Invece, «rimane un documento teologico nel senso che è orientato al servizio della missione della Chiesa: annunciare Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo».

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Scrivendo che il sinodo ha finora prodotto “frutti abbondanti, nuovi semi che promettono nuova crescita”, il documento aggiunge che “non mancano chiare espressioni di rifiuto”, con “scetticismo circa l’effettiva efficacia o addirittura l’intento del sinodo processo” espresso anche nelle citazioni tratte dalle relazioni esaminate.

La Chiesa deve essere “più accogliente” per LGBT e “risposata” 

Il documento attingeva dalle varie relazioni diocesane per riferirsi a gruppi di persone che si sentivano “trascurate ed escluse”. Tra coloro che «sentono una tensione tra l’appartenenza alla Chiesa e l’esperienza delle proprie relazioni affettive», il documento elencava: 

  • divorziati risposati
  • genitori single
  • persone in matrimoni poligami
  • Persone LGBTQ, ecc.

“Tutti hanno bisogno di una Chiesa più accogliente”, si legge nel documento.

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Affrontando un tale aspetto, il cardinale Grech ha affermato durante la conferenza stampa che “in questo momento non stiamo prendendo alcuna posizione” quando gli è stato chiesto delle immagini pro-LGBT condivise dai social del sinodo. Invece, ha ripetuto che il sinodo è stato un processo per essere una “Chiesa in ascolto”.

Ruolo delle donne e ‘diaconato femminile’

Molta attenzione viene data al ruolo delle donne nel nuovo documento, compresi gli appelli all’ordinazione femminile.

Il documento affermava che vi era una duplice esigenza di attirare “gli uomini a un’appartenenza più attiva alla Chiesa e consentire alle donne di partecipare più pienamente a tutti i livelli della vita della Chiesa”.

Rivolgendosi ai media riuniti durante la conferenza stampa, Rowlands ha affermato che “la questione del diaconato per le donne è stata sollevata ripetutamente, attraverso molti, molti rapporti”. 

Rowlands è stato supportato dal testo del DCS, che ha osservato che molti hanno presentato rapporti:

[A]chiedere alla Chiesa di continuare il discernimento su una serie di questioni specifiche, vale a dire il ruolo attivo delle donne nelle strutture di governo degli organi ecclesiali, la possibilità per le donne con una formazione adeguata di predicare in ambito parrocchiale, il diaconato femminile. Molto più diverse si esprimono posizioni riguardo all’ordinazione sacerdotale delle donne, che alcune sintesi richiedono, mentre altre considerano chiusa la questione.

La Conferenza eterodossa per l’ordinazione delle donne ha  accolto con favore queste sezioni del DCS affermando di essere stata “incoraggiata” dalla promozione degli “appelli quasi universali per le donne al governo, le donne predicatrici e ‘un diaconato femminile'”.
Già Papa Giovanni Paolo II aveva condannato l’ordinazione sacerdotale, scrivendo nella Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis del 1994 : “Dichiaro che la Chiesa non ha alcuna autorità per conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne e che questo giudizio è definitivamente tenuto da tutti i fedeli della Chiesa. “ 

Il papa polacco ha anche citato la lettera di papa Paolo VI del 1975 all’arcivescovo anglicano di Canterbury, in cui l’ex pontefice scriveva che «l’esclusione delle donne dal sacerdozio è conforme al piano di Dio per la sua Chiesa».

Questioni di liturgia ed Eucaristia

È stato affrontato anche l’aspetto della liturgia della Chiesa, con il DCS che ha evidenziato come la liturgia possa essere collegata alla “situazione dei popoli indigeni. La loro spiritualità, saggezza e cultura hanno molto da insegnarci”.

Anche in questo aspetto si riflettevano rinnovati richiami a ruoli femminili nel ministero, con il documento in cui si affermava che le questioni sollevate nei vari rapporti spaziavano «dal ridisegno di una liturgia troppo centrata sul celebrante, alle modalità di partecipazione attiva dei laici , all’accesso delle donne ai ruoli ministeriali”.

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Inoltre, il DCS ha affermato che “molti rapporti fanno eco al dolore di non poter accedere ai sacramenti provato dai divorziati risposati e da coloro che hanno un matrimonio poligamo. Non c’è unanimità su come gestire queste situazioni”.

Evidenziando un rapporto degli Stati Uniti, il documento osservava anche che “molti si rammaricano per le restrizioni all’uso del Messale del 1962”. Questo aspetto, tuttavia, non è stato ampliato o affrontato ulteriormente. 

Sinodo una continuazione dell'”aggiornamento” del Vaticano II

Il Sinodo sulla sinodalità è già stato paragonato al Concilio Vaticano II e descritto dai commentatori come promotore di una “chiesa parallela”.

Tale descrizione è stata supportata dal testo del nuovo documento, in cui si rilevava che la “conversione e riforma” del sinodo “si traduce in una riforma altrettanto continua della Chiesa, delle sue strutture e del suo stile, sulla scia del desiderio di una permanente ‘ aggiornamento ‘, preziosa eredità del Concilio Vaticano II a cui siamo chiamati a rivolgerci nel suo 60° anniversario».

In un apparente abbandono dell’adesione alla dottrina o ai principi cattolici, il documento affermava, nel descrivere la via da seguire, che: 

Il messaggio del cammino sinodale è semplice: impariamo a camminare insieme ea sedere insieme per spezzare lo stesso pane, perché ognuno possa trovare il proprio posto. Tutti sono chiamati a prendere parte a questo cammino, nessuno è escluso. Questo è ciò che ci sentiamo chiamati a fare per annunciare in modo credibile il Vangelo di Gesù a tutti i popoli. Questa è la strada che cerchiamo di seguire per la tappa continentale. 

In quella che è una delle rare occasioni di descrizione della sinodalità stessa, il DCS delinea come il sinodo affronti le tante “tensioni” evidenziate durante l’evento: “[Una] spiritualità sinodale non può che essere quella che accoglie le differenze e favorisce l’armonia, e questo trae dalle tensioni l’energia per andare avanti”.

Prossime tappe del processo sinodale

Il sinodo è ancora in una “fase di ascolto”, ha affermato Anna Rowlands, e le fasi successive sono ancora una continuazione di questo “ascolto”. 

Tuttavia, il DCS invita la Chiesa ad avviare già un processo di cambiamento: «Tutte le istituzioni della Chiesa sono chiamate a interrogarsi su come integrare l’impulso sinodale nell’esercizio delle loro funzioni e missione, rinnovando le loro strutture e procedure o introducendone di nuovi”.

Dopo la pubblicazione del nuovo testo, i vescovi di tutto il mondo devono ora elaborare le proprie riflessioni locali sul documento. 

Successivamente si svolgeranno sette incontri continentali delle Conferenze episcopali, che si terranno in Africa, Oceania, Asia, Medio Oriente, America Latina, Europa e Nord America.

Una volta compilati tutti i documenti risultanti da questi incontri, essi costituiranno a loro volta la base del documento di lavoro ( Instrumentum laboris ) – finalizzato entro giugno 2023 – per il Sinodo dei Vescovi che si terrà in Vaticano dal 4 al 29 ottobre, 2023.

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Come per l’originale Documento Preparatorio, il DCS ha invitato le future tappe del Sinodo a riservare “un’attenzione particolare” anche ai “rappresentanti di altre religioni e tradizioni di fede; e di persone senza affiliazione religiosa”.

Commento, dal bòlog di Sabino Paciolla:

La via sessuale alla laicizzazione della Chiesa

di Mattia Spanò

Il discorso di papa Francesco ai seminaristi e sacerdoti romani in forma di dialogo ha destato curiosità nei media per il passaggio sull’uso che i consacrati farebbero della pornografia.

“E su questo c’è anche un’altra cosa, che voi conoscete bene: la pornografia digitale. Lo dico a chiare lettere. Non dirò: “Alzi la mano chi ha avuto almeno un’esperienza di questo”, non lo dirò. Ma ognuno di voi pensi se ha avuto l’esperienza o ha avuto la tentazione della pornografia nel digitale. È un vizio che ha tanta gente, tanti laici, tante laiche, e anche sacerdoti e suore. Il diavolo entra da lì. E non parlo soltanto della pornografia criminale come quella degli abusi dei bambini, dove tu vedi in vivo casi di abusi: questa è già degenerazione. Ma della pornografia un po’ “normale”. Cari fratelli, state attenti a questo. Il cuore puro, quello che riceve Gesù tutti i giorni, non può ricevere queste informazioni pornografiche. Che oggi sono all’ordine del giorno. E se dal tuo telefonino tu puoi cancellare questo, cancellalo, così non avrai la tentazione alla mano. E se non puoi cancellarlo, difenditi bene per non entrare in questo. Vi dico, è una cosa che indebolisce l’anima. Indebolisce l’anima. Il diavolo entra da lì: indebolisce il cuore sacerdotale. Scusatemi se scendo a questi dettagli sulla pornografia, ma c’è una realtà: una realtà che tocca i sacerdoti, i seminaristi, le suore, le anime consacrate. Avete capito? Va bene. Questo è importante”.

Non c’è dubbio che la pornografia, in larga parte normalizzata dalla cultura attuale, sia una piaga silenziosa ma terribile, che tocca molto nel profondo le vite delle persone. Ci sono però alcuni addentellati a questo brano del discorso del papa da richiamare.

Il riferimento en passant alla pedopornografia – non parla “soltanto” di quella, ma anche di quella “normale” – o allude ad una prassi misurabile e significativa nel clero, e allora è un fatto gravissimo, o è una possibilità residua e remota, e allora suona vagamente infamante.

La domanda posta al papa verteva sui social-media. Perché evocare il ricorso alla pornografia da parte di preti e, si intenda bene, anche suore andando fuori tema?

Un consacrato si dedica anima e corpo a Cristo anche attraverso il celibato, il nubilato e l’esercizio della castità, che è un sacrificio. Non solo: nel caso dei preti diocesani e missionari, spesso il sacerdote conduce una vita solitaria.

Il fatto che ceda a certe tentazioni è certamente grave, ma si può ben prevedere e comprendere: certe pulsioni diventano quasi ingovernabili in condizioni di solitudine particolari e protratte. Casomai occorre intervenire sulla solitudine, non sui suoi effetti.

Perché allora sottolineare pratiche onanistiche, peraltro andando fuori tema (la domanda verteva sui social media)? Il risalto che viene dato a preti che si spretano o si macchiano di orribili violenze sessuali conduce quasi sempre a formulare la soluzione: se i preti potessero sposarsi, queste brutte cose non accadrebbero.

Lo stesso si può dire della pornografia. Ciò è evidentemente falso, com’è falso pensare che l’abolizione del celibato ridurrebbe certe tendenze e atti. A causa di certe consonanze, io penso che l’obiettivo di questi accenti in materia sessuale – in definitiva, relazionale e affettiva – abbiano come scopo l’abolizione del celibato sacerdotale, e per estensione inclusiva il nubilato delle suore.

Qualche giorno fa il Cardinal Hollerich ha ribadito in un’intervista il suo punto di vista, tra le altre cose, sulle benedizioni simil-matrimonio alle coppie omosessuali. Facendo un illuminante inciso.

“Mi interesserebbe di più discutere di altri aspetti del problema. Per esempio: la crescita vistosa dell’orientamento omosessuale nella società da cosa è determinata? Oppure perché la percentuale di omosessuali nelle istituzioni ecclesiali è più alta che nella società civile”.

Come riporta Libero a La Croix, importante giornale cattolico francese, Hollerich dichiarò:

“Domandiamoci con franchezza se un sacerdote debba essere necessariamente celibe. Ho un’opinione molto alta del celibato, ma è essenziale? Ho sposato diaconi nella mia diocesi che esercitano il loro diaconato in modo meraviglioso, fanno omelie con cui toccano le persone molto più fortemente di noi che siamo celibi. Perché non avere anche sacerdoti sposati? E anche se un prete non può più vivere questa solitudine, dobbiamo poterlo capire, non condannare”.

Il solito giochino del fariseo e del pubblicano usato per squalificare l’oggettività del sacramento. Hollerich comprende certe cose, il papa ammonisce su certe altre. Confusione.

Mentre il Synodale Weg tedesco spinge fortissimo su questi temi, al Sinodo sulla Sinodalità sbarcano in queste ore coloro che si sentono esclusi dalla vita della Chiesa: poveri, indigeni, preti sposati, gay, donne, divorziati, vittime di abusi, preti “soli” (ancora). Anche qui, si mette il sentimento privato davanti al vincolo pubblico, garantendone il primato.

Quindi, da un lato la solitudine e il sentimento dell’esclusione vengono usati come grimaldello per “aprire” la Chiesa, nonostante non vi sia letteralmente nulla che impedisca a nessuno di costoro di far parte della Chiesa come semplici fedeli. Dall’altro, il papa stigmatizza comportamenti tipici della solitudine come il ricorso alla pornografia.

Perché discriminare un seminarista o un prete pornofilo? Perché la solitudine dei presbiteri è usata per scopi politici in alcuni casi, e diventa irrilevante e peccaminosa in altri, ad esempio quando ricorrono a mezzucci infelici per placare pulsioni umanissime? Perché si continuano a vellicare le “fragilità umane” in chiave ideologica, mentre le stesse “fragilità” o altre “fragilità” del tutto simili o perfino meno gravi – come fare omelie noiose o pavoneggiarsi – vengono misericordiosamente bastonate?

Perché il sacerdozio interessa tanto? L’uso della pornografia è davvero un problema talmente degno di nota da essere richiamato dal papa? Perché tutto questo gigioneggiare intorno a questioni inerenti il sesso e l’affettività? Sono davvero così centrali nella vita cristiana? E se sì, lo sono nel senso predicato dalla Chiesa attuale?

Mi sembra evidente, anche da alcuni documenti che cominciano a trapelare e che abbiamo segnalato, che la maggior parte di queste dotte e utili riflessioni siano espedienti capziosi per affermare certe nuove “verità” di fede, e soprattutto le loro ricadute istituzionali. Servono non a dare voce, ma potere a chi è titolare di anticorpi naturali – chiamiamoli così – all’istituzione. Se non esistono limiti e paletti – tranne rimbrottare chi dovrebbe vivere una certa vita, magari cadendo e peccando infinite volte – non esiste istituzione possibile.

Certo Dio benedice chi si vuole bene, ma ha la pretesa di stabilire come ci si debba voler bene e abbia ordinato la natura in tale direzione senza però, e qui sta il punto focale, impedire la libertà umana su questioni attinenti bisogni strutturali – che riguardano l’amore, non il sesso.

Fuori dai denti: si vuole laicizzare la Chiesa tramite attacchi spudorati non tanto al celibato, quanto all’idea stessa di sacramento e di consacrazione. Mettendo nel mirino, magari, la Consacrazione Eucaristica: se non ho ministri validi ed effettivi, non c’è transustanziazione. Se un diacono predica meglio di un prete, non si vede perché non debba consacrare meglio – come se fosse questione di meglio o peggio, appunto.

La “teologia del corpo” di Giovanni Paolo II, nei suoi aspetti di “dono da persona a persona” e di “redenzione del corpo”, ha fondamenta saldamente eucaristiche. E quando si parla troppo di sottrarre i corpi e le relazioni fra i corpi all’ordine naturale e istituzionale, secondo la lezione di Foucault sul biopotere, è perché si intende consegnarli ad altre forme di controllo. Ad esempio, genetico e sanitario. O anche soltanto corpo-merce.

Garabandal avvisava: un Sinodo prima della tribolazione, gli eventi futuri

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“Il Mio Cuore Immacolato trionferà”