di Thierry Meyssan
Molti giornalisti fingono di non capire cosa sta accadendo a Washington. Secondo loro, Elon Musk e Donald Trump stanno accaparrandosi ciò che possono dello Stato federale senza mettere mano alle sue strutture. La realtà è ben diversa: il presidente Trump sta cercando di smantellare l’imperialismo degli Stati Uniti. Vuole demolire le agenzie, clandestine e pubbliche, che con vari pretesti finanziano legalmente chi ricorre a rivoluzioni colorate e colpi di Stato.
Rete Voltaire | Parigi (Francia) |
Il presidente Donald Trump aveva fatto dello smantellamento dell’“impero americano” l’obiettivo del suo primo mandato. Aveva nominato il generale Michael Flynn consigliere per la sicurezza nazionale [1] e aveva immediatamente abolito i seggi permanenti del direttore della Cia e del presidente del comitato congiunto dei capi di stato-maggiore nel Consiglio di sicurezza nazionale [2]. Non gli andò bene: gli imperialisti americani si allearono con i Democratici, lo costrinsero a licenziare il generale Flynn nel giro di due settimane e poi lanciarono operazioni denigratorie di ogni tipo, comprese due procedure di destituzione (impeachment), per accusarlo di essere al soldo della Russia.
Trump ha quindi intrapreso il secondo mandato forte della precedente esperienza e con il medesimo obiettivo: smantellare l’“impero americano”. Questa volta ha affrontato la sostanza del suo programma solo nel discorso di Riyad del 13 maggio. Dopo aver ricordato l’allocuzione di otto anni fa, pronunciata nella stessa sala, in cui ingiunse agli Stati mussulmani di smettere di sostenere le organizzazioni terroriste [3], ha esortato a sostituire il commercio alla guerra. Ha denunciato gli «edificatori di nazioni», i «neoconservatori», le «Ong liberali» e «altri interventisti che hanno la pretesa di riformare società complesse che non capiscono» ma elogiato la vitalità dei popoli del Medio Oriente Allargato.
Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato: «Come ho dimostrato più volte, sono pronto a porre fine ai conflitti del passato e a stringere nuove partnership per un mondo migliore e più stabile, lasciando da parte le nostre divergenze, per quanto profonde siano.» «In questi anni troppi presidenti degli Stati Uniti sono stati assillati dall’idea che è nostro dovere indagare le coscienze di leader stranieri e usare la politica degli Stati Uniti per fare giustizia dei loro peccati.» «Se le nazioni protagoniste in questa regione sapranno cogliere questa opportunità, sapranno accantonare le differenze e concentrarsi sui comuni interessi, allora presto l’umanità intera si stupirà di quel che accade qui, in questo centro geografico del mondo, cuore spirituale delle più grandi religioni.»
Ma è lontano dalle telecamere, cioè nei tribunali, che il presidente Trump deve combattere per smantellare gli organi dell’imperialismo. Questo succede al Dipartimento per l’efficienza del governo (DOGE) che ha rapidamente licenziato i funzionari dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID), ma soprattutto quelli dell’US Institute for Peace (USIP) e del National Endowment for Democracy (NED), ma non riesce a ripulire il molto poco trasparente Internal Revenue Service (IRS, agenzia governativa deputata alla riscossione dei tributi).
Elon Musk ha ricevuto l’incarico di svelare al pubblico come l’USAID non sia l’agenzia di aiuti umanitari che afferma di essere, ma un’«organizzazione criminale» (sic). Musk ha rivelato l’esistenza di 200 milioni di spese all’estero discutibili, tra cui 1,5 milioni di dollari elargiti ai media dell’opposizione cubana, 2 milioni di dollari a un fumetto transgender in Perù, 2,1 milioni di dollari alla BBC in Libia, 8 milioni di dollari per l’acquisto di abbonamenti a Politico Pro, 10 milioni di dollari per rifornimenti alimentari a gruppi terroristici finanziati da Al Qaeda, 15,4 milioni di dollari ad associazioni LGBTQI+, 20 milioni di dollari per produrre una versione irachena di Sesame Street, 75 milioni di dollari per programmi a tutela della diversità, equità e inclusione; nonché la destinazione di 150 milioni di dollari per costruire «un mondo equo con zero emissioni nette di gas serra» entro il 2030.
La senatrice Repubblicana Joni Enrst (Iowa) ha a sua volta rivelato al Congresso i versamenti in Ucraina della cosiddetta agenzia umanitaria USAID: 1 milione di dollari a un’azienda di tappeti, 300.000 dollari all’Ukraine Pet Alliance, che commercializza collari per cani, 148.000 dollari a un’azienda produttrice di cetriolini sottaceto, 319.000 dollari a un’azienda di confezionamento di carni, infine 89.000 dollari a un viticoltore.
Sono esempi scioccanti, ma non sono casi di corruzione, bensì, fatto ancor più sconvolgente, coperture di operazioni segrete.
A seguito di una denuncia di Democracy Forward e del Public Citizen Litigation Group, presentata per conto dei sindacati American Foreign Service Association e American Federation of Government Employees, il giudice federale di Columbia, Carl Nichols, ha sospeso l’imminente congedo forzato di 2.200 dipendenti dell’USAID. Ha inoltre ordinato il reintegro temporaneo di 500 dipendenti dell’agenzia già allontanati.
Le reazioni statunitensi e internazionali al tentativo dell’amministrazione Trump di tagliare i bilanci dell’USAID sono state coordinate da Nina Jankowicz, ex responsabile della censura nell’amministrazione Biden, attualmente residente a Londra. Secondo Musk, il lavoro di Jankowicz è stato finanziato dall’USAID; l’interessata nega.
I sostenitori di Trump hanno sottolineato che l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), che ha fornito le false informazioni utilizzate per avviare la procedura di destituzione del presidente Trump durante il suo primo mandato (Ucrainagate), è un’emanazione dell’USAID. Mediapart (Francia), Drop Site News e Reasonator (Stati Uniti), Il Fatto Quotidiano (Italia), Reporters United (Grecia) non erano che media di paglia, utilizzati, forse a loro insaputa, dall’USAID per diffondere le “informazioni” che la Cia voleva rendere pubbliche.
USIP e NED non possono invece essere sciolte. Sono due agenzie concepite dal presidente Ronald Reagan come facciata di copertura delle azioni della Cia. Quindi non fanno capo alla Casa Bianca, ma sono entità giuridiche autonome, sebbene i loro bilanci siano votati dal Congresso all’interno dei capitoli dei dipartimenti della Difesa e di Stato. Sono costituite da fondi di capitale di rischio pretestuosamente dedicati al consolidamento della democrazia. Così come la Nato fu ufficialmente creata per combattere il comunismo – anche se il suo primo segretario generale, lord Ismay, ammise di avere un obiettivo completamente diverso – USIP e NED furono ufficialmente create per distribuire risorse a chi difendeva la democrazia contro il comunismo. Ma Nato, USIP e NED non furono sciolte con la fine dell’Urss. Oggi l’alleanza militare e i due fondi di capitale di rischio non sono altro che organi dell’imperialismo anglosassone. Per questa ragione la Nato ha un governo bicefalo (Stati Uniti e Regno Unito), mentre USIP e NED sono state incorporate nell’alleanza dei servizi segreti anglosassoni, i Cinque Occhi (Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Regno Unito).
Dopo il licenziamento, la stragrande maggioranza dei loro dipendenti ha ottenuto il reintegro attraverso i tribunali. La riforma avviata dal DOGE è stata ritenuta illegale e annullata dai tribunali. L’ambizione del presidente Trump era quella di sbarazzarne il mondo, ma né la Casa Bianca né i dipartimenti della Difesa e di Stato hanno l’autorità di sciogliere questi organismi, a prescindere dalla natura delle loro azioni.
Tuttavia è ormai accertato che USIP e NED hanno usato i fondi federali stanziati dal Congresso per interferire non solo nella vita politica di Stati stranieri, ma anche in quella degli Stati Uniti. Per esempio, questi fondi di capitale di rischio hanno contribuito alla creazione del Digital Forensic Research Laboratory (DFRLab), che ha censurato gli statunitensi che denunciavano i brogli delle elezioni presidenziali del 2020. Hanno anche finanziato un’associazione britannica, il Global Disinformation Index, che ha lanciato una campagna mondiale per tagliare le entrate pubblicitarie dei media che combattono l’imperialismo americano, in particolare i media trumpisti statunitensi.
Il DOGE ha anche tentato d’insinuarsi nel già citato Internal Revenue Service (IRS), un’amministrazione sottoposta, dal punto di vista strutturale, all’autorità del dipartimento del Tesoro. Gli incaricati della Casa Bianca avrebbero quindi potuto entrare e sequestrare i file dei pagamenti a politici stranieri: l’“impero americano” ricorre a capi di Stato, ministri, deputati e altri leader politici in tutto il mondo perché difendano gli interessi imperialistici prima di quelli dei rispettivi Paesi. In questa lista ci sono almeno 20 funzionari francesi. I loro compensi ammontano ad almeno 7.500 euro. Sorpresa: in un primo momento un magistrato ha negato al DOGE l’accesso, con la motivazione che il file conteneva anche informazioni riservate su cittadini statunitensi. Il DOGE ha in seguito ottenuto il permesso di consultare il file per uno solo dei suoi membri, che non ha potuto copiarlo, ma solo prendere appunti a matita. Dovremo aspettare ancora un po’ per scoprire chi sono i traditori dei Paesi alleati.
Esistono anche altre strutture opache dell’Impero americano, per esempio l’U.S. African Development Foundation, che ha sede a poche decine di metri dalla Casa Bianca. È un’organizzazione indipendente, ma vive esclusivamente di fondi federali. Quando il DOGE ha cercato di entrare, un servizio di sicurezza privato ve lo ha dissuaso, armi in pugno.
L’opposizione imperialista alla rivoluzione di Trump ha altre carte da giocare: sta trascinando le decisioni presidenziali fino alle prossime elezioni di medio termine, nella speranza che i trumpisti le perdano. Nel frattempo sta creando nuove strutture che subentreranno quando l’attuale Congresso non voterà più il finanziamento alle attuali.
Thierry Meyssa