Educare alla sessualità: compito del cattolico – L’ATTUALITÀ DELL’HUMANAE VITAE

Alessia Battini – dal blog di Sabino Paciolla

C’è ancora tanto scalpore riguardo i fatti di cronaca dell’ultimo periodo, forse troppo. Non possiamo, infatti, stupirci del punto a cui siamo arrivati oggi: viviamo in una società che è il frutto della rivoluzione sessuale sessantottina, basata su un’ideologia che ha preteso di cancellare ogni valore, convincendoci di essere liberi quando invece siamo solo schiavi di menzogne che ci vengono propinate ogni giorno.

Se si considerano come possibili rimedi l’intervento di un attore porno in televisione e l’inserimento di un programma di educazione sessuale nelle scuole, abbiamo veramente toccato il fondo. È inutile continuare a insistere su una strada che ha già dimostrato in più occasioni di starci conducendo nella direzione sbagliata, parlando di sesso senza responsabilità né conseguenze ai giovani, normalizzando qualsiasi devianza, tra cui di recente anche la pedofilia tramite la graduale sessualizzazione dei bambini (questo il documento dell’OMS), insistendo a condannare i ragazzi come misogini responsabili di tutti i mali del mondo mentre si spingono le ragazze a vendere le proprie foto e i propri video sessualmente espliciti, rendendosi degli oggetti agli occhi maschili e contribuendo a far riconoscere tutte noi, nessuna esclusa, come tali.

Personalmente mi risulta difficile trovare le fondamenta per un’educazione a una sessualità sana che non siano legate alla fede cattolica: per questo ritengo che bisognerebbe parlarne soprattutto in chiesa.

Il sesso non è un argomento vietato, lo ha confermato anche Papa Paolo VI con la sua enciclica Humanae Vitae. È proprio su questo bellissimo testo che mi voglio soffermare, che è di una semplicità assoluta e che, in poche pagine, racchiude il significato cattolico (e non solo) dell’amore.

Il Pontefice ha deciso di occuparsi di un tema molto attuale all’epoca e ancora oggi, ovvero la contraccezione. Paolo VI all’inizio descrive il rapporto sessuale come “una reciproca donazione personale attraverso la quale gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite”, se a voi questa sembra una visione sorpassata e retrograda a me sembra invece meravigliosamente attuale.

Questo atto d’amore è un atto della volontà libera, totale, fedele ed esclusivo fino alla morte, ed infine un atto d’amore fecondo. I coniugi sono posti entrambi sullo stesso piano, ci tengo a specificarlo per chi ritiene che questa visione della sessualità umili la donna che diventerebbe un’isterica repressa, ed esalti l’uomo che nel frattempo può spassarsela come vuole: entrambi devono rispettarsi.

È piuttosto l’opinione attuale che si ha del sesso che tende ad oggettificare la donna: “se l’uomo si abitua alle pratiche anticoncezionali, finisce per perdere il rispetto della donna e arriva a considerarla come un semplice strumento di godimento egoistico, non più come la sua compagna rispettata e amata”. Oggi siamo arrivati a un punto in cui tutti, uomini e donne, veniamo usati come strumenti di godimento, senza che si crei alcun legame: tutto si svolge al solo scopo di soddisfare un piacere fisico, una soddisfazione però solo apparente e temporanea, poiché ciò che rende il rapporto soddisfacente è proprio la condivisione, totale e senza riserve, di un sentimento che sta alla base di un vincolo tra i due. Anche l’esistenza di una relazione non è un vincolo sufficiente, poiché in questo caso il proprio amore si manifesta e si conferma con l’intimità che si crea al di là del corpo, tramite l’unione delle proprie vite, dei propri progetti e del proprio percorso di fede, non aspettandosi dall’altra persona la mera soddisfazione dei propri impulsi, senza che sia stata sancita alcuna promessa di vicinanza, aiuto e rispetto reciproci “finché morte non ci separi”, come avviene nel matrimonio.

Ci hanno convinti che, grazie alla contraccezione, non si corrono più rischi di gravidanze indesiderate e di conseguenza non dobbiamo più porre limiti alla promiscuità. Chi ritiene però che grazie alla contraccezione non ci sia più necessità di ricorrere all’aborto sbaglia: non sempre i contraccettivi sono efficaci, lo dimostra l’indice di Pearl, e nel margine di errore capita che un bambino venga brutalmente ucciso; inoltre, alcuni mezzi indicati come “contraccettivi”, come la spirale ormonale, funzionano in realtà con un meccanismo abortivo, poiché non impediscono che l’ovulo venga fecondato, ma che la blastocisti si impianti alla parete uterina provocando quindi la sua espulsione. Dunque, chi pensa di combattere l’aborto distribuendo pillole anticoncezionali o preservativi otterrà l’effetto contrario, perché solo un insegnamento approfondito sulla responsabilità che ci si assume, sui rischi che si corrono e sull’importanza dell’astensione e della castità potrà davvero fare la differenza.

Una donna che, quando si ritrova un test di gravidanza positivo, si rende conto di non essere nelle condizioni idonee a crescere un bambino, sapeva benissimo dall’inizio come evitare di finire in quella situazione; un uomo che pensa di non essere pronto a fare il padre, basta che eviti di diventarlo. È anche questo uno dei significati dell’astensione prematrimoniale: una donna che rimane incinta quando è sposata, con un marito al suo fianco che può provvedere a lei e alla loro famiglia, perché dovrebbe ricorrere all’aborto? Allo stesso modo, un uomo che decide di sposarsi e di creare una famiglia, perché dovrebbe spaventarsi quando scopre che sua moglie aspetta un bambino? Ovviamente, questa convinzione presuppone anche una certa idea di matrimonio, che non è certo la semplice firma di un documento in comune, ma un sacramento di edificazione volto alla creazione di una famiglia.

I rischi della libertà sessuale senza freni poi, vanno ben oltre la gravidanza: si possono contrarre malattie sessualmente trasmissibili, anche con l’utilizzo del preservativo che può rompersi o sfilarsi e che per alcune malattie, come l’HIV, non garantisce il 100% di efficacia, inoltre può causare lo sviluppo di una dipendenza che viene poi sfogata anche attraverso la masturbazione e la pornografia, creando una visione deviata del rapporto di coppia soprattutto tra i più giovani, infine sta instaurando una mentalità diffusa che sdogana la vendita del proprio corpo come fosse un oggetto.

Comunque, tornando all’enciclica, Paolo VI precisa che il rapporto coniugale ha due significati: unitivo e procreativo. Il primo permette agli sposi di solidificare ed esprimere il loro amore, il secondo permette di generare altre vite. Ovviamente, la Chiesa sa che una coppia, per motivi famigliari, economici o di qualsiasi altro tipo, può decidere di interrompere temporaneamente o definitivamente la nascita di nuovi bambini. Ecco che entrano in gioco i metodi di controllo naturale della fertilità, questi sconosciuti, che dovrebbero essere insegnati ai gruppi di ragazzi più maturi nelle parrocchie, o durante i corsi prematrimoniali che ormai non si svolgono neanche più. È fondamentale imparare a riconoscere quelli che il Pontefice chiama “ritmi naturali immanenti alle funzioni generative” stabiliti da Dio, che ha fatto sì che nella donna si alternassero dei periodi di fertilità e di infertilità, riconoscibili con tecniche differenti. Seguire questi ritmi permette agli sposi di non venire meno ai due significati del rapporto poiché “dispongono legittimamente di una disposizione naturale, a differenza della contraccezione, tramite la quale viene impedito lo svolgimento dei processi naturali”. Inoltre, il ricorso al controllo della fertilità, impone ai coniugi di astenersi nei periodi fecondi, e durante i presunti periodi infecondi non consente di avere la certezza assoluta di non correre rischi, perciò si devono comunque affidare ad altra Volontà.

Secondo Paolo VI è necessario creare un clima favorevole all’educazione alla castità e si rivolge in particolare ai sacerdoti, ai quali riconosce come primo compito quello di esporre senza ambiguità l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio. Ai vescovi invece dice: “lavorate con ardore e senza sosta alla salvaguardia e alla santità del matrimonio (…). Considerate questa missione come una delle vostre più urgenti responsabilità nel tempo presente.”

A mio parere non c’è un altro modo così completo, chiaro e semplice di spiegare e affrontare questo aspetto della vita.

Parlare di castità oggi spaventa tutti, i cattolici per primi, ancora di più se si parla di continenza, eppure ci sono persone a cui è richiesto questo sacrificio, come gli omosessuali, i celibi, le nubili e i divorziati, che sicuramente non è facile da affrontare, ma che gli permetterà di vivere una vita piena in comunione con Cristo, invece di cedere agli impulsi e ai desideri terreni che non ci possono dare una vera e completa soddisfazione. Causa molto più dolore tentare di convincere queste stesse persone che le regole morali cattoliche sono superate, obsolete, esagerate, piuttosto che aiutarli a riconoscere la verità.

Invito tutti quindi, a seguire quanto viene indicato nell’enciclica: “il Redentore” dice Papa Paolo VI “ci ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare ma per salvare, Egli fu certo intransigente con il male, ma paziente e misericordioso verso i peccatori.”

Ed è questo che dobbiamo ricominciare a fare tutti noi, appartenenti al popolo di Dio, a prescindere dalle voci che arrivano dal Vaticano o dalla CEI. Perseverare, odiando il peccato e amando il peccatore e, proprio perché lo amiamo, aiutarlo a riconoscere l’errore e a superarlo: dobbiamo continuare a farlo per gli altri, pregando che ci sia sempre qualcuno disposto a farlo per noi.