Casi di incomprensione “culturale”

L’infermiera romana uccisa coltellate dall’ex amante marocchino viveva con la madre ultranovantenne non autosufficiente di cui si prendeva cura, e i suoi due figli, il più grande appena maggiorenne, che quasi certamente dipendevano da lei – Cosa sarà di queste vite adesso, non so. L’omicidio ha colpito più che una persona ed ha provocato una distruzione sociale più devastante.

La poveretta si presentava, negli inevitabili social, come ”donna liberata” e praticante, secondo la cultura di massa egemone nell’Italia ridotta queste bassure, del “sesso facile”. Convinta che questo costume sia universalmente condiviso nel mondo, s’è data ai rapporti carnali col marocchino più giovane; ignara che nel magrebh non esiste sesso “facile”; il sesso è raro e difficile, un evento centrale della vita altamente sconvolgente, e nel maschio “sesso” è indistinguibile da “possesso”. Possesso della donna alla cui carne si è unito; ed è inimmaginabile lo spregio rabbioso per la donna che – cosa nemmeno in quelle culture – dà la sua vulva a questo e a quello; la categoria di “traditrice “ e “puttana” non basta a descriverlo, perché vi si uniscono inestricabilmente l’idea di impurità, spazzatura sporcizia, totale perdita di valore; non più “qualcuno” ma qualcosa che non solo è diritto, è persino dovere eliminare.

Ora, dato che la Totolo enumera che 7 femminicidi su 8 sono stati commessi da magrebini nell’ultimo mese, parrebbe urgente avvertire le “donne liberate” italiote e ignoranti di etnologia, dei rischi mortali che corrono dandola a nordafricani per i quali “sesso facile” non esiste. Che nelle foto social si presentassero, invece che bramose di sesso, con un foulard sui capelli. Ma da chi queste donne sarebbero disposte a cogliere l’avvertimento? Da quale “autorità”, ora che tutte le autorità sono state svalutate e derise? Sono parole al vento in un paese dove già le dodicenni vengono stuprate in gruppo da sedicenni, e dove i sedicenni a Napoli sono muniti di pistola e uccidono per nulla. Aspettiamo il prossimo femminicidio.

Salutiamolo, con la Chiesa di Bergoglio, come un “segno dei tempi” benefico. Un piccolo prezzo da pagare per “l’accoglienza” e la” “non discriminazione”.