Ma allora si può osare di “stare con Putin”?

“L’Italia   può andare fiera di Renzi, dico sul serio”: così Vladimir Putin al Forum di San Pietroburgo.  Vero  che è la Russia che può andar fiera di Putin.  Isolata, la Russia? Al Forum di San Pietroburgo   ci sono 10 mila partecipanti di 130 paesi; 1500 uomini d’affari e imprenditori da 62 paesi; è arrivato Juncker (speriamo sobrio) per a detta sua “costruire ponti”  (ma la UE ha rinnovato le sanzioni), c’è Ban Ki Moon, c’è Sarkozy, ci sono i paesi BRICS e dello SCO.  Washington ha dovuto consentire (chissà quali pressioni ha ricevuto dal business) alle imprese americane che hanno affari in Russia di partecipare al Forum. E pensare che nel 2014,   su ordine di Washington, nessuna c’era andata;  nel 2015 hanno  disobbedito agli ordini giganti come Boeing, Intel, Exxon,  che l’ambasciatore americano in Ucraina, Geffrey Pyatt,  minacciò invano di “conseguenze economiche e reputazionali”.  Lo stesso si dica per i media: nel 2014,  praticamente solo media cinesi e indiani; oggi, 2 mila giornalisti accreditati, fra cui il ritorno del Wall Street Journal e del Tedesco Handelsblatt.

Dato a Vladimir ciò che è di Vladimir, bisogna tuttavia riconoscere che Renzi ha preso notevoli iniziative nei (limitati) margini di autonomia consentiti dalla Superpotenza,  NATO e UE (dove già Varsavia e i Baltici hanno espresso irritazione per la visita di Juncker). E’ stato il solo capo di governo europeo presente – e ovviamente i russi hanno suonato la grancassa su questo fatto, dando all’Italia lo status speciale di “guest country” nel Forum, il che è quasi una sfida.  Poi Renzi, benché non abbia posto il veto all’ultimo rinnovo della sanzioni anti-russe (troppo coraggio)  ha preso però un impegno pubblico   e politico: “La posizione dell’Italia è”  che “ le sanzioni non si rinnovano in modo automatico, come ordinaria amministrazione…  L’Italia solleciterà gli altri Paesi ad analizzare lo stato dell’arte dell’accordo di Minsk prima di decidere, “cioè che ci sia la constatazione di chi ha fatto cosa e in che tempi”:  precisazione  audace, perché  l’Occidente fino ad oggi non ha visto le violazioni dell’accordo di Minsk perpetrate dal regime di Kiev e dai suoi miliziani,  mentre accusa i russi di violare gli accordi, che invece Mosca rispetta.

Non mi pare pochissimo, data la nostra condizione servile.  Quanto ai successi economici della missione in Russia, il miliardo e più di contratti che s’è aggiudicano e di cui Renzi soprattutto si vanterà, mettiamolo in proporzione: le nostre imprese attive in Russia sono  meno di 500. Quelle tedesche sono 6 mila, le francesi tremila. Persino il Belgio ci supera, con 1500  imprese.  Quindi   ne abbiamo di strada da fare, per pareggiare. Ma come si vede, lorsignori europei le sanzioni le scavalcano senza dirlo, anzi mantenendole nei consessi europei;   l’Italia ha posto la questione politica, il che è insolito e persino ardito.

Basta pensare che dagli Usa il Dipartimento di Stato ha fatto sapere che nessun rappresentante dell’Amministrazione di nessun livello, sarebbe stato presente al Forum; e che ieri 51  diplomatici e funzionari americani  del Dipartimento di Stato hanno protestato apertamente per la politica  di Obama in Siria, secondo loro troppo molle, invocando un intervento armato  diretto  contro il governo di Damasco per rovesciare Assad,  nonostante  sia protetto dalla forze armate russe. Un evento  inaudito   di cui non si capiscono del tutto i contorni:   paranoia? Colpi di coda neocon? Rabbia folle perché l’ISIS, il gruppo terroristico che gli Usa hanno formato e nutrito, subisce sconfitte decisive? Certo è che il clima non va’ nel senso della normalizzazione delle relazioni, né della cordialità mostrata da Renzi. Il quale, al Forum, ha anche detto che il termine “guerra fredda” non ha posto nel ventunesimo secolo.

Vedremo. Se non interverrà nei prossimi giorni un assassino solitario (magari  dell’ISIS) a punire il colpevole di lesa Superpotenza,    potremo – ci piaccia o no – registrare  tutto questo come un successo di Renzi in politica estera, e una certa prova di autonomia.

Sì, lo so che queste mie frasi  procureranno le coliche ad alcuni lettori che amano odiare il Parolaio, e    sognano di  farla finita con lui.  Invito a considerare solo questo: chi andrebbe al suo posto?  Bersani, Monti, D’Alema? Ancor più servilismo verso i poteri transnazionali. E poi?  Massimo D’Alema è quel maggiorente che giorni fa ha detto: pur di abbattere Renzi, a Roma voto e faccio votare la Raggi (5 Stelle). Ora, signori, questa  è l’opposizione interna a Renzi. D’Alema non ha alcun progetto diverso da quello  da offrire al Paese; di progetti alternativi da presentare all’elettorato non gliene infischia un piffero;  per lui, “far politica” significa  dare qualche pugnalata alle spalle – e non ai nemici, ma agli “amici”. L’ha fatto con Prodi, lo rifà con Renzi. Dietro le spalle, non a viso aperto (ha smentito di aver detto quello che ha detto, sul votare la Raggi).  Questa è la gente che prenderebbe il posto del Parolaio;  ammetto che ogni volta che penso a D’Alema e Bersani,   non  posso che esser grato al loro Rottamatore.

Siamo  a questo.  Aggiungo  un  commento  in cui un mio lettore  ha risposto qualche giorno fa (il tema era il mio pezzo contro la magistratura) ad un altro, che sosteneva invece che di magistrati   sono i controllori della legalità, e solito bla bla.

 

“Non riesco a capacitarmi del perché così tanta gente altrimenti ragionevole fatichi a guardare alla luna oltre il dito – risponde il lettore PClaudio:  “O meglio, lo capisco eccome: decenni di propaganda e indottrinamento da parte delle caste producono questi risultati. Eppure Blondet è stato efficacissimo nel centrare il punto: Renzi è solo uno dei tanti e passeggeri inquilini di Palazzo Chigi. Piaccia o meno, durerà una stagione. I privilegi di caste parassitarie come la magistratura, invece, permangono ed anzi si ingigantiscono incontrastati da settant’anni. L’unico modo per opporvisi è demolire una impalcatura costituzionale fatta apposta per riunire quante più persone possibile nell’esercizio di un potere puramente ostativo e di privilegi borbonici a spese della collettività, cui invece vengono dati in pasto i bei principi (disattesi) pomposamente enunciati dalla costituzione stessa.

“Cosa Renzi voglia dalla riforma della costituzione è ovvio: la libertà di governare. E’ la stessa cosa che voleva Berlusconi, e che volevano le decine di altri premier “primus inter pares” prima di loro. La cosa potrà anche non piacere, per carità, ma francamente può scandalizzare solo in Italia, dove il non governo è diventato una virtù grazie all’inversione morale diffusa dalle caste dei privilegi acquisiti. Poiché sull’incapacità di decidere e di individuare responsabilità univoche si regge l’intera baracca del parassitismo statale italiano, è ovvio che tutte le caste, da quelle di magistrati e parlamentari giù, sino ai più infimi dipendenti pubblici, bercino di “rischio di regime” non appena un qualunque premier prova a toccare la “sacra” carta. Ma per favore. Non ho ancora trovato nessuno che mi spieghi di preciso, vaghi complottismi a parte, dove starebbe il rischio di regime nella riforma costituzionale di Renzi. Riforma che intendiamoci: come scrive Blondet, è peggio che mediocre; ma almeno, se approvata, avrebbe un ENORME merito: dimostrare a qualunque cittadino servo di questo stato ladro e tiranno che il sistema può essere mutato. L’unica alternativa possibile, se anche questo tentativo di riforma fallisse, sarebbe l’emigrazione di massa, o la rassegnazione collettiva ad essere privati della propria dignità di individui liberi. Mi spiego? La posta in gioco non è certo una legge elettorale più o meno favorevole a Renzi. E’ qualcosa di molto più grande. E duole che lo stato abbia educato alla servitù al punto che la maggior parte del popolo bue non se
ne rende nemmeno conto”.

Grazie, lettore. Questo è il tema: la lotta di classe tra oligarchie sfruttatrici, inamovibili, inadempienti, e gli sfruttati.  Che siamo quelli che gli  pagano gli stipendi, e gli sprechi, e le inadempienze.  Non ci distraiamo.