VERITA’ CRISTIANA E PERENNIALISMO di Luigi Copertino – seconda parte

VERITA’ CRISTIANA E PERENNIALISMO

seconda parte

 

SILVANO PANUNZIO

La mancata attenzione alla distinzione tra la gnosi pura e la gnosi spuria ha portato insigni pensatori e probi, ottimi, cristiani a porre, talvolta, il piede in fallo. Nei secoli patristici capitò persino ad un Origene per la sua dottrina, di evidente ma non purificata derivazione platonica, sulla pre-esistenza della anime che postula implicitamente la concezione della caduta frammentaria dello Spirito nella materia. In tempi più recenti è capitato, ad esempio, a Silvano Panunzio quando, in alcuni passaggi delle sue opere, cede palesemente all’idea gnostica della svalutazione della creazione quale “caduta ontologica” dello Spirito nella materia (4).

Il cedimento di Silvano Panunzio trapela, ad esempio, laddove egli, ironizzando sulla “puerilità” dell’esegesi letteralista del Genesi, scrive: «Tutto il nostro discorso sacro prende le mosse dalla storia (o telenovela?) della caduta di Adamo a causa dell’insidia del serpente e della mela offerta alla signorina Eva non ancora signora! Se le cose stanno così, e fossero avvenuta seimila anni fa, … (si) avrebbe ben ragione di sorridere. Cerchiamo allora di rimettere in piedi la questione alla luce del Simbolismo universale e della Metafisica dell’Oriente asiatico, ivi inclusi Egitto ed Israele. Che s’intende per Adàm? L’Uomo Universale, ovvero la più completa proiezione di Dio oltre il cosmo fisico. Questa Manifestazione dell’Essere, una volta evolvendosi nel Cosmo, giungerà prima a sdoppiarsi in Eva (la “Vita”) e quindi a moltiplicarsi in modi di essere sempre decrescenti. Il Serpente simboleggia, appunto, con la sua spirale, l’evoluzione cosmica discendente. E la mela? L’intellettualismo rabbinico lo spiega: la mela è tonda come la Terra, la mela dunque è la Terra offerta ad Eva che la preferirà al Cielo, origine di Adamo. Il resto è chiaro ed è noto. Ma il processo per intero si è svolto in miliardi di anni» (5).

Tuttavia il Genesi non parla affatto di “mela” ma del “frutto dell’Albero della Conoscenza”. L’identificazione di tale frutto con una mela è posticcia. Il frutto – questo ha dimenticato Silvano Panunzio –, in quanto proposto come un invito a scoprire la propria presunta “auto-deità” (“eritis sicut Dei”), simboleggia la gnosi spuria che il Serpente, l’Ourobouros, offre alla donna e che costituisce la perdizione per l’umanità. Panunzio, invece, accedendo all’esegesi dell’evoluzione discendente dell’Adam Kadmon inteso quale primordiale Unità che si degrada e frantuma nelle spire ofidiche mediante Eva/Vita apre incautamente ed inavvertitamente all’esegesi propugnata, contro la Rivelazione, dalla gnosi spuria, il cui padre è l’Omicida della Tentazione primordiale.

HELENA PETROVNA BLAVATSKIJ

Non a caso la stessa esegesi, fatta incautamente propria da Silvano Panunzio, è propugnata da Helena Petrovna Blavatskij, avventuriera di ambigue doti medianiche che nel XIX secolo ha fondato l’esoterica e massonica Società Teosofica, casa madre principale del neo-spiritualismo contemporaneo. La radice della teosofia ottocentesca è chiaramente gnostica nonostante i distinguo, sin dal termine da lui usato di “teosofismo”, avanzati da René Guénon che, proprio perché si rendeva conto della parentela, nel tentativo di negarla, bollava la teosofia come falsa e altra dal “vero esoterismo”.

L’esegesi biblica avanzata dalla Blavatskij si richiama chiaramente alle antiche tesi della gnosi anti-cristiana e la cosa è del tutto evidente in diversi passi di “Iside svelata”, la sua opera principale, come il seguente e sui quali il buon Silvano Panunzio avrebbe dovuto meglio meditare per discernere il grano dal loglio: «Nella “caduta di Adamo” – ella scrive – dobbiamo vedere non già la personale trasgressione dell’uomo, ma semplicemente la legge dell’evoluzione duale. Adamo, o l’“Uomo”, comincia la sua carriera di esistenza abitando nel giardino dell’Eden “vestito dell’abito celestiale che è un rivestimento di luce celeste”; ma quando è scacciato, è “vestito” da Dio, ossia dall’eterna legge dell’evoluzione o della necessità, con un abito di pelle. Tuttavia anche su questa terra di degradazione materiale – in cui la divina scintilla (anima, lampo dello Spirito) doveva cominciare il suo progresso fisico in una serie di prigionie, dalla pietra fino al corpo umano – se solo esercita la sua volontà e chiama la sua divinità in suo aiuto, l’uomo può trascendere il potere degli angeli» (6).

La maschera luciferina della “Dottrina segreta” della Blavatskij viene, però, a cadere proprio a proposito dell’esegesi simbolica che ella espone circa significato e ruolo del Serpente biblico e che, dal canto suo, un degno cattolico, dedito allo studio della mistica comparata, come Silvano Panunzio, nel passo sopra citato, dimostra di non aver affatto compreso in quel che ha di assolutamente inquietante. Secondo la Blavatskij, infatti, nella storia dello spirito l’unico degno di gloria sarebbe: «[…] il Serpente della Genesi […] il vero Creatore e benefattore, padre dell’umanità spirituale […] il “Precursore della Luce”, il brillante e radioso Lucifero che aprì gli occhi all’“automa” creato come si pretende da Jehova» sicché «Satana è il Dio del nostro pianeta». A questo suo “dio” la Blavatskij nel settembre 1877 dedicò una rivista mensile denominata, non a caso, Lucifer.

Orbene, la Blavatskij non ha inventato nulla. Secondo un antico e ricorrente tema gnostico, infatti, Lucifero sarebbe il “dio buono” spodestato dal suo trono celeste dal malvagio Jahvè, il quale, pertanto, – come già sosteneva Marcione – non è il Padre di Cristo ma il Nemico dell’Uomo. Jahvé, qui inteso come il “demiurgo” di Platone, avrebbe perfidamente imprigionato l’Adam Kadmon, ossia l’Uomo Universale, nella cristallizzazione della Manifestazione materiale provocando la caduta ontologica dello Spirito nell’impura materia.

La gnosi teosofica della medium russa, rigettando i dogmi cattolici, avanza la pretesa di consentire ad ognuno la comprensione del proprio “dio” interiore. Le opere della Blavatskij sono intrise di una anti-cristianesimo viscerale e dagli evidenti contorni luciferini. Nella già citata “Iside Svelata”, ad esempio, viene negato il Dio Persona giacché l’unico vero Dio è solo quello che ciascuno ha in sé, connaturato, – «… il Dio di ogni religione essoterica, compreso il cristianesimo, nonostante le sue pretese di mistero, è un idolo, una finzione e non può essere altro.[…] Dove si trova allora il vero, reale segreto di cui parlano tanto gli ermetici? […] il soggetto dell’arte ermetica è l’uomo, e l’oggetto dell’arte è la perfezione dell’uomo».

Da questa Sostanza Divina Impersonale tutto scaturisce mediante un emanatismo ritmato dallo snodarsi del doppio principio ossia dall’unione degli opposti immanenti intesi quali scissione dell’unità principiale senza forme e determinazioni. Questo postula che lo Spirito nella sua evoluzione cosmica deve attraversare la prova della prigionia nella materia maledetta: «La Luce Astrale, o anima mundi, – scrive ancora la Blavatskij – è duale e bisessuale. La sua parte maschile è puramente divina e spirituale: è la Saggezza; mentre la parte femminile (lo spiritus dei nazareni) era inquinata, in un certo senso, di materia, e quindi è già maligna. Essa è il principio vitale di ogni creatura […]; nell’assioma cabalistico: una pietra diviene una pianta; una pianta un animale; un animale un uomo; un uomo uno spirito; e uno spirito un dio».

L’uomo è in esilio nella prigione terrestre e deve liberare la “scintilla divina” che si cela in lui. In questa prospettiva: «Il corpo è il sepolcro, la prigione dell’anima, e molti padri cristiani ritenevano, con Platone, che l’anima è punita mediante la sua unione col corpo». Una affermazione, questa, sulla dottrina dei Padri, del tutto infondata, che dimostra la grande ignoranza che la Blavatskij  aveva del Cristianesimo. Infatti tra le grandi questioni che impegnarono i Padri della Chiesa nel loro incontro/scontro con il platonismo ed il neoplatonismo vi fu proprio quella della concezione negativa del corpo rigettata dalla patristica.

Per la Blavatskij, dato che l’uomo è un dio per sua propria natura, non può esistere il “peccato originale” sicché il passo del Genesi che tratta della questione è da intendere come caduta della componente spirituale costretta a rivestirsi di materia. L’uomo, perciò, non ha bisogno di invocare l’aiuto di un Dio esterno, non ha bisogno della Grazia, ma deve soltanto “chiamare in aiuto” la divinità già presente in lui attraverso la volontà, attraverso il risveglio di tale auto-deità.

Nella teosofia ottocentesca, la vera preghiera dell’iniziato è l’“Io sono Dio” che riecheggia il vedantino “Quello sei tu”.

Scimmiottando il biblico “Io sono Colui che Sono” (Es. 3,14) ed il consequenziale Gesù dell’“Io sono” (Gv. 8,58), la Blavatskij scrive: «Il primo adepto … riconobbe il suo Dio e sentì in se stesso il grande Essere. L’‘Atman”, il Sé, il Potente Signore e Protettore, una volta che l’uomo lo ebbe conosciuto come “l’Io sono’’ l’“Ego sum”, l’“Ahmi”, mostrò il suo pieno potere a colui che poteva riconoscere la “piccola, silenziosa voce ”». Per la teosofa russa, infatti, Nostro Signore Gesù Cristo sarebbe solo uno dei tanti maestri, in concorrenza, ai suoi tempi, con Simon Mago lo gnostico.

Anzi, per la Blavatskij, il Diavolo è l’altra faccia di Cristo: « … senza il Diavolo non vi è Cristo. (…). Vi è tra essi un misterioso legame, forse più stretto che non si creda, fino a raggiungere l’identità. Se mettiamo insieme i mitici figli di Dio, tutti considerati come “primogeniti”, troviamo che si incastrano fra loro fondendosi in questo duplice carattere. Adam Kadmon si biforca dalla sapienza spirituale concettiva in quella creativa che evolve la Materia. L’Adamo fatto di polvere è insieme il figlio di Dio e Satana […], il Satana dell’Antico Testamento, il Diabolos o Diavolo dei Vangeli e delle Epistole Apostoliche, erano solo il principio antagonistico della materia, necessariamente incidente in essa …».

Lo gnosticismo della Blavatskij trasmette dottrine pre-cristiane perché a suo dire: «Gli gnostici furono i primi cristiani con qualche cosa di simile a un sistema teologico regolare, ed è fin troppo evidente che Gesù fu adattato come Cristo alla loro teologia, e che la loro teologia non si sviluppò sui detti e sui fatti di Gesù. […] Ai loro occhi il serpente era il Logos, Christos, l’Incarnazione della Divina Sapienza, attraverso il Padre Ennoia e la Madre Sophia. Il Logos trionfa ancora una volta sul grande Drago; egli risorge, lo uccide a sua volta e diviene il suo padrone. […] E adesso che abbiamo dimostrato questa identità fra Michele e Satana, e fra i Salvatori e i Draghi di altri popoli, non è forse evidente che tutte queste fiabe filosofiche ebbero origine nell’India, vivaio universale del misticismo metafisico?».

Oltre a “Iside svelata”, è ne “La Dottrina segreta” che la Blavatskij torna a ribadire la concezione caduca dell’Essere quale involuzione-evoluzione del Mondo. La teosofa pretende di rifarsi ad un libro leggendario, il Libro di Dzyan, presunto manoscritto tibetano molto antico, per il quale l’evoluzione dell’Universo e dell’umanità coincidono con la cosmogenesi del mondo e dell’uomo fino alla distruzione di Atlantide e da questo mitico evento fino alla ricomparsa della teosofia moderna in vista della prossima Nuova Era ossia del Nuovo Ciclo dell’evoluzione della Manifestazione.

La Dottrina segreta, che contempla anche il reincarnazionismo, espone una concezione emanazionista settenaria dell’universo ritmata in sette gradi discendenti di materializzazione e sette gradi ascendenti di ritorno corrispondenti a sette corpi astrali: sthula-sarira (il corpo fisico), linga-sarira (il corpo astrale), prana (il respiro della vita o corpo mentale), kama (il desiderio o corpo), manas (la mente), buddhy (lo spirito universale) e atman (il sé cosmico e divino). Ad aiutare l’uomo in questo percorso di reintegrazione vi sono dei Maestri segreti (mahatma), esseri perfetti dotati di grande saggezza e di potere mistico, che hanno completato il ciclo delle reincarnazioni, e che possono aiutare a raggiungere il massimo livello di evoluzione. Questi Grandi Maestri sono gli illuminati, riuniti in Gerarchia Planetaria, detta anche centro dei Maestri di Saggezza o Grande Loggia Bianca.

La Blavatskij praticava riti medianici e spesso cadeva in incoscienti tranche svegliandosi dalle quali scriveva i suoi libri dichiarando che gli erano stati dettati da Superiori Incogniti. Nell’ultima sua opera, “La voce del silenzio”, la visione pessimista del cosmo è esplicitata proprio laddove ella intende indicare ai suoi discepoli la via per cominciare il percorso interiore: «Questa terra, Discepolo, è la Sala del Dolore. […] Abbandona la tua vita, se vorrai vivere.[…] Non lasciarti, “o nato in Paradiso”, fondere nel mare di Maya, separato dal Genitore Universale (l’Anima)[…] dovrai ascoltare la voce del tuo Dio interiore (il Sé Supremo) […]. Prima che il Potere Mistico possa fare di te un dio […] Guarda! Tu sei divenuto la Luce, tu sei divenuto il Suono, tu sei il tuo Maestro e il tuo Dio».

L’odio della Blavatskij per il Dio biblico la porta ad escludere la religione ebraico-cristiana dall’«unica verità, che trova espressione in tutte le diverse religioni». Infatti il vero teosofo disprezza l’idea di un «Dio personale, extra-cosmico …, il quale in ultima istanza non sarebbe altro che la gigantesca ombra dell’uomo …». La Chiesa cristiana nel maledire Satana avrebbe maledetto il vero Dio e la sua Sophia che si rivela nella dualità della Manifestazione – Luce e Ombra, Bene e Male, Maschio e Femmina – quale segno dell’Unità Impersonale dalla quale tutto proviene ed alla quale tutto, alla fine del ciclo cosmico, deve tornare per dissolversi nel Nulla di un apofatismo assoluto e senza contenuti.

La teosofia si rivela, alla fine, una dottrina che postula un Super-Dio ricomprendente in una unità superiore le coppie polarizzate del “doppio contrario”, il bene e il male, il vero e il falso, la realtà e il nulla, per giungere a ricomprendere perfino Dio e Satana pensati come gli opposti manichei. La Conoscenza di questo Super-Dio sarebbe quella che consente l’auto-divinizzazione dell’uomo secondo la promessa primigenia del biblico Lucifero – ossia del “portatore di luce” – del Genesi.

La Blavatskij scelse, significativamente, quale simbolo per la Società teosofica il serpente ourobouros, sovrastato da una corona, che circonda il Sigillo di Salomone, posto al centro, con una Swastika, in posizione subordinata, sotto la corona ed inserita in un cerchio magico. Un simbolo che svela molte cose sulle radici esoteriche, ormai ampiamente indagate dagli storici e dai politologi, del nazismo e sulle sue segrete connessioni, queste molto meno indagate, con l’esoterismo gnostico di certe correnti ambigue del cabalismo ebraico.

Luigi Copertino

 

 NOTE

4) Silvano Panunzio è un autore molto interessante. Ha scritto un “Corso di dottrina dello Spirito” in diversi volumi, tra i quali alcuni davvero capitali come “Il Visibile e l’invisibile nel Cristianesimo – Metafisica del Credo”, “Cristianesimo giovanneo”, “La Conservazione Rivoluzionaria”, “Terra e Cielo – Dal nostro mondo ai mondi superiori”, “Vicinissimi a Dio – Summa sanctitatis”. Egli appartiene al novero dei cosiddetti “gnostici cristiani” ed ha tentato di conciliare il pensiero vedantino di René Guénon con la fede cristiana, alla luce della Philosophia perennis. A nostro giudizio non sempre è riuscito nell’intento ed è incorso in diversi punti in una mancanza di discernimento tra la vera conoscenza tradizionale e quella ambigua delle correnti gnostiche anti-bibliche. Tuttavia, segnalando senza polemica e con spirito di fraternità cristiana quel che difficilmente è componibile con la Rivelazione, ogni autore va esaminato con attenzione e del suo pensiero va preso quanto è buono. Le opere di Panunzio sono molto importanti al fine di un approccio alla Rivelazione che vada oltre certe chiusure “cosificanti” di quella teologia che crede di poter fare a meno della mistica. Tuttavia, egli ha dato troppo credito ad autori come Renè Guénon dimenticando, ad esempio, il “disprezzo” guenoniano per la mistica, opposta all’iniziazione, come pure per la fede intesa quale devozionalismo plebeo e la riduzione a solo simbolismo delle realtà anche storiche che costituiscono il tessuto della Rivelazione biblica. Detto questo, le opere di Panunzio devono essere lette ponendosi nella “giusta” prospettiva cristiana che chiede, nella preghiera, la Luce Metafisica al Signore e non pretende di auto-costruirsela o di auto-appropriarsene da sé. Silvano Panunzio – fatte le debite “correzioni” sopra accennate – si è complessivamente posto in questa giusta disposizione di cuore, che lo portava anche ad un “ecumenismo spirituale”, ben lontano dalle attuali mode ecumeniche di stampo indifferentista e ben diverso, pur in una prospettiva di Philosophia perennis, dall’ambigua “Unità trascendente delle religioni” di Schuoun. Infatti, per Panunzio, in questo in linea con la migliore patristica, della quale egli riprendeva il magistero sui “semina Verbi”, l’Unità trascendente, che è alle origini, non è un indeterminato “Principio”, rispetto al quale anche il Cristianesimo si pone come mero raggio convergente alla pari degli altri verso il Centro della ruota, ma è Cristo stesso “per mezzo ed in vista del Quale il mondo fu fatto” e che, giovanneamente, è il Verbo principiale, il Quale era presso Dio perché è Dio. Silvano Panunzio ebbe intimi colloqui spirituali con san Pio da Pietrelcina. Secondo Panunzio il frate del Gargano è stato chiamato, nei nostri tempi, ad un ruolo cruciale all’interno del disegno escatologico in atto. Oggi, Silvano Panunzio è nella Luce del Signore ma va a lui la gratitudine per quanto egli ha fatto, al netto di certe pur rovinose “sviste”, per additare le strade che conducono alla Tradizione spirituale ossia al Verbo incarnato. L’autore di questo contributo ha un ricordo personale di Silvano Panunzio, pur non avendolo mai conosciuto di persona. Egli era figlio di Sergio Panunzio, tra i più importanti filosofi del sindacalismo rivoluzionario del primo novecento, poi docente e preside dell’Università di Perugia. Sergio Panunzio è stato uno dei compagni più fedeli di Mussolini. Del Mussolini prima socialista e poi fascista. Nonostante la mai disconosciuta amicizia, Sergio Panunzio non esitò, nel 1937, a recarsi personalmente da Mussolini per rinfacciargli le elaborande leggi razziali e il suo servilismo verso Hitler, ammonendolo su quanto quelle legge infami avrebbero colpito il fior fiore dei suoi “antichi camerati”, molti dei quali ebrei, nonché eminenti studiosi, fedeli al regime, come il filosofo del diritto Giorgio Del Vecchio. Il suo percorso di pensiero portò il filosofo di Molfetta – era pugliese – dall’originario sindacalismo rivoluzionario verso il sindacalismo nazionale in evidente critica con le tendenze anarchiche del sindacalismo stesso.  Panunzio padre, infatti, non vedeva il sindacalismo in opposizione allo Stato ma organicisticamente vi individuava il tessuto intimo dello Stato moderno. L’approdo al sindacalismo nazionale avvicinò Sergio Panunzio al corporativismo e per questa via al Cattolicesimo, pur essendo egli partito da una iniziale impostazione positivista sulla scorta dell’organicismo sociologico di Auguste Comte e di Claude-Henry de Rouvray conte di Saint-Simon. Ebbene, all’autore di questo contributo, essendosi laureato, nel 1989, con una tesi in filosofia del diritto su “Il diritto sociale in Lèon Duguit”, un pensatore sindacalista comtiano di fine ottocento, capitò di trovare citato il Duguit nel contributo di Sergio Panunzio, “I cinque tipi di sindacalismo”, al “Dizionario di politica” del 1941. Ne trasse lo spunto per un lungo articolo per la rivista dell’allora Cisnal, “Pagine libere di azione sindacale”, n.11-12, anno X, novembre-dicembre 1990 (una rivista, oggi purtroppo scomparsa, alla cui originaria fondazione collaborò anche Silvano Panunzio intorno al 1946-48). Nell’articolo in questione, “L’influenza del positivismo nella genesi del sindacalismo”, veniva esaminato il percorso ideale di una generazione di sindacalisti rivoluzionari partendo, con la scusa della citazione di Duguit, proprio da Sergio Panunzio e concludendo sempre con lui. La tesi, come indicava il sotto titolo redazionale dell’articolo, era che “da Auguste Comte a Lèon Duguit, attraverso Proudhon, il positivismo ebbe un ruolo non secondario nella nascita culturale del sindacalismo ed anche del nazionalismo; l’idea di una società organica, anti-individualista, fondata sul principio di solidarietà, ma non escludente il principio di autorità, e perfino una certa ambiguità pseudo-religiosa, resteranno in eredità al movimento sindacale”. L’articolo sottolineava, tra l’altro, appunto l’ambiguità pseudo-religiosa di quel percorso segnalando, tuttavia, che essa non era un destino inevitabile. Tale annotazione si basava proprio sulla scorta delle conversioni religiose di tanti sindacalisti nazionali, compreso lo stesso Sergio Panunzio. Orbene, qualche mese dopo la pubblicazione dell’articolo, giunse all’autore di questo contributo, tramite un amico, notizia che Silvano Panunzio aveva letto l’intervento e lo aveva molto elogiato nella prospettiva da lui indicata, sulla scorta del magistero paterno, della “Conservazione rivoluzionaria” quale riaffermazione del primato del Santo/sacro e del Politico sull’economico.

5) Cfr. Silvano Panunzio “Il Visibile e l’Invisibile nel Cristianesimo – Metafisica del Credo”, Il Cinabro, Catania, 1994, pp. 7-8.

6) Le citazioni delle opere di Helena Petrovna Blavatskij sono tratte da Ennio Innocenti “La gnosi spuria – l’ottocente”, Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma, 2009, pp. 25-33.