La Germania è messa peggio – La Chiesa

Di Giuseppe Reguzzoni

 

Toccati, così, “per assaggi” i grandi quotidiani tedeschi, per dare una panoramica anche minima di come va l’informazione a nord delle Alpi,dovrei trattare le “nicchie” informative, queste sì, a tratti innovative e profonde. Non sarebbe e non è una novità per quello che era considerato – o si considerava -il popolo “più colto della Terra”, capace di crescere e coltivare élites intellettuali straordinarie, ma, il più delle volte incapaci di tradurre “politicamente” (nel senso aristotelico) le proprie intuizioni, lasciando alle masse il ruolo di materiale informe che il Potere plasma come vuole.

L’impoliticità, di cui parla Thomas Mann nelle sue Betrachtungen, ha anche un suo preciso versante informativo. Sarà per una terza, eventuale e complessa puntata.

Ora c’è una domanda che esige una risposta: che ruolo gioca la Chiesa tedesca nell’educare o meno alla verità? Perché la Chiesa tedesca, pur materialmente così potente, è in una ritirata che sa di fuga e sbandamento? Perché non riesce più a esprimere una sua critica alla dittatura del Politicamente Corretto?

Mons. Rudolf Voderholzer, vescovo di Ratisbona, è parso come un marziano quando, settimana scorsa, ha criticato i suoi colleghi della Conferenza Episcopale Tedesca per un documento in cui si afferma che la teoria gender è «basilarmente compatibile con la fede cattolica», sottolineando che il vescovo ha il dovere «di agire come un guardiano (…) per richiamare l’attenzione agli errori». Questo è, peraltro, anche il compito dell’informazione! Ovviamente è stato subito sommerso dai “confratelli nell’episcopato” da un coro di critiche, tra le quali non poteva mancare l’accusa di essere un “conservatore”. La Chiesa tedesca cerca di interrogarsi sulle ragioni della propria crisi, ma, ai suoi vertici, lo fa con le categorie, per nulla bibliche, di “conservatore” e “progressista” (che hanno ormai sostituito quelle di “vero” e di “falso”).

Per esemplificare questo concetto, cito allora un intervento del luglio di quest’anno, apparso sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, la Bibbia del pensiero liberalconservatore in Germania e, dunque, del giornalismo mainstreaming, foraggiato dagli US, come ha ricordato in un suo saggio clamoroso UdoUlfkotte (che della FAZ è stato a lungo collaboratore, e non solo per due pezzi). L’autore è il solito, ineffabile, Daniel Deckers, quello che ce l’aveva col conservatore Joseph Ratzinger e che, invece, va d’amore e d’accordo con il card. Kasper.

Secondo Deckers, che è uno che ragiona quasi esclusivamente nella polarità conservatore-progressista, l’emorragia di fedeli è dovuta agli scandali: risposta quasi scontata, non fosse che tra gli “scandali” il Vaticanista della FAZ ci mette anche il “perdono”, da parte di Benedetto XVI, della scomunica comminata alla Fraternità San Pio X (sic!) e la presenza delle Madonne nelle chiese cattoliche.

 

Non è uno scherzo. I media tedeschi, FAZ in testa, hanno condotto a partire dalla primavera del 2014 una pesante polemica contro mons. Tebartz Van Elst, accusato, non senza fondamento di una gestione assai allegra delle finanze della sua diocesi (Limburg-Frankfurt a.M.). Ora, anche senza entrare nei dettagli di uno scontro che aveva come scopo evidente quello di de-ratzingeriare la Conferenza Episcopale Tedesca, va notato che, proprio sulla FAZ e in buona evidenza, Deckers, in lungo articolo del 23 giugno 2013, con cui apriva le ostilità contro l’improvvido vescovo, tra le sue colpe inseriva quello di aver buttato via i quattrini dei fedeli per acquistare delle Madonne. Gli ha risposto (qui il link ad ambedue gli articoli: http://www.pi-news.net/2014/07/martin-mosebach-ueber-den-faz-schmierer-daniel-deckers-und-bischof-tebartz/) Martin Mosebach, scrittore e romanziere di valore e molto apprezzato in patria (anche oltre le “nicchie”), ricordando che sì, il vescovo Tebartz Van Elst aveva acquistato una statua della Vergine, ma una sola, e perché, per quanto ciò possa sembrare incredibile, nella sua cattedrale non ce n’erano.

Mosebach è un convertito e, per di più, un convertito attraverso l’antica liturgia, scoperta durante un suo breve soggiorno in un monastero francese. Per lui è piuttosto ovvio che in una chiesa cattolica debba esserci un’immagine della Santa Vergine; per Deckers e per il pensiero neocattolico che egli rappresenta, evidentemente no. Maria è ecumenicamente imbarazzante … Mosebach con questo riferimento assai preciso ha toccato il vero punto della crisi della Chiesa tedesca, ma, se vogliamo, più estesamente della crisi ecclesiale attuale: la mancanza di fede.

Quando il Figlio dell’Uomo tornerà sulla terra, troverà ancora la fede? Questo versetto evangelico, che proprio nella Novena di Natale ritorna nella liturgia delle Lodi, ci riporta al punto nodale. Deckers in un altro suo intervento sulla FAZ non manca di notare che il problema dei Kirchenaustritte (l’uscita ufficiale dalla Chiesa) tocca le chiese evangeliche ancor più di quella cattolica, ma non ne tira la conseguenza più ovvia: le chiese evangeliche (come quella riformata in Svizzera) hanno da tempo concesso tutto: donne pastore e vescove, matrimoni gay, divorzi facili, pillola etc. etc., ma non hanno fermato l’emorragia di fedeli. In Germania, e in maniera analoga anche nei cantoni svizzero-tedeschi e in Austria, le tasse ecclesiastiche non sono, come in Italia, un parte delle imposte che comunque andrebbero pagate a questo o a quel destinatario, ma una vera e propria tassa che le chiese riscuotono per mezzo dello Stato, che fa semplicemente da intermediario. Dato che queste tasse sono proporzionali al reddito (progressive), in molti casi esse sono alquanto sostanziose. Il contribuente che voglia evitarle, deve recarsi presso un’autorità pubblica e certificare la propria uscita dalla Chiesa, interrompendo, in tal modo, l’obbligo del versamento. Il meccanismo fu introdotto dal concordato con il Terzo Reich e, già allora, fortemente incentivato dal Regime. Sino a una quindicina di anni fa il numero dei Kirchenaustritte era alquanto contenuto, ma ormai si tratta di una vera e propria emorragia che sta mettendo in crisi le finanze della Conferenza Episcopale Tedesca (che, in Germania, è il secondo datore di lavoro dopo lo Stato). Gli interventi liberal di parte dell’episcopato tedesco (Marx e Zollitsch tra gli altri) mira a presentare una chiesa più aperta, meno intransigente e meno romana, nella speranza – vana – di invertire la rotta. Lo slogan è: meno Chiesa dei dogmi e più Chiesa della pastorale. Per questo, del resto, Bergoglio è così popolare. In realtà, in gioco non c’è affatto la “pastorale” (termine che ormai serve a coprire di tutto e di più), ma le casse. Ed è questo il vero scandalo … Bergoglio ai certi vescovi tedeschi va bene quando parla di Africa e America Latina e a condizione che eviti di parlare della Germania. Lo scandalo intorno a Tebartz Van Elst(che, peraltro, si è dimesso spontaneamente) a quasi due anni di distanza appare alquanto ipocrita, in un paese in cui persino i campanari e i sacristi sono stipendiati e dove stuoli di “Pastoralreferentinnen” (signore e signorine che fanno le assistenti pastorali, quali reggenti delle parrocchie prive di preti) svolgono il loro lavoro, spesso di demolizione della fides tradita, dietro compensi da impiegati di banca. Non per nulla, quando dall’Africa si sono levate voci di dissenso all’ultimo sinodo dei vescovi, sulla famiglia, l’ineffabile card. Marx ha spiegato che gli africani sono dei miserabili, dei poveracci e, dunque, hanno ancora tanto bisogno di una fede ingenua.

È difficile trovare in Europa una chiesa tanto istituzionalizzata e burocratizzata come quella tedesca, dove non si muove foglia senza che sia stata convocata una commissione o emanata una direttiva. Questa Chiesa “dei documenti” insegue il sistema, non è certo in grado di contestarlo o di preparare una qualche forma di resistenza.

Forse anche per questo, tra le “nicchie” più significative e più creative, anche a livello informativo, ci sono proprio i cultori della Messa Antica, a cui il Motu Proprio di papa Benedetto XVI ha aperto possibilità prima sconosciute, pur tra ostacoli e divieti frapposti dai fautori della Chiesa liberal. Tra i pochi seminari tedeschi dove ci sia ancora qualche candidato al sacerdozio, non a caso, c’è quello gestito dalla Fraternità di San Pietro, presso il Lago di Costanza. E siccome lo Spirito soffia dove vuole e non dove decidono le commissioni centrali della Conferenza Episcopale Tedesca, sembra che sia ancora l’antica liturgia a stupire e convertire. Riporto dalla pagina personale di HedwigBeverfoerde, nipote del card. Von Galen, il Leone di Münster, e combattiva esponente del movimento Pro-Life e Pro-Famiglia (in Germania le hanno appioppato l’onorificenza di Miss Omofobia), la notizia recentissima di un’ultima, sorprendente conversione, quella del giornalista berlinese Andreas Kobs, rimasto folgorato dal mistero dell’antica liturgia nella chiesa di San Filippo Neri a Berlino, uno dei pochi luoghi dove regolarmente si celebra con il rito tridentino (http://www.euangel.de/ausgabe-3-2015/liturgie-zwischen-tradition-und-experiment/faszination-von-tradition-und-experiment-i/). Era successa la stessa cosa a Paul Claudel, il grande poeta francese, convertitosi assistendo, per caso, a un frammento di liturgia nella cattedrale di Nôtre Dame. Lex orandi, lex  credendi.

Perché esiste la Chiesa, se non per condurre al Mistero? Perché, se il sale perdesse il suo sapore, a che cosa servirebbe … come recita un’alta parola, durissima, se ben intesa di Nostro Signore. Ma qui siamo ben oltre gli “scandali” tedeschi, ed è qualcosa che riguarda tutti noi. Chi potrebbe convertirsi davanti agli applausi e ai palloncini che volano intorno all’altare mentre una folla di adulti bambini (non nel senso evangelico), batte le mani cantando “Le mani alzate verso Te … “ o “Sei grande Dio, sei grande come il mondo mio …”, cioè sei piccolissimo?