VIENNA 1683: UNA VITTORIA NEL NOME DI MARIA

Trecentotrentotto anni fa sotto le mura di Vienna si infrangeva il piano ottomano di conquista dell’Europa. L’Islam era già stato fermato a Lepanto il 7 ottobre del 1571 dalla flotta cristiana guidata da don Giovanni d’Austria, fratello del re di Spagna Filippo II, e tutta la cristianità ebbe la certezza che ciò avveniva per intercessione di Maria SS., auxilium christianorum. Fu l’inizio della fine per l’egemonia ottomana sui mari che per tantissimo tempo aveva terrorizzato le popolazioni cristiane del Mediterraneo.

I turchi ci riprovano da terra nel 1683 con un esercito di centinaia di migliaia di soldati, il più grande dell’epoca, e giungono ad assediare Vienna, la capitale del Sacro Romano Impero, con l’intento dichiarato di continuare poi per Roma. E’ in gioco ancora una volta la sopravvivenza della cristianità. Ma il 12 settembre, festività del Santo Nome di Maria, appena poche migliaia di viennesi, debilitati da due mesi estivi di assedio, escono all’attacco in campo aperto e uniti ai rinforzi polacchi, dopo una giornata di aspra battaglia, contro un nemico dalla schiacciante superiorità numerica, mettono in fuga gli assedianti.

Li guidava il Beato Marco d’Aviano, un cappuccino famoso in tutta Europa per la sua santità, le guarigioni prodigiose e l’eloquenza irresistibile in qualunque nazione parlasse (nonostante conoscesse solo la lingua natia). Egli era grande consigliere dei Papi Innocenzo XI e XII e dei monarchi cattolici europei, fra cui aveva seminato la pace; in particolare dell’imperatore Leopoldo I, che lo richiese al Pontefice per affidargli la strategia in vista della battaglia.

Il frate, dopo aver nominato capo dell’esercito cristiano Giovanni Sobiesky, devotissimo dell’Immacolata e re di Polonia, celebra la Santa Eucaristia, servita dal re stesso, e guida l’attacco contro i turchi brandendo il Crocifisso. Tutto l’esercito cristiano lo segue incoraggiato. Il religioso italiano, instancabile predicatore della crociata antiturca, vuole che tutte le insegne imperiali portino l’immagine della Madre di Dio, che le bandiere militari austriache manterranno fino a quando Adolf Hitler le farà togliere. La battaglia dura tutto il giorno e termina con la terribile carica all’arma bianca, guidata da Sobieski alla testa dei suoi Ussari Alati, che provoca la rotta degli ottomani che lasciano sul campo 20.000 caduti, e la vittoria dell’esercito cristiano che conta invece poche perdite. Al calar della sera l’esercito nemico, il più grande di tutta la loro storia, era in rotta e l’accampamento turco era in mano cristiana. Seicento bambini, pronti per finire schiavi a Costantinopoli, furono liberati. Da Vienna inizia la liberazione dal giogo islamico della penisola balcanica; da Vienna l’impero ottomano smette di essere una minaccia inarrestabile per l’occidente cristiano. La vittoria di Kalhenberg segna l’inizio della controffensiva degli Asburgo che porterà alla liberazione della Croazia, dell’Ungheria, e della Transilvania, consacrando così la casa d’Austria nel suo ruolo di sentinella dell’Europa contro la minaccia turca.

A seguito di questa vittoria di straordinaria importanza, il Beato Papa Innocenzo XI, decise di estendere alla Chiesa universale per il 12 settembre, la festa liturgica del Nome di Maria, alla cui intercessione tutti attribuivano quella insperata e prodigiosa vittoria, ottenuta nel Suo giorno onomastico, invocandoLa nella preghiera e portandone l’immagine sulle insegne. Una imponente tela ad olio di 9 metri per 4,5, voluta da Leone XIII è conservata nei Musei Vaticani a ricordare come la fede cristiana sia stata determinante a cementare interessi politici diversi per la salvezza della cristianità.

Re Giovanni Sobieski volle allora donare la “cappella dei polacchi” al Santuario della Santa Casa di Loreto, nella quale oggi uno splendido affresco ricorda l’evento. Nella stessa cappella, di fronte ad esso, un secondo ricorda il “miracolo della Vistola”, quando l’esercito della appena rinata Polonia, nel 1920, fermò l’avanzata dell’Armata Rossa, che voleva imporre con la forza delle armi il comunismo in Europa. Anche allora fede cristiana, devozione all’Immacolata e preghiera furono determinanti contro un nemico superiore di numero. Anche allora la Polonia fu lo scudo d’Europa.

L’imperatore Leopoldo volle che i dolcieri di Vienna creassero un nuovo dolce a ricordo di quel giorno. Nasce così il cornetto (islamico), che perde consistenza se immerso nel cappuccino (dal colore del saio del p. Marco). Quest’ultimo nasce a sua volta dal caffè preso agli invasori, che, trovato amaro dal Beato, su sua indicazione fu addolcito con il latte.

Anche la memoria di questi eventi della storia può restituire agli europei la fierezza delle loro radici e ricordare loro quei momenti di fraternità d’armi, di sangue e di sacrificio, che ne hanno cementato l’unità. Chissà se tra Strasburgo e Bruxelles, dove ora (dopo la fuga dall’Afghanistan) si parla pure di esercito europeo, qualcuno li pensa (sempre che li conosca).

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Una guerra sconosciuta ai più, probabilmente perché poco studiata in quanto politicamente scorrettissima, ha fatto la storia dell’Europa: la battaglia di Vienna del 12 Settembre 1683.
Di questa straordinaria e fondamentale vittoria, paladini della cristianità del XVII secolo: il cappuccino Carlo Domenico Cristofori, chiamato Marco D’Aviano e il Papa Innocenzo XI. la crociata fu preparata da un’ intensa opera di apostolato e predicazione in tutta l’Europa, effettuata instancabilmente dal frate, ed accompagnata da una serie di miracoli che accrescevano la credibilità e l’autorevolezza del religioso, in tutto il continente.

Innocenzo XI si fidò unicamente della Provvidenza divina: “In sola spe gratiae coelestis”. Si è occupato della riforma dei costumi, soprattutto in riguardo allo stato spirituale degli ecclesiastici. In particolare, si scagliò contro il lusso che regnava tra i vescovi e cardinali dell’epoca. Nella sua camera e nel suo studio si vide solo la figura di Cristo risorto. “Era tale la compassione che Innocenzo XI provava per i poveri, che si tenne la stessa veste per tutta la durata del pontificato: mai la volle cambiare, nemmeno quando divenne logora e quasi inutilizzabile […]”. Lo storico Ludwig von Pastor, nella sua “Storia dei Papi”, descrive così Benedetto Odescalchi: “Il significato storico-universale del suo pontificato, di gran lunga il più importante e glorioso nella seconda metà del secolo XVII…consiste nella sua politica, mantenuta ferma sino all’ultimo respiro, di unire le potenze cristiane contro l’attacco violento dell’islam”. Naturalmente l’impegno più importante per cui sarà ricordato per sempre è la liberazione di Vienna dall’assedio degli Ottomani nel 1683. Contemporaneamente, Padre Marco d’Aviano trascorreva un’esistenza austera e isolata, dormiva solo tre per notte su un letto di foglie secche, per il resto pregava e leggeva. Mangiava pochissimo, mai carne, uova e formaggio, la sua dieta era poco latte e poi frutta e verdura. Cercò sempre di rispettare scrupolosamente le regole dell’Ordine francescano. Sostanzialmente condusse una “vita intensa e spirito di preghiera; devozione e contemplazione; pratica radicale dell’altissima povertà interiore es esteriore […] grande ardore nella predicazione e apostolato ricondotto alla semplicità e umiltà evangeliche; carità concreta e prontezza nel servire ogni fratello bisognoso; spirito ecclesiale nella sottomissione e totale docilità al Pontefice romano e alla Chiesa gerarchica: queste erano le linee fondamentali della spiritualità ‘cappuccina’ che adottò il frate di Aviano”.

Il Seicento fu, per l’Europa cristiana, intriso di paura di essere invasi e conquistati dai turchi. Di fronte a questo vero e proprio incubo, c’era la divisione politica dell’Europa. In particolare, la Francia di Luigi XIV era in continuo dissidio sia con l’imperatore Leopoldo I, che con la Chiesa di Roma. Capita che alcuni governanti diventano protestanti per accaparrarsi i beni della Chiesa. Il re di Francia osteggiò apertamente gli Asburgo nella lotta contro gli ottomani.“Per tutto il Seicento, la discordia fra i principi all’interno degli stati cristiani fu grande e capillarmente diffusa. Essi si combatterono e si indebolirono a vicenda per egoistiche ragioni di predominio”. Invece padre Marco e Innocenzo XI, lavoravano per la liberazione della cristianità dal flagello turco, pertanto appoggiarono l’impero. Addirittura, il Papa affermò: “[…] saria andato volentieri alla testa dell’esercito e salito sulle navi da guerra per combattere contro il comune esercito”. Il pensiero dominante del Pontefice era quello di organizzare una Lega difensiva contro il pericolo turco. Oltre ai due beati, altre grandi personalità li affiancarono o con essi si scontrarono in quel frangente per il futuro dell’intero continente europeo. Solo qualche nome, segnalo oltre a Luigi IV e Leopoldo I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Il compagno di viaggio di Marco D’Aviano, padre Cosma da Castelfranco. Giovanni III Sobieski re di Polonia e granduca di Lituania, grande ammiratore di padre Marco. Infine, Eugenio di Savoia-Garignano, comandante supremo dell’esercito imperiale. E poi Kara Mustafa Pasha di Merzifon, comandante in capo dell’armata turca.

Le truppe cristiane erano composte da settantamila uomini, un numero assai inferiore rispetto ai centocinquantamila dell’armata turca del gran visir Kara Mustafa Pasha che intendeva conquistare prima Vienna e successivamente Roma per fare di San Pietro la scuderia per i suoi cavalli. A questo proposito scrive lo storico Arrigo Petacco in “L’ultima crociata”: “con i se e con i ma la storia non si fa, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre 1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli ‘ussari alati’ che si scatenarono contro i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo”.

Il 12 settembre prima della battaglia, sulle alture del Kahlemberg, padre Marco celebra la Messa, servita da due chierichetti d’eccezione: il re di Polonia e il Duca di Lorena, distribuisce la comunione ai comandanti, benedice l’esercito cristiano con la sua croce di legno. Attorno alle 12 ebbe inizio la battaglia. Lo scontro viene descritto da padre Cosma, testimone diretto dell’evento. La battaglia ben presto costringe miracolosamente i turchi alla resa. I trionfi dell’esercito cristiano – scrive il cardinale Schonborn – a Vienna, e poi a Buda, allontanarono il serio rischio di un’islamizzazione dell’Europa”. L’esultanza in tutta l’Europa fu immensa, l’unico a non esultare fu il re di Francia.

La preoccupazione dei due grandi della Civitas Christiana, Innocenzo XI e padre Marco, “fu la difesa della cristianità, e del cattolicesimo in modo particolare, e non la supremazia sull’islam. Si trattò, dunque, di un’azione di tutela e non di una crociata…”. Ne è convinto anche Petacco, le crociate, furono invece una legittima risposta al jihad. Tra l’altro padre Marco dopo queste liberazioni cercò di convincere i regnanti di completare l’opera di liberazione dei territori europei ancora in mano agli ottomani, la salvezza dell’Europa era sempre in cima ai suoi pensieri.