Vergognoso chiacchiericcio per mezzo stampa spacciato per “accuse”, de facto pubblicizzato a livello mondiale da un Papa, con effetto devastante per un “gigante della fede e spina nel fianco dei laicisti”

Korazym.org

Dal 2 al 6 dicembre 2021 Papa Francesco ha svolto suo XXXV Viaggio Apostolico a Cipro e in Grecia (Atene e Mytilene/Lesbo). Sull’aereo di ritorno dalla Grecia, il 6 dicembre 2021 il Papa ha incontrato come di consueto i giornalisti ammessi al Volo Papale e rispondendo ad una domanda di Cécile Chambraud di Le Monde, ha “affrontato” il caso della rinuncia (accettata) dell’Arcivescovo metropolita di Parigi, Mons. Michel Aupetit.

«Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Paris (Francia) presentata da S.E. Mons. Michel Aupetit e contemporaneamente ha nominato S.E. Mons. Georges Pontier Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctæ Sedis della medesima Arcidiocesi» (Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 806, 2 dicembre 2021).

Tra altro l’Uomo che Veste di Bianco ha spiegato il motivo per cui ha accolto la rinuncia (non dimissioni!) di Mons. Aupetit: ormai la sua fama era rovinata dalle “accuse” (di “piccole carezze e massaggi che lui faceva [alla segretaria: parole epurate dalla trascrizione, ha rilevato Aldo Maria Valli su Duc in altum] ”), di cui non avevo letto prima che Jorge Mario Bergoglio (grande fustigatore del pettegolezzo e del chiacchiericcio) ne ha dato de facto pubblicità mondiale. Da camicia di forza. E fate caso, “accuse” non in un tribunale, ma per mezzo stampa (Le Point).

E sorvoliamo – per ora – sulla prima risposta del Papa, limitandoci a notare che soprattutto quello dell’ermeneutica applicata è sbagliata. Avremo certamente l’occasione di ritornarci sopra.

«Il Papa nel volo che lo ha riportato in Italia dopo cinque giorni di viaggio a Cipro e in Grecia, commenta la rinuncia dell’Arcivescovo metropolita di Parigi, Mons. Michel Aupetit. Riferisce quanto segue: “Ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. I peccati più gravi sono quelli che hanno più ‘angelicità’ [*]: la superbia, l’odio… questi sono più gravi”. E continua: “È stata una mancanza di lui, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale ma di piccole carezze e massaggi che lui faceva [alla segretaria: parole epurate dalla trascrizione, ha rilevato Aldo Maria Valli su Duc in altum]: così sta l’accusa. Questo è peccato”. Sono anni, ormai, che mi ritrovo a vivere una condizione di grande imbarazzo e disagio pensando al debacle totale della Chiesa e della figura del Pontefice, ma dopo queste bizzarre affermazioni posso solo aggiungere: “SI SALVI CHI PUÒ!”» (Valentina Villano – Facebook, 7 dicembre 2021).

«Comunque ciò che trovo stigmatizzabile non è la considerazione sui “peccati della carne”, quanto l’assoluta mancanza di delicatezza e rispetto nei confronti di un confratello di cui, senza alcun contraddittorio, rilevi aspetti personali e controversi. È pensabile un qualsiasi Papa precedente che fa oggetto di chiacchiere da bar un arcivescovo? Il livello è becero. C’è un’ignoranza di modi spiazzante. È diventato l’aereo più pazzo del mondo. Il Papa a volte mi ricorda tanto Leslie Nielsen. Il Papa che fece dell’ipocrisia un altare. Così io ti ricorderò caro Papa Francesco» (Antonio Caragliu – Facebook, 7 dicembre 2021).

«A mente fredda, il discorso del Papa su Aupetit è incomprensibile. Ha accettato (così ha detto) le dimissioni di un vescovo sulla base di “chiacchiericcio”, senza sapere se è vero. Condendo il tutto con pettegolezzi vari ed elevando “l’opinione pubblica” a giudice supremo» (Matteo Matzuzzi @matteomatzuzzi – Twitter, 7 dicembre 2021).

«Dalla risposta – a dir poco confusa – emerge che mons. Aupetit è stato autore, secondo “l’accusa”, di “una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale”. Un’“accusa”, che però Jorge Mario Bergoglio mostra di condividere come se fosse un fatto, un’“accusa” che è “peccato”, ma “i peccati della carne non sono i più gravi” – interessante questa… forse si può capire il perché di certe “protezioni” bergogliane – non sono “gravi come quelli che hanno più ‘angelicalità’” [*] – eccetera eccetera. Per concludere: troppo “chiacchiericcio” ha rovinato la buona reputazione di Aupetit e dunque – evidenzia il papa gesuita – “ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia”. L’effetto della risposta: grazie a Jorge Mario Bergoglio mons. Michel Aupetit sarà ricordato universalmente, con tanto di sghignazzo, come quello delle “piccole carezze e dei massaggi”» (Giuseppe Rusconi – Rossoporpora.org, 7 dicembre 2021).

Per evitare l’accusa di diffondere delle bufale e fake news, o peggio, di essere “contro il Papa” e di “travisare le sue parole”, faccio seguire il testo integrale dello “scambio di battute” (e mi sforzo di essere generoso) tra la corrispondente di Le Monde (mica un foglietto qualsiasi, questo è certo) e colui che con lei interagisce (mica un qualsiasi gaucho della pampa, o mi sbaglio?). Se tra nostri attenti lettori c’è qualcuno che ha capito le risposte confuse del Papa, siamo qui per ascoltare. Abbiamo fatto pure uno sforzo di capire -in questo testo bizzarro e disdicevole (e nella parte cruciale pure becero, come ha osservato l’amico Antonio Caragliu), cosa intendesse dire – secondo la trascrizione ufficiale – con “angelicità” (“angelicalità”, come riportato da Giuseppe Rusconi e come si sente chiaramente nella registrazione videoregistrata) [*]. Intanto, una cosa abbiamo ben capito: nonostante tutte le chiacchiere, il Papa non ha difeso l’Arcivescovo Aupetit e ha velocemente accettato la rinuncia (non dimissioni!), per il chiacchiericcio. Non contento, lo ha pure esposto alla gogna. Sarà perché L’Arcivescovo Aupetit ha lascia l’Arcidiocesi Metropolitana di Parigi “a testa alta” (come ha osservato Leone Grotti su Tempi.it)…

CENSURA

«Le incredibili parole di Francesco in aereo sul caso dell’arcivescovo di Parigi lasciano più che mai sbigottiti. Il Papa ha di fatto calunniato Monsignor Aupetit e nello stesso tempo ha in pratica sostenuto che il sesto comandamento non è più valido. Dal testo dell’intervista è stato tolto il riferimento alla “segretaria”, ma la registrazione video parla chiaro [QUI]. Cose da pazzi, viene da dire» (Aldo Maria Valli – Duc in altum, 7 dicembre 2021).

Papa Francesco “intervista” una giornalista sul volo di ritorno dalla Grecia, 6 dicembre 2021.

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO A CIPRO E IN GRECIA (2-6 DICEMBRE 2021)
Incontro con i giornalisti ammessi al Volo Papale durante il volo di ritorno
Volo Papale
Lunedì, 6 dicembre 2021

Cécile Chambraud di Le Monde: «Santo Padre, faccio la domanda in spagnolo per i colleghi. Giovedì, quando siamo arrivati a Nicosia, abbiamo saputo che Lei aveva accolto la rinuncia dell’arcivescovo di Parigi, mons. Aupetit. Ci spiega perché, e perché con tanta fretta? La seconda domanda: attraverso il lavoro di una commissione indipendente sugli abusi sessuali, la Conferenza episcopale di Francia ha riconosciuto che la Chiesa ha una responsabilità istituzionale riguardo alle sofferenze di migliaia di vittime. Si parla anche di una dimensione sistemica di questa violenza. Che cosa pensa Lei di questa dichiarazione dei vescovi francesi? Che significato può avere per la Chiesa universale? E, ultima domanda: Lei riceverà i membri di questa commissione indipendente?».

Papa Francesco: «Comincio dalla seconda, poi torniamo alla prima. Quando si fanno questi studi, dobbiamo essere attenti nelle interpretazioni, che si facciano per settori di tempo. Quando si fa su un tempo così lungo, c’è il rischio di confondere il modo di sentire il problema di un’epoca, 70 anni prima dell’altra. Vorrei soltanto dire questo, come principio. Una situazione storica va interpretata con l’ermeneutica dell’epoca, non con la nostra. Per esempio, la schiavitù: noi diciamo “è una brutalità”. Gli abusi di 100 anni fa o di 70 anni fa, diciamo “è una brutalità”. Ma il modo come lo vivevano loro non è lo stesso di oggi: c’era un’altra ermeneutica. Per esempio, nel caso degli abusi nella Chiesa, il coprire, che è il modo che si usa – purtroppo – nelle famiglie, anche oggi, nella grande quantità delle famiglie, nei quartieri, cercare di coprire, noi diciamo “no, non va questo, dobbiamo scoprire”. Ma sempre interpretare un’epoca con l’ermeneutica dell’epoca e non con la nostra. Questa è la prima cosa. Per esempio, lo studio di Indianapolis, famoso: quello è caduto per mancanza di una retta interpretazione. Erano cose vere, alcune, altre no; si mischiavano le epoche. A questo punto, settorializzare aiuta.
Sull’informe [il rapporto]: non l’ho letto, ho ascoltato i commenti dei Vescovi francesi. No, non so come rispondere, davvero. Verranno, adesso, i Vescovi francesi, in questo mese, e io domanderò loro che mi spieghino la cosa.
E la prima domanda, sul caso Aupetit. Io mi domando: ma cosa ha fatto, Aupetit, di così grave da dover dare le dimissioni? Cosa ha fatto? Qualcuno mi risponda…».

Cécile Chambraud: «Non lo so. Non lo so».

Papa Francesco: «Se non conosciamo l’accusa, non possiamo condannare. Qual è stata l’accusa? Chi lo sa? [nessuno risponde] È brutto!».

Cécile Chambraud: «Un problema di governo [della diocesi] o qualcos’altro, non lo sappiamo».

Papa Francesco: «Prima di rispondere io dirò: fate l’indagine. Fate l’indagine. Perché c’è pericolo di dire: “È stato condannato”. Ma chi lo ha condannato? “L’opinione pubblica, il chiacchiericcio…”. Ma cosa ha fatto? “Non sappiamo. Qualcosa…”. Se voi sapete perché, ditelo. Al contrario, non posso rispondere. E voi non saprete perché, perché è stata una mancanza di lui, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale ma di piccole carezze e massaggi che lui faceva [**]: così sta l’accusa. Questo è peccato, ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. I peccati più gravi sono quelli che hanno più “angelicità” [*]: la superbia, l’odio… questi sono più gravi. Così, Aupetit è peccatore come lo sono io. Non so se Lei si sente così, ma forse… come è stato Pietro, il vescovo sul quale Cristo ha fondato la Chiesa. Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore? E quello era con peccati con tanta “angelicità” [*], come era rinnegare Cristo, no? Ma era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti: era una Chiesa umile. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore, e facciamo finta di dire “è un santo, il mio vescovo”. No, questo è Cappuccetto Rosso. Tutti siamo peccatori. Ma quando il chiacchiericcio cresce e cresce e cresce e ti toglie la buona fama di una persona, quell’uomo non potrà governare, perché ha perso la fama, non per il suo peccato – che è peccato, come quello di Pietro, come il mio, come il tuo: è peccato! –, ma per il chiacchiericcio delle persone responsabili di raccontare le cose. Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. E questa è un’ingiustizia. Per questo, io ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia. Questo voglio dire. Grazie».

[*] Secondo il Treccani, “angelicità” è derivato di angelico e significa carattere angelico, qualità d’angelo (in senso figurativo, per grande bellezza, bontà, purezza, innocenza). Questo è un errore nella trascrizione ufficiale. Nella videoregistrazione si sente chiaramente che il Papa dice “angelicalità” (come Giuseppe Rusconi ha riportato correttamente).

Per fortuna ci ha pensato Jorge Mario Bergoglio stesso a spiegarsi, in una risposta nel libro intervista Papa Francesco con Dominique Wolton. Dio è un poeta. Un dialogo inedito sulla politica e la società (Rizzoli 2018), dove usa il termine “angelicalità”. Quindi, supponiamo che “angelicità” sia un errore nella trascrizione ufficiale e che il termine corretto sia “angelicalità” (parola che non abbiamo trovato nel dizionario).

Comunque, in merito. Peccati angelici? Sono cose angelici, appunto e sappiamo cosa succede se gli angeli fanno peccato. Visto che sono esseri perfetti per loro non esiste perdono. Invece, per gli esseri mortali, imperfetti, quando fanno peccato possono ottenere il perdono, se pentiti e contriti. Ma abbiamo imparato nel catechismo da bambini, che per gli esseri umani esistono solo peccati veniali e peccati mortali… non peccati angelici. Evidentemente, non siamo al passo con il nuovo che avanza nella Chiesa (diversa) di Francesco, che ha aggiunto i peccati angelici all’elenco. Quindi, mettendo gli esseri umani a pari livelli con gli esseri angelici… quando si parla di superbia e di orgoglio, non è vero caro Bergoglio? Se l’abito non fa il monaco, l’abito bianco non fa il papa, non ti pare?

[**] alla segretaria: parole epurate dalla trascrizione, ha rilevato Aldo Maria Valli su Duc in altum.

Michel Aupetit, gigante della fede e spina nel fianco dei laicisti
Il Papa ha accettato le sue dimissioni da arcivescovo di Parigi in seguito allo scandalo sollevato da Le Point. La Francia (e non solo) perde un grande arcivescovo. Ci ha insegnato che «la vera libertà è lasciarsi amare»
di Leone Grotti
Tempi.it, 3 dicembre 2021

«Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore». Cita Giobbe, l’ormai ex arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, per comunicare ai fedeli della sua diocesi che papa Francesco ne ha accettate le dimissioni. Al prelato di 70 anni in realtà questa parola non piace, come precisato pochi giorni fa a La Croix: «Non mi sono dimesso. Ho rimesso la mia carica nelle mani del Santo Padre». Nel messaggio di addio a tutti i parigini precisa di averlo fatto per «preservare la diocesi dalla divisione, che provoca sempre il sospetto e la perdita di fiducia».

Quanto fango contro monsignor Aupetit

Monsignor Aupetit lascia la diocesi a testa alta, ringraziando tutte le persone «magnifiche» che hanno servito la Chiesa insieme a lui («troppe per poter fare una lista esaustiva») e, com’è nel suo carattere schietto, senza nascondersi dietro un falso manierismo: «Prego per coloro che forse mi hanno augurato il male, come Cristo ci ha insegnato a fare, lui che ci aiuta ben al di là delle nostre forze».

Quel “forse” è l’unica concessione del vescovo al “bon ton”, essendo cosa certa che a volerlo far fuori erano in tanti. A provocare il terremoto nell’arcidiocesi di Parigi è stata una vergognosa inchiesta del settimanale Le Point, che ha accusato Aupetit di aver gestito con fare dittatoriale la comunità di fedeli di Parigi e soprattutto di avere avuto una relazione amorosa con una donna nel 2012. La circostanza, smentita a più riprese dallo stesso arcivescovo («Non ho mai avuto una doppia vita e chi era con me lo sa»), lo ha comunque spinto a rimettere la sua carica nelle mani di papa Francesco.

Come dichiarato dallo stesso Aupetit dopo la pubblicazione dell’articolo di Le Point a Radio Notre Dame, «anche per me è stato uno choc leggerlo e mi sono chiesto se davvero c’erano così tante persone che desideravano che me ne andassi».

La risposta è senza dubbio affermativa, ma non per le ragioni di cui parlano Le Point o Libération, che hanno sempre preso di mira il prelato. Dopo le dichiarazioni rilasciate alla radio, infatti, i fedeli hanno inondato l’emittente di commenti di questo calibro: «Continui la sua missione, se può», «Non se ne vada, le sue omelie e le sue azioni mi hanno sempre sostenuto»; «Non si dimetta, abbiamo bisogno di lei»; «Monsignor Aupetit! Noi la amiamo e la sosteniamo con le nostre preghiere»; «Sostegno incondizionato a monsignor Michel Aupetit». E così via.

Perché tanti in Francia odiano Aupetit

Se il suo apprezzamento tra i fedeli era diffuso, lo stesso non si può dire degli ambienti mediatici, politici e laicisti della Francia. L’arcivescovo di Parigi, infatti, ha sempre dato fastidio a quella vasta galassia di persone che considerano la libertà religiosa come una generosa concessione della Repubblica ai fedeli e che vedono bene i cattolici solo quando restano confinati in sacrestia a pregare.

Questo, monsignor Aupetit, non avrebbe mai potuto farlo a meno di tradire se stesso. Laureato in medicina e specializzato in bioetica, è diventato sacerdote in tarda età, a 44 anni, dopo aver esercitato la professione per 12 anni. Come scritto nel suo ultimo comunicato, «prendermi cura dell’altro è qualcosa di profondamento radicato in me».

La denuncia della «cultura della morte»

E Aupetit si è preso cura della sua diocesi, dei suoi fedeli e di tutti i francesi denunciando con forza e a più riprese la «cultura della morte che incombe sulla Francia». Non poteva certo suscitare approvazione negli ambienti parlamentari il suo articolo per il Figaro del 29 giugno 2020 – quando è stata approvata in prima lettura la legge di bioetica, con l’apertura della fecondazione per coppie lesbiche e donne single – nel quale denunciava lo stravolgimento «di ciò che la nostra civiltà ha costruito per il rispetto dell’uomo, della sua dignità, della sua vita e della sua salute». Scriveva: «Qui siamo di nuovo impegnati a capofitto nello sconvolgimento delle relazioni genealogiche che strutturano la persona, nella banalizzazione degli embrioni umani selezionati, analizzati e gettati via come volgari prodotti di consumo, nella produzione artificiale di gameti che non ha altro interesse che quello di alimentare il mito della procreazione “senza sesso”. Sappiamo che dobbiamo rilanciare il commercio e l’industria, ma non a scapito della dignità umana. La scelta di aprire il mercato per i bambini, separando l’assistenza medica alla procreazione dalle difficoltà di concepimento, è un grave attacco alla dignità umana. Questa scelta di promuovere l’industria procreativa alimentandola con un numero sempre crescente di embrioni mostra chiaramente le ragioni commerciali alla base di questo progetto».

Dalla parte di ragione e scienza

E quando i giornalisti gli chiedevano provocatoriamente se pensava che l’embrione fosse «vita», aspettandosi una risposta religiosa da ignorare con disprezzo, non potevano certo sopportare che lui li umiliasse brandendo la ragione e la scienza: «Non sono certo io a dire che l’embrione è vita, ma l’embriologia. Del resto, basta guardare un’ecografia. Sono esseri viventi, saranno bambini. Questo è incontestabile. E la nuova legge aprirà anche la strada all’eugenetica con la selezione degli embrioni».

Ha certamente poi suscitato gelosie che ad aprile, quando in Francia si è aperto il dibattito sull’eutanasia, lo scrittore e intellettuale decadente, Michel Houellebecq, abbia riconosciuto pensando alla sua figura che i cattolici da lui guidati erano gli unici a resistere contro la «menzogna». Allora lo stesso Aupetit tuonò: «È paradossale che ci sia questa offensiva per dare la morte in un momento in cui la morte ci accerchia ed è dappertutto. Bisognerebbe piuttosto battersi per la vita. La soluzione davanti alla sofferenza non è uccidere la persona, ma alleviare la sofferenza e accompagnarla. La vera libertà è quella di lasciarsi amare».

La stoccata a Macron su Notre-Dame

Aupetit è stato un gigante anche durante le fasi più dure della pandemia e non solo perché ha saputo indicare una strada ai francesi smarriti. Quando nel 2020 alcuni poliziotti troppo zelanti entrarono armati in una chiesa, violando la legge, per vedere se le restrizioni anti Covid venivano rispettate, l’arcivescovo denunciò la «pagliacciata inammissibile». E allo stesso presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, che nel 2019 pronunciò parole molto laiche, architettoniche e di circostanza per il rogo della cattedrale di Notre-Dame, rifilò questa stoccata: «Siamo molto addolorati per la perdita della nostra cattedrale, questa è la Settimana Santa e dovremo riorganizzare completamente le nostre preghiere. Sarebbe stato bello se ci fosse stata una piccola parola di compassione per la comunità cattolica, perché dopo tutto, sono i cattolici che fanno vivere la cattedrale di Notre Dame».

«Non guardate me, guardate Cristo!»

È per questa sua presenza ingombrante e mai accomodante che monsignor Aupetit era inviso a tanti. Ma soprattutto, è perché non si faceva mai ridurre semplicemente a un attivista pro life o a un santino da bacheca. La ragione profonda di ogni sua invasione in campo laico, infatti, era quella indicata nella sua prima omelia da arcivescovo: «Non guardate me, guardate Cristo!». Ecco perché monsignor Aupetit mancherà all’arcidiocesi di Parigi, alla Chiesa di Francia, già messa a dura prova dallo scandalo abusi sessuali, e anche a noi. E lo scandalo amoroso? Nous nous en foutons carrément.

L’arcivescovo di Parigi Michel Aupetit si dimette, mistero su una storia d’amore: la decisione di Papa Francesco
di Franca Giansoldati
Ilmattino.it, 26 novembre 2021

Lunedì scorso ha annunciato le dimissioni al consiglio ristretto della sua diocesi. «Mi rimetto alla decisione di Papa Francesco, nel frattempo lascio l’incarico». Choc e sbigottimento a Parigi per la rapida successione di eventi che coinvolgono l’arcivescovo (tradizionalista) Michel Aupetit, una figura molto autorevole per la Chiesa di Francia. Sullo sfondo le indiscrezioni su una sua presunta love story che potrebbero essere uscite da Uccelli di rovo.

Le campane per Notre Dame

Aupetit è uno tosto che quando bruciava Notre Dame e i pompieri stavano spegnendo il devastante incendio, ordinava alle chiese di Parigi di suonare le campane per chiamare i fedeli a pregare in quel frangente drammatico. In passato Aupetit non era stato nemmeno troppo tenero con Macron per le restrittive misure anticovid che si erano abbattute anche sulle celebrazioni religiose.

Studi in medicina alle spalle e poi la scelta di abbracciare il sacerdozio fino ad arrivare ad essere nominato arcivescovo di Parigi nel 2017. Ora però si trova nella tempesta dopo che alcuni quotidiani francesi (Le Point e Le Figaro) hanno pubblicato la notizia di un suo presunto affaire con una signora risalente al 2012. L’arcivescovo ha già smentito questo rumours direttamente con le testate interessate, la diocesi ha però ammesso che il «comportamento era ambiguo», e così per evitare di indebolire l’immagine di una Chiesa già sballottata per la bufera sulla pedofilia ha deciso di rimettere il suo mandato. Ora la grana di Parigi è arrivata dritta sul tavolo di Papa Francesco ed è scoppiata – guarda caso – proprio nel giorno in cui in Vaticano è stato ricevuto il presidente Macron. Coincidenze.

L’arcivescovo Aupetit, 70 anni, dovrebbe andare in pensione tra 5 anni. Nella missiva al Papa, Aupetit «propone» le dimissioni. Il verbo proporre non è casuale visto che solo il Pontefice può decidere di accettarle o meno.

A far affiorare il legame affettuoso tra l’arcivescovo e questa misteriosa signora è una email scritta dall’arcivescovo alla donna nel 2012 ma inviata per errore alla segretaria. Naturalmente le accuse non hanno alcuna rilevanza penale, tuttavia contribuiscono a creare subbuglio in un momento in cui in tanti Paesi si affaccia con forza la richiesta di abolire il celibato sacerdotale e permettere anche ai sacerdoti di rito latino di avere moglie e figli. Aupetit avrebbe riconosciuto l’esistenza di un legame affettivo con questa donna quando era vicario generale (è stato nominato arcivescovo di Parigi da Papa Francesco solo nel 2017 per sostituire André Vingt-Trois) anche se ha negato con fermezza di avere avuto rapporti sessuali con lei.

«La parola dimissioni non è quella che ho usato» ha detto Aupetit a Le Figaro a proposito del contenuto della sua lettera inviata a Roma, spiegando che le dimissioni offerte non significano la rinuncia al suo ufficio. Semmai la mossa è un atto di rispetto verso la santa Sede. «L’ho fatto per preservare la diocesi, perché come vescovo devo essere al servizio dell’unità». Papa Francesco è ora l’unico in grado sbrogliare la matassa.