E’ TUTTA QUESTIONE DI “NARRATIVA”. E NON SOLO IN AUSTRIA.

I media hanno già lanciato l’allarme: il vincitore delle elezioni austriache, il “giovane” ma “conservatore” Sebastian Kurz, farà un governo con il partito “xenofobo” , “populista” e  venato di nostalgici del nazismo  FPO. Sicché in Austria “va al potere l’estrema destra”.

E’ evidente  che i media ricalcano pedissequamente  una “narrativa” dettata  da fuori.  Sorvolano sul fatto che “l’estrema destra”  è già al potere, in Austria, in due regioni. Nel Burgenland e in Alta Austria, infatti lo “xenofobo” FPO è al governo in coalizione –  col SPO.  Sì, avete capito bene: con i socialisti, mica con “i conservatori”. Senza  suscitare alcuno scandalo.   E’ noto che la “sinistra progressista” ha la qualità di candeggiare, lavare e rendere puri  anche i programmi “xenofobi”, quando è essa ad adottarli (si veda  Minniti che  paga le bande delinquenziali  libiche perché rinchiudano gli africani impedendo loro di  venire in Italia, e pensate soltanto   quanto avrebbero strillato i media se  l’avesse fatto un governo di Forza Italia),  ma forse  il fatto doveva suggerire ai media che la “democrazia” austriaca funziona con criteri (e complicità, e sottintesi) diversi da quelli che crediamo;   non alla luce del sole,  qualcuno azzarda,  ma in logge. Fatto sta che per decenni i governi austriaci sono stati esempi di collusione, da far parere il concetto napoletano di “aumm aumm” una  cosa da dilettanti.

Quindi, non è affatto detto che “il giovane Kurz”,   che ha vinto “adottando motivi dell’estrema destra xenofoba”  faccia una coalizione con la detta estrema destra di Strache. Può benissimo farne una coi socialisti SPO, alla fine. Anche perché –  piccolo insignificante particolare –  il capo dello stato Alexander   van der Bellen, che ha strappato il seggio nel 2016  a  Norbert Hofer (il candidato del FPO), s’è pubblicamente impegnato a non  investire mai   nemmeno un ministro “populista”.    Esemplare dimostrazione di “democrazia” presidenziale, a cui dà un sapore più piccante il fatto che il  presidente della repubblica  è un “Verde”, e il suo partito, i Verdi, è precisamente quello che ha subito un crollo epocale, ha  perso  oltre 8 punti e  non entra in Parlamento, non avendo superato lo sbarramento del 4  per cento.  Insomma il caporione di un partito che gli austriaci  non votano più pone il veto ad un partito scelto dal 27  per cento della popolazione.  Ma è diritto del  presidente   nominare il cancelliere, ossia colui che formerà il governo. Potrebbe persino non dare l’incarico a Kurz  il “giovane”.  Tutto dipende dalle trattative aumm aumm  che avranno luogo nelle prossime settimane.

Una democrazia attentamente controllata

La democrazia austriaca è attentamente controllata. Ci  si ricorda che nel 2000,  contro il governo di coalizione in cui era entrato  Joerg   Haider,  l’Europa Unita capeggiata da Chirac elevò sanzioni contro  il piccolo paese, un altro luminoso esempio  di democrazia europea che La  Repubblica salutò con convinto entusiasmo poliziesco:

http://www.repubblica.it/online/mondo/haider/sanzioni/sanzioni.html

Sette mesi i campioni dell’europeismo burocratico  dovettero togliere le sanzioni, ma , scrisse Repubblica  con cipiglio , “Joerg Haider rimane comunque  sotto osservazione: ogni sua mossa sarà controllata dai Quattordici senza presunzione d’innocenza.”.

http://www.repubblica.it/online/mondo/aussanz/revoca/revoca.html

L’auto di Haider. Con qualche strano buco.

Nessuna presunzione d’innocenza  accompagnò la morte, nell’ottobre 2008, in un opportuno incidente d’auto  – a cui sua moglie non ha mai creduto –     del troppo unificatore  Haider che stava ottenendo successi  anche oltre-confine,  in quegli stati che furono nazioni dell’Impero Absburgico.  Infatti occorse anche distruggerne l’onore e  la memoria. Cosa di cui s’incaricò la tedesca Bild Zeitung, scoprendo e intervistando un tizio che si   dichiarò  l’amante omosessuale di Haider.  Un ricordo che sicuramente  è  fisso nella mente del  giovane vincitore Kurz.

Merkel e Juncker hanno avvisato.

La Merkel ha già fatto sapere che la presenza di ministri FPO nel governo austriaco “sarebbe una sfida” per l’Europa.  Juncker ha  immediatamente scritto a Kurz  augurandogli “successo nel formare un governo pro-Europeo”, comunicandogli che “tutti i partiti politici maggiori sono molto  impegnati nella Unione Europea”.  Si  può essere più chiari? L’oligarchia dà suggerimenti alla democrazia. Da quel che si può capire, l’accoglienza  europea  che riceverà Kurz dipenderà molto  se   pensa di associare il suo paese al Gruppo di Visegrad,  i cui leader, specie l’ungherese  e il polacco, irritano profondamente la eurocrazia.  Già   sul  Gruppo  si esercitano forti pressioni internazionali  a divaricarne gli interessi, da Trump (Varsavia  si è legata al gas liquido Made in Usa) a Macron (che è andato a minacciare i polacchi di non far entrare i lavoratori emigranti dalla Polonia), a Soros: il  noto liberale, che recentemente un sottosegretario ungherese András Aradszki, cristiano democratico, ha definito un collaboratore attivo di Satana. Del  resto il  vicepremier ungherese  Zsolt Semjen, ha attribuito l’ondata di immigrati “alla Massoneria, una delle cui versioni è  dà l’ideologia di estremismo ultra-libertario alla Soros”.

Se queste opinioni vi sembrano strane, assurde balzane e un po’ ridicole, è perché esse  non sono entrate nella “narrativa”  mainstream.

Mi è tornato giustappunto sottomano un ritaglio vecchiotto, del 18 agosto 2015,   quando l’Austria era investita in pieno dalle ondate di “migranti”  medio-orientali.  Sul settimanale Direkt, un funzionario   dei servizi segreti militari austriaci, österreichischen Abwerhamts, spiegava che  i trafficanti, per portarli illegalmente in Europa, esigevano da ciascuno profugo, da 7 a 14 mila euro. E precisava:

“Disponiamo di  indicazioni che dimostrano che delle organizzazioni degli Stati Uniti hanno  creato  un sistema di co-finanziamento e  contribuiscono in modo sostanziale ai costi del viaggio.  La maggior   parte dei profughi pagherebbero UNDICImila euro, in  contanti. Nessuno si chiede da dove viene il denaro?”

« Les Etats-Unis financent l’immigration massive vers l’Europe », affirme un agent des services de renseignement militaires autrichiens

 

No, non se lo chiedono né se lo devono chiedere i giornalisti. Devono attenersi alla “narrativa” prescritta. Pensate se   l’Austria dando  più forza e più prestigio a Visegrad,  contribuisse a non dico a sdoganare, ma a   far convivere con quella dominante un’altra “narrativa”, quella  di  tipo magiaro.

I padroncini del discorso

E’ tutta  questione di “narrativa” e di chi la controlla.  Ve lo racconto con un fatto:

qualche tempo fa ho ricevuto una lettera dall’Ordine dei Giornalisti.  Detto Ordine mi rendeva noto, intono vagamente minatorio,  di aver scoperto che non avevo ancora partecipato ad alcuno dei “corsi di formazione permanente” indetto dal medesimo Ordine; mi ricordava che tali corso sono ”obbligatori”,  e minacciava non ricordo quali  punizioni e radiazioni, se non avessi partecipato almeno a qualcuno. Io ho risposto che a 73 anni e non più attivo, avevo  il diritto di non partecipare alla loro”formazione permanente”;  e che anzi, avendo io 37 anni di   mestiere, avrei potuto io insegnare una o due cose  a loro…

Non ci ho più pensato. Credevo si trattasse di corsi di  aggiornamento  tecnico, che ne so, nuove tecnologie, web, diritti d’autore…. Adesso una giovane collega mi ha mandato  i programmi di alcuni dei corsi che  obbligatoriamente ha dovuto seguire, sotto pena, se inadempiente, di essere radiata dall’Ordine.

Riproduco qui i programmi: in formato grande, perché è essenziale che li leggiate bene.

 

Come potete constatare, non sono corsi che insegnano come lavorare  le nuove leve del  giornalismo  italico, votate al precariato  ontologico.

Sono corsi che insegnano quello che un giornalista deve pensare:  del Caso Regeni, degli LGBT,    sulla “violenza di genere”,  delle fake news, dell’immigrazione. Il corso sui Trans, ”Nati in un corpo sbagliato”, ha lo scopo di “valorizzare le strategie  anti-discriminazione sui media  e nella rappresentazione pubblica delle persone trans gender”, consapevoli che le parole “sono uno strumento capace di produrre il cambiamento”.  Il corso è tenuto da gruppi di militanti gay.

Il corso su “ISIS, il terrorismo nel nome di Dio”,  istruisce come “raccontare e commentare i fenomeno  jihadista”  in relazione “ad aromenti del dibattito pubblico come immigrazione, integrazione, de radicalizzazione”.

Come potete vedere tutti, sono  corsi di indottrinamento.   Di omologazione alla “narrativa”  mainstream,  catechizzazioni al politicamente corretto e all’obbedienza alle versioni ufficiali. Pura ideologia, come dimostra anche la militanza specifica dei “relatori” scelti: tutti di una certa area, la sola ammessa.