SUL PROCESSO A DANILO QUINTO, EX RADICALE CONVERTITO

…il 16 gennaio a Piazzale Clodio, non va lasciato solo.

“Danilo Quinto, per 20 anni dirigente radicale oggi convertito cattolico, rischia un processo per aver definito “servo sciocco”  un ex compagno. Così suonava un articolo  apparso su La Verità il 27 dicembre.

verità (1)

E’ un processo per diffamazione (“servo sciocco” diffama?) che va avanti ben dal 2012. L’udienza finale  è fissata il 16 gennaio a Roma, Piazzale Clodio, Palazzo B, aula 5, primo piano. E  si teme  una condanna gravissima. Per aver detto “servo sciocco” ad uno?

Per far capire bene l’enormità e arbitrarietà della persecuzione giudiziaria, ricordiamo un  altro caso di diffamazione.  Nel dicembre 2014,  a La Zanzara,  Oliviero Toscani disse di Salvini a commento di foto del “capitano” a torso nudo :  «Ma poverino, non ha proprio niente da fare. In quelle foto sembra un maialino sotto il piumino. Uno che dice di uscire dall’Europa e poi si fa fotografare così. (…) Salvini fa i pompini, va benissimo per quello. A chi li fa? Salvini fa i pompini ai cretini, fa anche rima. Prende per il culo chi lo vota».  Nel luglio 2017  il fotografo dei Benetton,  è stato condannato  una pena pecuniaria: 8.000 euro più le spese legali.

(https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/12431066/oliviero-toscani-matteo-salvini-fa-i-pompini-condannato-tribunale.html).

 

“Dovrei stare tranquillo”, mi dice Danilo, “perché le querele per diffamazione, di solito, si risolvono così: con una sanzione pecuniaria. Ancora più tranquillo, se vuoi, perché nel mio caso non posso pagare nessuna sanzione: non ho né 8.000 né 1 euro da pagare, né tanto meno possiedo nulla su cui terzi possano rivalersi. E loro lo sanno.

“Ma tranquillo  non sono  perché  già ho ricevuto una condanna profondamente ingiusta, relativa ai miei stipendi di 10 anni come responsabile della Tesoreria del partito:  stipendi  scritti nei bilanci, conosciuti da tutti, perché presenti  nelle mie relazioni quindicinali al gruppo dirigente, approvati dai revisori dei conti e dai congressi all’unanimità. Stipendi sui quali pagavo le tasse regolarmente. La conoscenza dell’avente diritto di questi fatti (CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO, la chiama il codice penale all’art. 50, che è causa d giustificazione del comportamento di una persona) nel mio caso non è stata considerata”.

I radicali hanno denunciato Quinto di aver rubato gli stipendi che ha percepito regolarmente e comprovatamente per dieci anni?

Lui spiega: “La denuncia dei radicali  (dai quali MAI, in precedenza, avevo ricevuto la minima contestazione del mio operato) fu presentata dopo l’ultimo incontro con Pannnella  (2005) in cui gli annunciavo le dimissioni e chiedevo la liquidazione dei miei anni di lavoro (DAL 1987 AL 2005, a prestazione occasionale  (sic), e – non avendo ricevuto alcuna risposta – DOPO L’APERTURA DELLA CAUSA DI LAVORO che poi anni dopo ho perso, con ricorsi rigettati senza neanche aprire la causa, sia in primo sia in  secondo grado. Sono quindi rimasto senza liquidazione e senza pensione. A 62 anni”.

E come è andata?

“La condanna di primo grado è stata di 1 anno e 10 mesi più una provvisionale esecutiva  di 200 mila euro, con relativo atto di pignoramento  che mi giunse nel 2010”, ricorda Quinto.

“E  senza neanche disporre una perizia contabile.  Eravamo a Bari, in quel periodo, in una casa in affitto ammobiliata con mobili antichi di proprietà della proprietaria. Dovemmo sgombrare tutto, perché c’era il rischio che aggredissero quei mobili. Mio figlio, che aveva 5 anni, si aggirava vagando in una casa diventata all’improvviso vuota. Non voglio essere patetico. E’ quello che abbiamo vissuto.

“Mi opposi, sia alla condanna penale sia al pagamento della provvisionale con un procedimento civile   –  che dopo 7 anni mi ha dato ragione. Chiesi l’anticipo della discussione dell’appello, RINUNCIANDO COSÌ DI  FATTO ALLA PRESCRIZIONE. In APPELLO, la condanna fu ridotta a 10 mesi, con pena sospesa e non menzione e fu eliminata la provvisionale esecutiva (a tutt’oggi, non mi risulta che i radicali abbiano fatto azioni civili nei miei confronti per richiedere quel denaro). Condanna  confermata in CASSAZIONE.

“in tutt’e tre le sentenze, come dicevo, non s’è tenuto conto del “consenso dell’avente diritto”, art. 50 del codice penale”.

L’articolo in questione detta:  “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne.”  Insomma i radicali sapevano benissimo dello stipendio che Danilo Quinto prendeva, e non si sono mai opposti. Quindi anche ammesso (e non concesso) che “si pagasse da sé” essendo tesoriere, essi avevano lo sapevano e consentivano. Caso di non punibilità

“L’articolo 50, nel mio caso è rimasto inapplicato. Sono diventato – mi dicono gli avvocati – un caso di scuola giurisprudenziale, mio malgrado. Senza considerare che è risibile che una persona che ha gestito decine e decine di miliardi e che avuto a che fare con centinaia di fornitori,  si accontenti, se è un ladro, come affermò pubblicamente Pannella di me, si “accontenti” di qualche spicciolo”

Pannella ti ha dato pubblicamente del ladro, e tu…?

“Lo querelai, la querela fu archiviata.”.

Naturalmente.  Dunque ecco l’oggettività della giustizia italiana: Pannella ti dà pubblicamente del ladro, e per i giudici non ti ha diffamato. Tu hai dato del “servo sciocco” a un radicale, e sei un diffamatore. Chi è il giudice?

Quello che  mi rinviò a giudizio nel primo processo penale non l’ho mai incontrato”, risponde Quinto. “ Conoscevo il padre sin dagli anni ’80, Nicolò Amato, che frequentava i congressi radicali, come ho scritto nel mio libro. Era il 2006: Emma Bonino era Ministro del Commercio con l’estero del Governo Prodi.   So che lo stesso giudice ricevette da me un auto-denuncia,  nella quale tra l’altro documentavo di trasferimenti ricevuti dal Partito Radicale da Radio Radicale e contestualmente girati da me alla Lista Pannella (5 miliardi nel 1999), in cui chiedevo se essi  costituissero o meno  uso di denaro pubblico a fini privati”.

E cosa ha fatto  il giudice di questa tua in cui,come tesoriere, ti autodenunciavi per aver girato i fondi dati dallo Stato a Radio Radicale alla lista pannella, evidente illegalità?

“La archiviò”.

E  tutto è finito lì?

“So che di quella denuncia fu  presentata un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio (Prodi) che non ha ricevuto risposta.  So  che ancor oggi, da 25 anni, Radio Radicale riceve dallo Stato soldi pubblici pari a 10 milioni di euro all’anno senza alcuna giustificazione”.

Quanto al processo sugli stipendi che avresti “rubato”…

“Il procuratore generale in appello chiese la mia assoluzione in apertura d’udienza, mentre la corte decise per una perizia, sulla quale il mio legale, nel ricorso in Cassazione, scrive: “Non è dato comprendere l’oggetto e le risultanze della perizia contabile, la cui considerazione avrebbe dovuto condurre la Corte di Appello ad assolvere il QUINTO, attesa la mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova che il fatto sussiste o che costituisce reato, assodata la complessa e confusa natura del rapporto economico che lo legava, quale Tesoriere, al Partito Radicale”.   Ricordo che  non ero impiegato,  ero a “prestazione occasionale”.

Quindi, adesso, anche sul processo per diffamazione temi…

“So che la storia del processo per diffamazione  va avanti da 6 anni (ne ebbi notizia nel mese di settembre 2012), senza che abbia mai potuto dire una sola parola al giudice che mi ha rinviato a giudizio. –   Il 16 gennaio sarà l’ottava volta che vado a Piazzale Clodio per “servo sciocco”.  Un’umiliazione ulteriore per chi ha scritto 8 libri e 2.000 articoli, per i quali ha già pagato tutte le conseguenze, compresi salari  sottratti dalla sera alla mattina.

 

“Per tutte queste ragioni, ho deciso di chiedere a tutti coloro che conosco di assistere al mio processo”.

Chi può, vada a Piazzale Clodio, palazzo B, aula 5, il giorno 16.

Chi vuole contribuire alle  spese legali  di Danilo, perseguitato in quanto convertito, e alla sua battaglia di libertà e verità, può utilizzare il conto corrente PostePay, intestato Pasquale Quinto:
IBAN IT 54 Y 36081 0513820 1764601769
Codice BIC/SWIFT PPAYITR1XXX
Causale: donazione.

 

Per chi ha pazienza, qui sotto  una memoria più particolareggiata:

Danilo Quinto ha ricevuto detta denuncia per diffamazione a  settembre 2012 da parte dell’ex deputato radicale Maurizio Turco (rappresentante legale del Partito Radicale e dopo la morte di Marco Pannella – maggio 2016 – diventato Presidente della Lista Pannella, che è titolare di tutti i beni radicali, immobili e Centro di Produzione SpA-Radio Radicale, che riceve ogni anno dallo Stato 10 milioni di euro in base ad una legge che la definisce “servizio di interesse pubblico generale”, vedi nota a fondo pagina (*)

Dove e come Danilo Quinto ha “diffamato” il Turco con quelle parole? Nel suo primo libro dove racconta la propria conversione: “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, stampato  ad aprile del 2012  Le parole “incriminate” erano contenute in questo contesto:

“Quel che avvenne in seguito” (Quinto si riferisce al Congresso di Radicali Italiani del 2003) – “una votazione unanime positiva sulla mia ricandidatura, poi smentita con l’autocandidatura di Rita Bernardini; i reiterati tentativi di Pannella di convincermi ad accettare di fare da balia alla nuova tesoriera per sei mesi, come avviene in America, con i Presidenti, mi diceva, con la sua megalomania; il servo sciocco di Pannella, Maurizio Turco e l’allora adorato segretario di Radicali Italiani, Daniele Capezzone – che mi invitarono a contrapporre la mia candidatura a quella di Rita Bernardini, proprio loro che erano stati tra i maggiori artefici della mia defenestrazione – non mi riguardò più”.

Ben altre parole ed espressioni sono state dirette  a  Turco da esponenti storici del Partito Radicale dopo la morte di Pannella, e pubblicamente:

“Gianfranco Spadaccia: “Voi date per scontato che esistiamo noi e poi esistono i seguaci di Maurizio Turco (…) Radio Radicale non può essere una questione ereditaria, di lascito a Maurizio Turco, che decide su Radio Radicale (…)” ( Congresso di Radicali Italiani, ottobre 2016). Sempre Spadaccia l’ha definito “plenipotenziario” (Gianfranco Spadaccia, Congresso di Radicali Italiani, ottobre 2016). Emma Bonino ha definito il Turco  “unumviro” (al Congresso di Radicali Italiani dell’ottobre 2016), riferendosi ai “quadrumvuri” che erano stati eletti e a Turco, coordinatore e  rappresentante legale . Roberto Cicciomessere l’ha accusato di “ritenere di aver avuto da Dio il mandato di essere depositario del verbo radicale”, di “alzare la bandiera di Pannella e non fare niente” (nel corso di una riunione del 14 luglio 2016); sempre Cicciomessere, al Corriere della Sera, il 18 luglio ’16: “Ciò che gli interessa è impossessarsi del brand Radicale, della presa di possesso del partito transnazionale che giustifica il possesso del patrimonio radicale”. Nessuno di costoro è stato denunciato per diffamazione.

Del resto, nel libro “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”   Danilo Quinto ha documentato  verità scottanti, comportamenti inquietanti dei soggetti radicali ed  espresso  giudizi molto duri sulla realtà che  lui stesso aveva vissuto  dentro il partito . Questi non sono stati oggetto di alcuna denuncia.

Invece ecco: per quella frase, “Vengo rinviato a giudizio nel mese di settembre 2016, per decreto, come si dice in termine tecnico, cioè senza avere nessun’altra notizia per 4 anni e senza essere ascoltato nella fase preliminare”.

 Il processo si apre in primo grado il 15.11.2016 ed arriverà alla sua conclusione il 16 gennaio 2019.  Sono state fissate 7 udienze. In una di queste, il 22.02.2018, il pubblico ministero aggiunge un secondo “capo d’imputazione”, che riguarda sempre il reato di diffamazione, e si riferisce a questo passo del libro:

“(…) Tanto devoto, l’attuale capo della delegazione radicale alla Camera dei Deputati, che si affidò a Pannella per dirimere le questioni con sua moglie – sorella dell’avvocato di Pannella, Giuseppe Rossodivita – e per decidere la relativa separazione. “È stato Marco ad aiutarmi. È venuto a casa nostra a Bruxelles, a cena, e ha deciso e sistemato tutto lui”, mi raccontò in un impeto di confidenza. Pannella si assumeva anche questi compiti: nella sua infinita bontà diventava per i suoi adepti anche sensale o guastatore di unioni pseudo-matrimoniali”.

 L’episodio che Quinto racconta qui è vero. Gli è stato raccontato dal protagonista. Serviva, nell’economia del libro, per spiegare come Pannella intervenisse – come amico-consigliere – nei confronti di tutti, per dirimere anche i loro rapporti privati. Nell’ultima udienza, il 18.06.2018, sono stati ascoltati 4 testimoni a  sua difesa, che hanno confermato qual era il ruolo di Pannella.

(Tre santi laici. Da RadioSpada)

Insomma: questi  difensori universali dei diritti umani, questi  pretendenti a quella che e un prelato bergogliano, Padre Lombardi, ha esaltato come “l’eredità umana e spirituale di Pamella”  –  non  si limitano a volere mettere  a tacere Danilo Quinto.   Vogliono annientarlo. Per una ragione molto semplice: ha raccontato le loro gesta,  scandagliato la loro ideologia,  smascherato le loro contiguità con quei parlamentari cosiddetti cattolici che hanno consentito – con la loro ignavia – che il loro maggiore organo di propaganda, Radio Radicale, ricevesse ogni anno 10 milioni di euro.

Mettiamolo in fila, anno dopo anno, questo denaro. Quella che padre Lombardi chiama “l’eredità umana e spirituale di Pannella”, su cui ci dovremmo confrontare – secondo lui – che ha prodotto le leggi più nefaste rispetto al piano del diritto naturale, si è consolidata attraverso il denaro che è provenuto dallo Stato e con la complicità di una buona parte dei cattolici, che hanno abortito, hanno divorziato, hanno usato i sistemi anticoncezionali, sono favorevoli all’eutanasia e sarebbero pronti a plebiscitare Emma Bonino Presidente della Repubblica.

Conclude Quinto: “ Mi hanno spogliato di tutto. Dei miei diritti lavorativi di oltre vent’anni, della liquidazione, della pensione, del lavoro. Mi hanno anche condannato a 10 mesi di reclusione con pena sospesa e non menzione, perché avrei rubato i miei stipendi, conosciuti da tutti, scritti in modo evidente nei bilanci approvati dai Congressi, sottoposti alle relazioni dei revisori dei conti.  E per oltre vent’anni di responsabilità non ho ricevuto alcun tipo di contestazione e rilievo, che puntualmente ricevo – con una denuncia penale per appropriazione indebita – subito dopo l’apertura da parte mia della causa di lavoro per far valere i miei diritti.

“Io non mollo, nonostante la persecuzione”, dice Danilo: “Non sono disposto a compiere nessun compromesso di nessuna natura. Neanche quelli che mi chiedono i cattolici, molti dei quali mi odiano, perché non appartengo a nessuna delle loro consorterie e delle loro sette. Sono figlio di Dio e tanto mi basta. Vivo nella libertà e nella verità, mettendo nel conto che l’unica cosa che è chiesta al battezzato è stare davanti alla Croce e condividere, per un minimo, le sofferenze a cui è stato sottoposto Nostro Signore da un mondo che l’ha odiato e lo odia, come odia i Suoi amici. Ai miei nemici dedico le mie povere preghiere.

 

NOTA  di Danilo Quinto: 

(*) L’ideologia del pensiero unico o del “partito radicale di massa”, penetrato anche nella Chiesa, ha avuto ed ha in Italia uno strumento formidabile per la sua propaganda: Radio Radicale. L’esistenza dei radicali e di Radio Radicale è stata consentita grazie a quelle decisioni, prese di volta in volta da entrambi gli schieramenti con uno spirito e una volontà bipartisan senza precedenti, attraverso un’enorme elargizione di denaro di provenienza pubblica. Nell’agosto 2008 – Governo Berlusconi – Radio Radicale è stata l’unica emittente esclusa dal ridimensionamento dei fondi pubblici per l’editoria, in quanto impresa radiofonica privata che ha svolto attività di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 23: questa legge sancisce il primo cespite di finanziamento a favore di Radio Radicale, che corrisponde a 4 milioni di euro l’anno. Nel corso di ogni esercizio finanziario, vengono esaminate ed istruite, dal Dipartimento per l’Editoria, le domande per l’ammissione ai contributi e alle agevolazioni relativi all’anno precedente. L’ultima entrata per Radio Radicale è quella del 2016. Quest’anno riceverà quella relativa al 2018. La legge n. 23 del 1990 venne approvata per sancire l’esistenza di emittenti radiofoniche che avessero nei 3 anni precedenti trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le ore sette e le ore venti e avessero esteso il numero di impianti al 50% delle province e all’85% delle regioni. È anche la legge che elargisce a Radio Radicale (una tantum, allora) i primi dieci miliardi di derivazione pubblica. Sempre nel 1990 venne approvata la cosiddetta “legge Mammì”, che attribuiva alla Rai-Tv il compito di trasmettere le sedute parlamentari, ma questa disposizione restò misteriosamente lettera morta. Radio Radicale continuò a svolgere il suo servizio e non volle più inseguire finanziamenti una tantum. Preferì perseguire un’altra strategia: quella della convenzione con lo Stato per la trasmissione delle sedute parlamentari. Puntualmente, la ottenne. Quando il governo Prodi nel 1997 rifiutò di rinnovare la convenzione con Radio Radicale per la trasmissione delle dirette dal Parlamento e la Rai-Tv si accinse a creare la propria rete radiofonica, senatori a vita, presidenti emeriti della Corte Costituzionale e molti parlamentari, tra i quali numerosi furono i cosiddetti cattolici, chiesero al governo di considerare decaduta la disposizione della legge Mammì che imponeva la realizzazione della rete radiofonica Rai per il Parlamento, di prorogare per altri 3 anni la convenzione con Radio Radicale e di affidare la convenzione in occasione del rinnovo successivo tramite una gara. Venne così approvata la legge 11 luglio 1998, n. 224, che s’intitolava: “Trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari e agevolazioni per l’editoria”. Mentre la legge confermava lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara e nelle more rinnovava la convenzione con Radio Radicale per un ulteriore triennio, venne mantenuto l’obbligo per la Rai-Tv di trasmettere le sedute parlamentari tramite Gr Parlamento, impedendole però di ampliare la rete radiofonica fino all’entrata in vigore della legge di riforma generale del sistema delle comunicazioni.

Nel 2001, 2004 (Governo Berlusconi) e 2006 (Governo Prodi),  la convenzione con Radio Radicale venne rinnovata ogni volta all’interno delle disposizioni della legge finanziaria! Come avviene ancora oggi: l’importo è di 10 milioni di euro l’anno. L’ultimo è stato erogato, per il 2018, con la legge finanziaria approvata nel dicembre 2017. Uno spreco che definire inutile è poco, nonostante la legge 11 luglio 1998 n. 224 dica che la convenzione è solo provvisoria – provvisoria da vent’anni! – perché il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari deve essere concesso alla Rai attraverso una rete radiofonica (in aggiunta alle tre esercitate in base all’atto di concessione) riservata esclusivamente a tale scopo. E la Rai, dal canto suo, ha iniziato la trasmissione delle sedute parlamentari attraverso Gr Parlamento, così come le sedute parlamentari vengono trasmesse costantemente sui canali satellitari.

Il 30 dicembre 2009 – governo Berlusconi – con la pubblicazione del decreto legge “Milleproroghe” in Gazzetta Ufficiale, la convenzione venne di nuovo rinnovata: la durata venne ridotta da 3 a 2 anni. Durante la discussione sulla manovra finanziaria dell’estate 2011, fu presentato un ordine del giorno – dichiarato inammissibile dal presidente della Camera per estraneità di materia – che “impegna il governo a provvedere, entro la fine del 2011 alla proroga della convenzione tra il ministero dello Sviluppo economico e la Centro di produzione S.p.A., per gli anni 2012, 2013, 2014, stipulata ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, individuando, allo scopo, le risorse necessarie quantificate in 10,2 milioni di euro per ciascuno degli anni”. Riferisce il sito di Radio Radicale che “subito dopo la dichiarazione di inammissibilità, i deputati radicali hanno continuato la raccolta delle firme trasformando l’atto istituzionale in atto politico. Ora la raccolta delle sottoscrizioni è aperta anche ai senatori, ai deputati europei e ai consiglieri regionali di tutta Italia che, con la loro firma, intendano sostenere Radio Radicale e il servizio pubblico che svolge”. Quel testo, è stato sottoscritto – riferisce sempre il sito di Radio Radicale – da 568 parlamentari, la maggioranza assoluta di entrambe le Camere. Moltissimi bei nomi di tutti i gruppi parlamentari e tanti cattolici o che si professano tali. Per citarne solo alcuni: da Pierluigi Castagnetti a Giuseppe Fioroni; da Mario Baccini a Laura Bianconi; da Marco Follini a Maria Pia Garavaglia; da Luigi Bobba a Renato Farina; da Gianfranco Rotondi a Savino Pezzotta; da Gero Grassi a Franco Marini, da Enrico Gasbarra a Eugenia Roccella.

Nel 2006, il 28 luglio, la seduta è la numero 28 del Senato della Repubblica, Domenico Gramazio di Alleanza Nazionale rivolse un’interrogazione a risposta scritta – la numero 4-00411 degli atti parlamentari – al Presidente del Consiglio dei Ministri. I radicali, in quella legislatura, erano per la prima volta nella loro storia al Governo, con Emma Bonino Ministro del Commercio Internazionale e alle Politiche europee. Il senatore Gramazio scriveva: “Nel mese di ottobre 2006 viene a scadenza la convenzione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Centro di produzione S.p.a., proprietaria di Radio Radicale; i fondi confluenti in questa società, che percepisce finanziamenti quale organo di stampa della Lista Pannella e compensi per la trasmissione di servizi parlamentari, sembra che vengano trasferiti nelle casse della Lista Pannella, in tal modo finendo per costituire un ulteriore, surrettizio finanziamento pubblico al partito; dai bilanci pubblicati del Partito Radicale nell’anno 2004 risulta che questo ha un debito verso il Centro di produzione, ma un credito nei confronti della Lista Pannella del medesimo importo. Ciò potrebbe costituire, a giudizio dell’interrogante, sostanzialmente una partita di giro, che potrebbe preludere a surrettizi trasferimenti di somme tra Centro di produzione S.p.a. e Lista Pannella, utilizzando quale mezzo il Partito Radicale. Si chiede di sapere: quali controlli vengano esercitati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento dell’editoria, perché i fondi assegnati siano effettivamente destinati alle finalità previste nella convenzione”. La risposta fu il silenzio.

Il 7 aprile 2006 avevo presentato alla Procura della Repubblica di Roma una querela-denuncia che illustrava una serie di fatti. Spiegai come Radio Radicale sembrava fosse un veicolo per far pervenire denaro alla Lista Pannella e di qui ad altre componenti del mondo radicale, aiutate, in caso di difficoltà, proprio dalla Lista Pannella. Tra questi fatti, citai la natura del debito di 2.817.000 euro del Partito Radicale verso il Centro di Produzione S.p.A., proprietario di Radio Radicale: un mero giroconto del credito che, a sua volta, vantava allo stesso titolo nei confronti della Lista Pannella. Questo perché i servizi del Centro di Produzione alla Lista Pannella erano bypassati attraverso il Partito Radicale, che rimase formale debitore, senza aver goduto nulla; mentre il debito del Partito Radicale nei confronti del Centro di Produzione era rappresentato da un atto di transazione da me sottoscritto, del credito del Partito Radicale verso la Lista Pannella vi era traccia solo in copie di bonifici effettuati a favore della Lista Pannella che avevano origine nel 1999. In quell’anno, la Lista Pannella ebbe necessità di risorse economiche per finanziare la campagna elettorale, ma verosimilmente non si volle far apparire un dirottamento di denaro dal Centro di Produzione, che equivale a dire Radio Radicale, bensì di utilizzare il Partito Radicale, che facesse formalmente da tramite, ricevendo le somme da Torre Argentina Società di Servizi ad altro titolo formale. Chiesi nella denuncia se si potesse configurare un’ipotesi di reato (l’uso di denaro pubblico a fini privatistici). La risposta fu l’archiviazione.