Su ordine USA la Meloni esce dalla Via della Seta

.. E senza chiedere nessuna contropartita

Bloomberg riferisce che “l’Italia ha segnalato agli Stati Uniti che intende ritirarsi da un controverso patto di investimenti con la Cina entro la fine dell’anno “.

“Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha rassicurato il presidente della Camera degli Stati Uniti Kevin McCarthy durante un incontro a Roma la scorsa settimana che, sebbene non sia stata presa una decisione definitiva, il suo governo sta favorendo un’uscita dal suo ruolo nella massiccia Belt and Road Initiative della Cina, secondo le persone presenti ai colloqui”, rivela Bloomberg . Né l’amministrazione italiana né quella statunitense devono ancora rilasciare commenti o conferme pubbliche al rapporto.

In cambio di cosa, visto che uscire dalla BRI significa tagliarsi da fiume di 900 miliardi di progetti globali infrastrutturali nel mondo? Da quel che appare, Meloni non ha chiesto un compenso e una controparte, né gli USA oggi in rovina finanziaria terminale sarebbero in grado di dare niente. Solo comandi e minacce. Anzi, può aspettarsi qualche ritorsione da Pechino, visto che ha mandato la nostra Cavour a provocare nel Pacifico, e che – ovviamente – Roma si unisce senza la minima riserva anche a un nuovo pacchetto di restrizioni commerciali inteso a “punire” la Cina da parte dell’Unione Europea

Come riportato domenica dal FT, “Bruxelles ha proposto sanzioni alle società cinesi per aver sostenuto la macchina da guerra russa per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, uno sviluppo che potrebbe aumentare le tensioni con Pechino”.

L’elenco include un paio di società della Cina continentale – 3HC Semiconductors e King-Pai Technology, oltre a cinque società con sede a Hong Kong: Sigma Technology, Asia Pacific Links, Sinno Electronics, Tordan Industry e Alpha Trading Investments. Tuttavia, il pacchetto di sanzioni necessita ancora dell’approvazione di tutti i 27 Stati membri dell’UE per entrare in vigore.

Un ritiro dell’Italia dalla BRI sarebbe un colpo significativo e anche estremamente simbolico per Pechino, dato che l’Italia è stata il primissimo  paese del G-7 ad entrare a far parte della iniziativa cinese , cruciale per la visione di Xi per l’espansione globale cinese. L’Italia aveva firmato formalmente sotto l’allora premier italiano Giuseppe Conte. È opinione diffusa che ciò abbia innescato un maggiore impegno di Washington con Roma, al fine di allontanare il Paese dall’influenza cinese.

Secondo l’analisi citata nel precedente rapporto di Bloomberg del mese scorso :

“L’Italia è  tra l’incudine e il martello , e cosa fare con il patto di cooperazione è un vero enigma diplomatico per Meloni”, ha detto in un’intervista Francesca Ghiretti, analista presso la società di ricerca Mercator Institute for China Studies. “Rinnovarlo manderebbe un messaggio molto difficile a Washington, ma non rinnovarlo metterebbe a dura prova le relazioni con la Cina”.

Il primo ministro italiano potrebbe avere una dichiarazione ufficiale pronta da lanciare entro il vertice del Gruppo dei 7 del 19-21 maggio a Hiroshima. 

Reuters/Brooking Institution

L’Italia non è ben collegata alla Cina nemmeno dalle rotte marittime, motivo per cui Xi negli anni precedenti ha citato il miglioramento della connettività e la costruzione di porti come obiettivo chiave della BRI in Italia. Ma ultimamente, come osserva Bloomberg, ” Gli Stati Uniti hanno attivamente fatto pressioni su Roma affinché prendesse una posizione pubblica sulla questione e abbandonasse il patto, hanno detto le persone, che hanno chiesto di non essere identificate perché le discussioni sono private”.

Appare che Washington avendo perso – grazie alla mediazione di Pechino fra Ryad e Teheran – l’obbedienza dell’Arabia Saudita e della Lega Araba che ormai irride ai suoi ordini, per tacere della Turchia, non abbia di meglio che comandare questa ritorsione ordinando al servo più basso che le resta di fare il dispettuccio. Senza nemmeno il bisogno di compensare il servo per la perdita e il danno..che è notevole. Qui sotto il nostro export verso la Cina, che stiamo per perdere – mentre l’America ci vende il suo gas di scisto a 5 volte il prezzo a cui la Russia ci vendeva il suo..

E non basta: