“Il Sistema produce il suo proprio popolo”

“Un popolo, si fabbrica attraverso le parole della storia, le parole dei dominanti insomma di quelli in alto.

“Il Sistema produce il suo proprio popolo, quello che gli conviene. Capire questo aiuta a capire perché i popoli europei sono pecore, piccioni, vitelli velleitari.

“La “società civile” attuale  è  un prodotto del sistema delle mercanzie, del mercato – e perciò,  la distruzione delle identità radicate nella classe media è un progetto di  classe”.

Queste asserzioni di Bruno Bertez, un  giornalista economico di successo,  economista-filosofo, critico della mondializzazione,  spiegano fin troppo bene le difficoltà che hanno i movimenti sovranisti – ossia democratici in senso forte – ad affermarsi  attraverso il voto nelle loro istanze anti-Sistema. Contro di loro, il Sistema riesce a coalizzare minoranze differenti,dalla generazione Erasmus  al “mondo dello spettacolo”  al “circo mediatico”,  ai radical chic ai  trans e LGBT, senza dimenticare gli immigrati islamici e i no global,  i vegani e i  parassiti pubblici, che tutte insieme formano la maggioranza:  quella che “gli conviene”:  quella  del “No al fascismo”, “no al razzismo”, “no  ai confini”,   no alla “xenofobia”, ovviamente si all’Europa, sì all’euro, sì a tutto ciò che il Sistema, o Soros e Goldman Sachs,  detta e vuole. Sono minoranze con le istanze più varie, magari assurde e demenziali, che di colpo si  coagulano contro i loro stessi cittadini – la psico-polizia di massa orwelliana, la più ermeticamente catafratta.

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E’ così che le classi sfavorite che  per esprimere istanze sociali di sinistra   hanno votato Le Pen o “non” hanno votato Merkel, vengono pure bollate di nazismo (“Come sono nazi questi poveri”, ironizzava Bagnai sul voto tedesco all’AfD, raccolto nei Lander dell’Est e  fra i  sottopagati). La linearità della lotta di classe viene falsata e nascosta, e così sconfitta sul nascere.

la ex classe media è meno integrata delle minoranze etniche

“Il grande tema nascosto da 30 anni, è la scomparsa della classe media”, dice il geografo Christophe Guilly. “La classe media in senso largo, quella che ieri raggruppava l’operaio, impiegato, il quadro. La gente che era integrata economicamente, quindi anche socialmente, politicamente  e culturalmente” – ed ora non lo è più.

“La classe media occidentale non è più integrata al modello economico, che è mondializzato.  Questa gente si trova  anche territorialmente, nei territori che contano  poco”. Per questo si parla di Francia periferica, di inglesi periferici (pro-Brexit),   di America periferica (che ha votato Trump)”. Nelle sue approfondite inchieste, Guilly ha scoperto infatti che non sono le banlieues,  abitate dalla gente di colore e di nuova immigrazione, sovra-rappresentati dai media, i luoghi di vera esclusione: lì anzi “lì l’integrazione economica funziona meglio per  il fatto stesso della prossimità alle metropoli mondializzate”.

Incredibile. Gli abbiamo soppresso le frontiere, gli abbiamo soppresso la moneta, abbiamo distrutto la loro cultura…e ancora non se ne vanno? Possiamo  passare  alla fase seguente!

Infatti, la “metropoli mondializzata popolata di radical chic [bobos, bourgeois-bohémiens] progressisti,  che si crogiolano nel liberalismo economico, la società aperta, i comportamenti consumisti libertari”  fa’ vivere le minoranze etnicizzate delle banlieues nella luce dei suoi consumi  di lusso, del suo benessere, del suo superfluo, della sua “creatività senza pregiudizi” e senza tabù.

Le banlieues, dove si concentra il flusso migratorio internazionale, “permettono più facilmente l’ascesa sociale per il fatto della prossimità alle metropoli”. I nuovi immigrati vi si concentrano perché godono degli affitti “sociali” delle grandi metropoli, mentre “le classi popolari sono intrappolate lontano  dalle zone che creano  posti di lavoro”. Nelle cittadine sotto i 10 mila abitanti vivono il 56 per cento degli operai francesi di nascita, e solo il 14 % dei nuovi immigrati etnici.  Né possono   stabilirsi  vicini alle metropoli perché, per loro che non godono di “affitti sociali”,  le pigioni sono proibitive.  Andare ogni giorno al lavoro a 20 chilometri costa 250 euro al mese, un quarto del salario minimo garantito.

Si arriva al punto che, “ mentre i bisogni di prestazioni ed affitti sociali non sono mai stati così forti, i francesi, specie i più modesti,  vogliono restringere il campo dello stato  provvidenza,  sospettato di aiutare prioritariamente gli immigrati. Lo Stato provvidenza viene criticato da quelli che ne avrebbero più bisogno”.

I francesi bianchi, o  quelli di antica immigrazione  dall’Europa, sono confinati in piccoli centri dove le industrie sono morte. E sono “invisibili” a quelli “di sopra”, ossia i radicalchic   delle metropoli globalizzate, i gaudenti del Sistema e i loro  gestori.

Tanto più che “il controllo  della  produzione  dell’immagine”  da parte dei metropolitani chic “permette di imporre la rappresentazione di una società placata, integrata,  anche agiata, rendendo invisibile la maggioranza delle classi popolari…Le classi superiori ne hanno persino dimenticato l’esistenza, di questa classe  popolare e maggioritaria” . Anche  perché “questa società dell’apertura al mondo” e cosmopolita “è in realtà un piccolo mondo chiuso”.

Ciò significa che “il mondo di sopra non si fa più carico delle aspirazioni del mondo in basso: è una rottura storica. Le ineguaglianze non fanno che aggravarsi”, ma “il mondo politico e intellettuale non è più in collegamento con le classi popolari”, benché potenzialmente maggioritarie.

E  poiché “la classe dominante ha fatto aderire al suo modello economico e territoriale l’insieme della classe mediatica e intellettuale – il mondo d’in basso non riconosce più alcuna legittimità ai mediatori politici, sindacali, o usciti dal mondo intellettuale”.

I due mondi sono separati come non  mai. E in questa frattura storica, “il mondo di sopra è sempre più in una posizione di dominio di classe, in rottura con quello in basso”. E’ la nuova borghesia che si  nasconde sotto la maschera della virtù moralistica: “accoglienza” degli immigrati (tanto  mica li ospitano nei loro attici), “apertura”, “larghezza di vedute” (non vi ricorda la Boldrini?)  contro quella Francia periferica che ha votato a Nord il FN perché disoccupata, e al Sud perché invasa dai musulmani minacciosi e non integrati, con cui condividono i falansteri  e litigano sui pianerottoli.

Ho sottolineato che il rapporto dei ricchi coi poveri è “dominio di classe”.

“L’antifascismo? Un’arma della classe dominante”.

Spiega Guilly: “Per questo dico che l’antifascismo è divenuto un’arma  di classe.  Conferisce una superiorità morale a delle elites delegittimate, riducendo ogni critica  agli effetti della mondializzazione ad una deriva fascista o razzista ”: la grottesca legge Fiano, e  lo sdegno della Boldrini sulle scritte “DVX”, sono lì a  confermarci quanto sia vero.  La neoclasse privilegiata,quando è alle strette, si sente in pericolo,    rispolvera dall’armadio la “lotta al fascismo”. E il popolo che  il Sistema si è fabbricato, dagli Erasmus agli  LGBT, fa quadrato attorno ai privilegiati e difende lo status quo  con quel conformismo pietroso, granitico e imperforabile al ragionamento, che ben conosciamo.

“Nelle  metropoli  mondializzate – scrive Guilly – una borghesia contemporanea, new school, ha preso il potere attraverso la messa in scena di una opposizione fittizia tra i partigiani   della ‘società aperta’ e quelli del ‘ripiegamento su se stessi’, in una postura di superiorità morale, per chiudere il dibattito, promuovendo una “politica unica, in attesa del partito unico”. Che di fatto già è instaurato.

 Questo è il blocco contro cui lottano le forze consapevolmente antisistema, “populiste” e sovraniste, davanti al quale rischiano di essere sempre perdenti e dilettantesche. Un  Sistema ben oliato  che, mentre si è fabbricato il suo popolo di convenienza, ha distrutto quello vero, disarticolandone le capacità di reazione,  rendendolo passivo e misero.  Riprendiamo Bruno Bertez:

Oggi, “la dottrina del Potere  [nuovo] si articola non attorno al rispetto delle volontà e sovranità popolari, ma attorno    metodi e le tecniche per violarla”.

Gli esempi sono sotto i nostri occhi. “Merkel ha preso una batosta elettorale. All’indomani di tale batosta, ha affermato: “Non è successo niente, nessun cambiamento importante”. Rajoy, sulla Catalogna: “Non  c’è stato alcun referendum”.  Macron, sul  suo cambiamento del codice del Lavoro: “Andrò fino in fondo, i francesi non amano le riforme”. Non parliamo dei governi nostri, i vaccini obbligatori, la ostinata volontà di imporre lo jus soli…

Il fatto è che, dice Bertez, “le elites hanno adottato una dottrina nuova, fondata sulla denegazione. “Circolate, non c’è niente da vedere”. I modi sono tanti, ma si torna  all’essenziale: la volontà popolare è nulla e non avvenuta  e basta negarla per continuare ad agire contro la sua volontà”.

“E’ la dottrina della Costruzione Europea perfettamente esposta al livello più alto: “Non si dibatte più, si agisce, di nascosto e senza grancassa; e se passa si va più lontano  nella Costruzione, se no si aspetta  e si rifà la stessa cosa  sotto un’altra forma”.

Il tutto, s’intende, non senza concertazione e dialogo: “Le consultazioni sono un valore di clima, il dialogo è un rituale che non è inteso a produrre affetto sulla realtà , delle concessioni”. No, è solo ciò con cui il Potere può dire di essere democratico: “La Tirannia è: chiudi il becco, la [nostra] democrazia è: parlare continuamente” tanto non serve.  “Questa dottrina del potere è mondiale, globale”.  In realtà è  violenza e conduce alla violenza. “L’avvenire delle nostre società è il terrorismo, con la sua conseguenza: la militarizzazione della polizia, come si è visto in Catalogna”. Qui non so quanto Bertez abbia ragione: abbiamo visto la polizia mandata contro un gruppo sociale benestante, ideologicamente coeso, una borghesia politicamente decisa,  non i  diseredati e gli “Invisibili”. Ma sospendo il giudizio. Gli eventi si succedono rapidissimi.