I “SILENZI” DI PIO XII ED I “SILENZI” DI FRANCESCO I – di Luigi Copertino

I “SILENZI” DI PIO XII ED I “SILENZI” DI FRANCESCO I

Nota sul diverso destino di Papa Pacelli e Papa Bergoglio

Ieri – è notizia data da tutti i tg – Papa Francesco in Birmania ha fatto un discorso contro le persecuzioni etniche e religiose, senza nominare la minoranza islamica perseguitata in quel Paese, attualmente governato in condominio dalla sua Premier, nobel per la Pace, e dai militari al potere da sessant’anni. I tg hanno commento il “silenzio” del Papa regnante – ossia il fatto che non ha menzionato esplicitamente la minoranza mussulmana perseguita – osservando che ragioni diplomatiche e di opportunità, per non inasprire la situazione già difficile, hanno consigliato Papa Bergoglio a dire sottendendo. Tanto – hanno affermato i giornalisti di commento – tutti hanno capito lo stesso a cosa ed a chi si riferiva il Papa.

Ebbene, nel 1943, nel suo radiomessaggio natalizio, Papa Pio XII deplorò “la persecuzione di tanti per la sola ragione della loro appartenenza ad un stirpe“. Le notizie che si avevano di quanto stava accadendo in Germania erano del tutto frammentarie e nessuno, neanche le diplomazie occidentali, avevano sicuri riscontri del genocidio in atto. Si avevano solo notizie di massacri, di imprecisata consistenza, e di deportazioni. Era già accaduto, un anno prima, che i vescovi olandesi avevano pubblicamente criticato i metodi della Gestapo contro gli ebrei con il risultato che i nazisti, penetrando nei conventi, deportarono, per rappresaglia , anche gli ebrei convertiti al Cattolicesimo. Tra i quali la nota mistica e filosofa Edith Stein che si era fatta monaca. Fu per questo che i vescovi polacchi sconsigliarono a Papa Pacelli di fare una denuncia pubblica troppo esplicita.

Il Pastor Angelicus – questo l’appellativo di Pacelli Papa – tuttavia non esitò a fare quell’accenno, sopra ricordato, in un discorso tutto proteso a favorire la fine del conflitto ed a ricordare all’umanità gli obblighi etici e giuridici di Giustizia e Carità. Tutti, all’epoca, capirono a chi il Papa si riferisse dicendo “perseguitati in ragione della loro appartenenza ad una stirpe” e tuttavia, negli anni del dopoguerra, contro Pacelli fu  imbastita una odiosa e calunniosa propaganda atta a dipingerlo come il “Papa di Hitler” e come complice, con i suoi “silenzi”, dello sterminio del popolo ebraico.

Naturalmente Papa Pacelli non si limitò alla denuncia ma, senza compromettere di più la situazione con inutili appelli, ordinò di aprire i conventi agli ebrei perseguitati, salvandone circa 850.000, e tramite il cardinal Maglione, suo segretario di Stato, riuscì a fermare la razzia al ghetto di Roma dell’ottobre 1943 nonostante che Hitler avesse minacciato di deportarlo in Germania. Minaccia così concreta che Pio XII aveva già firmato la lettera di dimissioni consegnandola a Maglione con l’ordine di renderla pubblica se il dittatore tedesco lo avesse per davvero rapito. In tal modo non il Papa ma solo il cardinal Pacelli sarebbe diventato prigioniero della Germania nazista.

Ora, nonostante questa verità storica, Papa Pacelli resta nella vulgata il complice del nazismo. Infatti la narrazione antipacelliana gli imputa di aver sottovalutato il nazismo, e quindi l’“olocausto”, per la sua avversione irriducibile al comunismo ritenuto più pericoloso del nazionalismo neopagano. In funzione anticomunista ben si poteva, secondo la narrazione in questione, scendere a compromessi anche con il nazismo.

Dunque per Papa Pacelli e Papa Bergoglio si usano due pesi e due misure.

Papa Pacelli è stato un Pontefice “katechon” fermo nella resistenza all’avanzata della secolarizzazione – la cui avanguardia all’epoca aveva il volto del marxismo benché, come noi oggi sappiamo, fosse soltanto una illusione degli stessi comunisti – e sognava di restaurare con mezzi moderni una Cristianità (ed anche questa era, come purtroppo sappiamo, una illusione benché piamente nobile).

Papa Francesco – a torto o a ragione – passa nei media come il Papa aperturista che userebbe della Misericordia per far accettare alla Chiesa tutti quelli che un tempo Essa stessa definiva errori. Lo scrivente non sa sia effettivamente così, né vuole affermarlo tenendo per se le sue perplessità, ma non può non osservare che, per il giudizio del mondo, nonostante le analoghe circostanze, quelli di Pacelli sono “silenzi” colpevoli e complici, quelli di Bergoglio sono “silenzi” prudenziali e ben intenzionati.

Cosa volete farci, così va il mondo. Diverso però è il giudizio di Dio sulle cose umane. Ed è solo quest’ultimo che alla fine conterà.

Ai media il tempo, a noi l’Eternità.

Luigi Copertino