“2017 War with Russia”: è il titolo del saggio apparso da mercoledì nelle librerie di Londra. L’autore che prevede la guerra alla Russia per il 2017 non è veggente. Peggio: è il generale Richard Shirreff, che è stato (2011-14) il vice-comandante supremo d’Europa, il comando NATO in Europa (SACEUR). Il generale è preciso: nel 2017, precisamente a maggio, le truppe russe invaderanno i paesi baltici, a cominciare dalla Lettonia, e l’Ucraina. Il motivo? L’annessione della Crimea ha rotto la stabilità post-guerra fredda; sentendosi accerchiata dalla NATO [chissà perché], la Russia aprirà un passaggio terrestre con la Crimea occupando terre ucraine.
Non è un esercizio ozioso, ma una precisa volontà. “Qualcuno davvero vuol provocare la guerra alla Russia?”, si è domandato angosciato in diretta-radio qualche giorno fa Stephen Cohen. Docente di studi russi a Princeton, autorevole columnist, Cohen (non inganni il nome) è una delle poche voci che in America si alza per dire che Putin ha ragione: la NATO accerchia davvero la Russia, la minaccia direttamente. Il recentissimo posizionamento di sistemi missilistici NATO in Polonia, Romania, stati baltici, è giustamente visto da Mosca come l’apparato che ha lo scopo di azzerare la sua deterrenza nucleare (rendendo possibile il primo colpo nucleare), e infrange il Trattato INF del 1987, che vietava il posizionamento di missili da crociera a raggio medio. Nel ’62, quando Krusciov provò a dispiegare missili a Cuba, l’America si sentì minacciata perché le testate erano “a sole 92 miglia dagli Usa; oggi truppe americane sono ammassate a un tiro di sasso dalla Russia”.
http://www.thenation.com/article/slouching-toward-war-with-russia/
In Siria, ha rincarato Cohen, gli Usa hanno fatto solo finta di accedere alla tregua e alla collaborazione offerta da Mosca, mentre in realtà armano i jihadisti e dànno loro la possibilità di recuperare il terreno perduto: in pura malafede approfittando della buonafede di Putin, che ha teso la mano ad Obama.
http://www.thenation.com/article/is-war-with-russia-possible/
Il fatto grave, ha aggiunto, è che – novità angosciante – questo punto di vista è stato espresso ad alta voce da una importante personalità militare di Mosca: il generale Aleksandr Bastrykin, capo della Commissione Investigativa (un organo di vertice giudiziario-militare) ha scritto un articolo su Kommersant in cui dice: l’Occidente si prepara davvero alla guerra contro la Russia; anzi la sta già sferrando; una guerra “geo-finanziaria” è in atto, e la Russia non è preparata. Anzi, la dirigenza della Russia non sembra cosciente del pericolo in cui si trova la patria.
Bastrykin non accusa direttamente Putin, quanto piuttosto il governo Medvedev, ritenuto non da oggi troppo servile verso il Washington Consensus (specie la banca centrale); ma il dibattito che è seguito all’articolo, Putin è stato chiamato in causa direttamente.
Questa componente “nazionalista”, sta ora dicendo a Putin che deve sfuggire alle trappole di Kerry in Siria; che l’America fa’ finta di collaborare, ma sta solo riuscendo a impantanare le forze russe (e i suoi alleati sul campo) in una guerra senza fine; che Kerry continua a sostenere che “Assad must go”. Washington continua a sabotare l’economia con le sanzioni; ad ammassare mezzi bellici nell’ex Patto di Varsavia; anche in Ucraina agisce con doppiezza e malafede; e la sua propaganda interpreta ogni reazione difensiva di Mosca come “aggressione”.
NATO vuol far saltare i nervi
Il guaio è che questa valutazione dei “nazionalisti” è vera. Putin ovviamente conosce benissimo la malafede e le provocazioni e insulti che riceve dall’Occidente. Solo che – nervi d’acciaio – sta guadagnando tempo per il rafforzamento della Russia insistendo per coinvolgere l’Occidente a cooperare in una soluzione politica per la Siria, e cercando di dividere i vassalli europei dal bellicismo dei neocon che ancora dominano l’amministrazione Obama.
E’ qui che libri come quello del generale Shirrer, o gli articoli del Washington Post che (parole di Cohen) “ogni giorno ci ripete che mai, mai in nessun caso il criminale Putin sarà un partner strategico degli USA”, in appoggio tattico alla doppiezza di Obama e Lavrov, mostrano il loro maligno potere bellico: vogliono far saltare i nervi ai “nazionalisti” russi, evidentemente meno forti di quelli putiniani, e spingere i nazionalisti a sentirsi con le spalle al muro e compiere qualche atto inconsulto, che dia alla NATO il pretesto “morale” per l’intervento: un intervento che (credono loro) schiaccerebbe le forze armate russe. O più probabilmente, a Washington si dà per scontato che Mosca – consapevole della sua inferiorità – si piegherà, accettando l’umiliazione e la scomparsa come attore geopolitco.
L’ambasciatore Usa presso la NATO, Douglas Lute, ha ripetuto che “la Russia ha buttato via il manuale delle regole” e dunque la NATO “deve rispondere”, aumentando il dispiegamento militare ai confini della Russia. Una irresponsabilità insistita, che ha una precisa origine.
Il fatto è che i ministeri della presidenza Obama continuano a seguire lo schema strategico (rivela Alistair Crooke, fine analista) fissato dalla ”Dottrina Wolfowitz” dalla mente israelo-americana che la elaborò e l’ha resa dottrina americana dal 2001, quando Paul Wolfowitz era numero 2 al Pentagono sotto Bush jr. Questa dottrina dà all’America la missione di
“Impedire l’emergere di una bipolarità, ossia un altro rivale globale come nella Guerra Fredda, o multipolarità, un mondo di molte grandi potenze, come esisteva prima delle due guerre mondiali. A questo scopo, occorre prevenire a un potere ostile di dominare una ‘regione critica’, definita come avente le risorse, la capacità industriale e la popolazione che possano porre una minaccia globale al sistema americano, se controllate da una potenza ostile”.
E’ questo il motivo della provocazione bellicista fortissima che il Pentagono di Ashton Carter esercita sulla Russia; supposto anello debole della “regione critica” eurasiatica, pesa con tutta la forza NATO sull’Europa centrale e non (ancora) sul nemico del Pacifico, la Cina, con altrettanta forza. L’arma della propaganda è già quella della piena mobilitazione bellica (la prima vittima della guerra è, si sa, la verità): Mosca vuole riprendersi l’impero sovietico, Mosca vuole occupare l’Est, dividere e distruggere l’Europa; è Mosca che ci sta aggredendo…
Ciò serve egregiamente a tenere uniti i servi europei, quelli molli di antica data e quelli paranoici di nuovo acquisto, nella NATO; a impedire che l’Europa si liberi dall’ombrello protettore della Superpotenza; tenerla legata alle sanzioni contro la pseudo-minaccia, e quindi ai propri interessi economici globali come vassalla. Il prossimo vertice NATO; a luglio, si terrà a Varsavia: provocazione ed umiliazione pura, che il Pentagono si sarebbe ben guardato di infliggere, se credesse vera l’aggressività di cui accusa Putin.
Sola speranza, Trump presidente
Ovviamente i neocon esagerano in provocazione, perché hanno fretta: con Donald Trump alla Casa Bianca, la “Dottrina Wolfowitz” verrà archiviata. Per Alistair Crooke, è questa la ragione della “straordinaria furia e dell’indignazione emotiva” con cui l’Establishment ha accompagnato la conquista del “suo” partito repubblicano da parte di Trump, questo estraneo. Come ha ben sottolineato Pat Buchanan, “il trionfo di Trump è il rigetto totale del repubblicanismo alla Bush da parte dello stesso elettorato che i Bush [padre e figlio] li ha votati alla presidenza quattro volte. Non solo il figlio e fratello, Jeb Bush, è stato sbattuto fuori dalla campagna; ma Trump ha conquistato la nomination denunciando i frutti marci delle politiche dei Bush” nei 16 anni in cui la famiglia ha avuto la Casa Bianca.
L’America affonda nella recessione, il debito pubblico giganteggia, i profitti delle multinazionali crollano, la disoccupazione è alle stelle e i salari bassissimi, il commercio globale è a picco? Ebbene, Trump da presidente potrà additare il colpevole nell’Establishment bushiano. Alle putride politiche che ha condotto. Fra cui c’è la Dottrina Wolfowitz, la più facile da mettere sul banco degli accusati.
Anzi Trump ha già cominciato. Non ha forse sentenziato che la NATO è “obsoleta”? Ha reso chiaro che non considera Putin una minaccia, ma anzi lo stima. Che è la Russia che sta combattendo lo Stato Islamico. Trump è ben l’uomo che può decidere che la sicurezza per l’America e l’Europa passa per una collaborazione strategica con Mosca, invece che per la sua umiliazione (non dimentichiamo che ascolta come consiglieri strategici l’ammiraglio Dempsey e il generale Flynn, ex capo della DIA, che hanno fatto la fronda al Pentagono contro i neocon).
Il tempo stringe per i neocon. Paradossalmente, possono trovare che i loro migliori alleati siano i “nazionalisti” russi che (giustamente) vedono la Russia accerchiata, aggredita e impreparata alla guerra, e non dispongono dei nervi d’acciaio di Putin e Lavrov – di quel Putin a cui chiedono ad alta voce di rinunciare alla diplomazia e prepararsi alla guerra, quella vera. A maggio 2017, come profetizza – e spera – il generale britannico.