Pro Vita e Famiglia, ‘Ue forza Stati a piegarsi ad agenda Lgbt’

++ Corte Ue, ‘matrimonio gay in altro Paese va riconosciuto’ ++

Uno Stato ha obbligo se è stato contratto in altro Stato membro

(ANSA) – BRUXELLES, 25 NOV – “Uno Stato membro ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso che è stato legalmente contratto in un altro Stato membro in cui hanno esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno”. E’ quanto prevede una sentenza della Corte Ue arrivata sul caso di due cittadini polacchi, sposati in Germania, che hanno chiesto che il loro certificato di matrimonio fosse trascritto nel registro civile polacco affinché il matrimonio fosse riconosciuto in Polonia. (ANSA).

Pro Vita & Famiglia onlus – informa una nota della stessa associazione – esprime “un fermo giudizio negativo sulla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che obbliga gli Stati membri a riconoscere nei propri ordinamenti gli effetti di ‘matrimoni’ tra persone dello stesso sesso contratti in altri Paesi UE ai fini di circolazione e soggiorno”.

“Siamo davanti all’ennesimo atto delle istituzioni europee mirato a scardinare gli ordinamenti nazionali per fare spazio all’agenda Lgbt”, dichiara Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia. “La Corte vuole di fatto imporre il riconoscimento di un modello ideologico di ‘famiglia’ che Paesi come la Polonia rifiutano, tutelando il matrimonio tra un uomo e una donna proprio come fa l’articolo 29 della Costituzione italiana. Va comunque chiarito che gli Stati membri non sono obbligati a introdurre il ‘matrimonio gay’ nei propri codici civili: la sentenza della Corte obbliga lo Stato solo a un riconoscimento burocratico dell’atto formato all’estero per alcuni fini specifici della circolazione e del soggiorno in Italia, e ciò già avviene tramite l’automatico declassamento del matrimonio tra due persone dello stesso sesso ad unione civile”, conclude Brandi. (ANSA).