INDULGENTIA C DIERUM CONCEDITUR CERTAM PRECEM B. MARIAE VIRGINI, REPARATIONIS CAUSA, RECITANTIBUS.
Preghiera di riparazione alla beata Vergine Maria.
Vergine benedetta, Madre di Dio, volgete benigna lo sguardo dal cielo, ove sedete regina, su questo misero peccatore, vostro servo.
Esso, benché consapevole della sua indegnità, a risarcimento delle offese a voi fatte da lingue empie e blasfeme, dall’intimo del suo cuore vi benedice ed esalta come la più pura, la più bella e la più santa di tutte le creature.
Benedice il vostro santo nome, benedice le vostre sublimi prerogative di vera Madre di Dio, sempre Vergine, concepita senza macchia di peccato, di corredentrice del genere umano.
Benedice l’eterno Padre, che vi scelse in modo particolare per Figlia, benedice il Verbo incarnato, che vestendosi dell’umana natura nel vostro purissimo seno vi fece sua Madre; benedice il divino Spirito Santo che vi volle sua Sposa.
Benedice, esalta e ringrazia la Trinità augusta che vi prescelse e predilesse tanto da innalzarvi su tutte le creature alla più sublime altezza.
O Vergine santa e misericordiosa, impetrate il ravvedimento ai vostri offensori e gradite questo piccolo ossequio dal vostro servo, ottenendo anche a lui, dal vostro divin Figlio, il perdono dei propri peccati. Amen – Fonte
MEDIATRICE? PER LA CHIESA MARIA LO È SEMPRE STATA!
Speriamo che Leone XIV decida al più presto affinché il cardinale Victor Manuel Fernandez – residuo di un pontificato discutibile – venga rispedito nella sua natia Argentina a scrivere libri sul “bacio” che nessuno legge, invece di farlo restare a Roma, quale Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, dove sa solo far danni. L.C.
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Ho letto con attenzione la nota Mater Populi Fidelis pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, sotto la guida del cardinale Víctor Manuel Fernández, e confesso di essere rimasta profondamente perplessa. Il documento, reso pubblico il 4 novembre 2025, dichiara che i titoli mariani come Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie non dovrebbero essere utilizzati nella liturgia o nei documenti ufficiali della Chiesa, perché potrebbero “creare confusione dottrinale” e necessitano di “spiegazioni ripetute”.
Ma mi chiedo: davvero questi titoli hanno bisogno di essere corretti, o siamo noi ad aver smesso di comprendere il loro significato? Non sono forse la prova che, quando la fede si indebolisce, la prima cosa che cambia è il linguaggio?
Per secoli, la Chiesa non ha mai avuto timore di proclamare la grandezza di Maria come Corredentrice e Mediatrice, perché sapeva che la forza di questi titoli non nasceva da un sentimentalismo, ma da una verità teologica profonda, radicata nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione.
Quando diciamo che Maria è Corredentrice, non la mettiamo sullo stesso piano di Cristo.
Diciamo, piuttosto, che Ella ha cooperato alla Redenzione in modo unico, libero e pieno di grazia, partecipando intimamente all’opera del Figlio.
Non è un’invenzione devozionale, ma un insegnamento che attraversa la Tradizione sin dai primi secoli: Sant’Ireneo di Lione scriveva già nel II secolo: “Come Eva, disobbedendo, divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria, obbedendo, divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano.” In questa frase c’è già tutta la mariologia: la cooperazione di Maria all’opera redentrice non è concorrenza, ma partecipazione. Sant’Efrem il Siro la chiamava “Mediatrice del mondo intero”, e San Bernardo di Chiaravalle affermava che “Dio ha voluto che nulla ci venisse concesso se non per mezzo di Maria.” San Bonaventura, grande dottore francescano, diceva: “Ogni grazia che riceviamo discende da Dio attraverso Maria.” E se i santi e i dottori della Chiesa non hanno avuto timore di usare questi titoli, perché dovremmo averne noi?
La mediazione di Maria non toglie nulla a Cristo. Lo diceva San Paolo VI, lo ribadiva San Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater: “Maria continua a intercedere come Mediatrice, partecipando alla mediazione unica e universale di Cristo.” Dire che Maria è Mediatrice di tutte le grazie significa riconoscere che tutte le grazie che riceviamo ci giungono da Cristo, ma attraverso di Lei, che con il suo Fiat ha aperto le porte della salvezza.
Il problema, dunque, non è la dottrina. È la mancanza di catechesi.
Se i fedeli avessero ricevuto una formazione chiara, nessuno avrebbe equivocato quei titoli.
Abbiamo preferito semplificare invece che spiegare, rendere tutto “accessibile” invece di elevare i cuori e le menti alla grandezza del mistero. Ma la fede non cresce con la semplificazione. Cresce con la contemplazione.
Con rispetto ma con franchezza vorrei chiedere alla Sua Eminenza Cardinale Fernandez, davvero il nostro compito è adattare la Chiesa al mondo, o custodire la fede che ci è stata consegnata dagli Apostoli? Perché sembra che, nel desiderio di essere più “dialoganti”, abbiamo smesso di essere formatori.
Abbiamo paura di sembrare rigidi, ma non abbiamo paura di sembrare tiepidi. Eppure, Cristo non ha mai abbassato la croce per renderla più leggera. Non ha cambiato il linguaggio per piacere ai pagani. Ha parlato con verità, e chi voleva capire, capiva.
La Chiesa dei primi secoli non aveva linguaggi moderni, ma aveva la forza dello Spirito. Non si preoccupava di essere accettata: si preoccupava di essere fedele. E i cristiani non chiedevano di “aggiornare” la fede, ma di vivere la fede, anche a costo della vita.
Oggi, invece, si ha l’impressione che vogliamo tutto facile, tutto leggero, tutto comprensibile.
Ma la via del Vangelo non è la porta larga.. è quella stretta. E chi ama la Madre non teme di chiamarla come la Chiesa l’ha sempre chiamata: Corredentrice, Mediatrice, Avvocata nostra.
Non sono le parole a creare confusione, ma la mancanza di verità nei cuori. Quando il popolo di Dio prega con fede, non si smarrisce nei concetti: capisce con il cuore ciò che la ragione non può contenere. Sottrarre questi titoli a Maria non elimina un rischio teologico: elimina una dimensione spirituale. È come togliere dal volto della Chiesa la tenerezza e la profondità che solo una Madre può donare.
La fede non ha bisogno di aggiornamenti linguistici. Ha bisogno di fedeli che credano, conoscano, e amino. Se il linguaggio della Chiesa diventa “troppo alto” per noi, allora forse non è la lingua da cambiare, ma la nostra fede da risvegliare.
La Chiesa non deve imparare a piacere al mondo, ma a salvare il mondo. E questo può farlo solo restando fedele a ciò che ha ricevuto. Maria non chiede nuovi titoli: chiede figli che comprendano la verità dei titoli che già possiede. Corredentrice e Mediatrice non sono formule da museo: sono parole vive, che raccontano la cooperazione perfetta tra una Madre e il suo Figlio per la salvezza dell’umanità.
E allora, mi permetto di dire: forse il mondo non crede più perché la Chiesa ha smesso di parlare come credeva. Il linguaggio della fede non si adatta: si testimonia. E chi lo custodisce, custodisce anche la sua anima.
Zarish Imelda Neno su Facebook
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