attualmente giacciono tra Camera e Senato sei disegni di legge sull’antisemitismo, tutti accomunati dall’adozione della definizione IHRA che equipara antisionismo e antisemitismo. Al Senato: i DDL Gasparri (Forza Italia), Romeo (Lega), Scalfarotto (Italia Viva), Delrio (PD). Alla Camera: le PDL Molinari (Lega) e Malaguti (FdI).
Non è una coincidenza. È un’operazione coordinata che attraversa tutto l’arco parlamentare, dalla destra post-fascista alla sinistra “riformista”. L’obiettivo è chiaro: rendere impossibile sostenere la causa palestinese in Italia.
Tutto parte dal Parlamento europeo. Il 1° giugno 2017, l’Europarlamento adotta una risoluzione che invita gli Stati membri a recepire la definizione IHRA rinnovando l’invito Il 6 dicembre 2018. La definizione IHRA non è giuridicamente vincolante. È uno strumento “operativo” che ogni Stato può decidere se e come adottare. L’Italia l’ha già accolta formalmente nel Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2020, nominando una Coordinatrice nazionale e elaborando una Strategia nazionale.
Ma evidentemente non bastava. Ora si vuole trasformare quella definizione in legge dello Stato, con sanzioni penali, amministrative, e meccanismi di censura.
DDL Gasparri: Il disegno di legge più repressivo prevede modifica della legge Mancino con sanzioni penali per chi viola la definizione IHRA, corsi obbligatori per studenti, docenti, forze di polizia, magistrati su “cultura ebraica e israeliana” e “antisemitismo incluso l’antisionismo”,
sanzioni disciplinari per docenti universitari che non segnalano o non prevengono episodi ritenuti antisemiti e formazione specifica delle forze dell’ordine per redigere verbali di denuncia per atti di antisemitismo.
I DDL Romeo e Scalfarotto quasi identici tra loro, puntano su un aspetto diverso ma altrettanto grave: diniego di manifestazioni pubbliche per “ragioni di moralità” in caso di “grave rischio potenziale per l’utilizzo di simboli, slogan, messaggi” antisemiti secondo la definizione IHRA. Traduzione: una questura potrebbe vietare una manifestazione pro-Palestina perché qualcuno potrebbe gridare “Free Palestine” – entrambi potenzialmente classificabili come antisemiti secondo l’IHRA.
DDL Delrio: Ed eccoci al punto più doloroso. Il disegno di legge presentato da Graziano Delrio insieme a Simona Malpezzi, Pier Ferdinando Casini e altri dieci senatori PD è, in un certo senso, il più insidioso. Perché è diverso dagli altri? Come ha scritto Roberto Della Seta sul Manifesto, il DDL Delrio “non punisce con la galera” chi critica Israele, “ma in parte fa di peggio”: delega al governo Meloni (sì, un DDL del PD delega a Meloni) il potere di emanare decreti legislativi entro sei mesi per imporre all’AGCOM “la prevenzione, segnalazione, rimozione e sanzione dei contenuti antisemiti” online.
In pratica questo governo decide quali post su Gaza possono restare online e quali vanno censurati. Quali articoli sui crimini di guerra israeliani sono “legittima critica” e quali sono “antisemitismo”. Quali documentari sulla Nakba sono informazione e quali sono odio.
Controllori nelle università: gli articoli 3 e 4 prevedono che ogni ateneo inserisca nel suo organismo di vigilanza una figura dedicata specificamente a “contrastare i fenomeni di antisemitismo”. Le università devono comunicare annualmente al Ministero le azioni intraprese.
Immaginate un docente che spiega il colonialismo di insediamento, uno studente che organizza un dibattito su BDS, un ricercatore che studia l’apartheid israeliano – tutti potenzialmente sotto vigilanza, tutti potenzialmente segnalabili.
Viene dal centrosinistra, e questo legittima l’intera operazione. Se anche il PD equipara antisionismo e antisemitismo, diventa quasi impossibile opporsi senza essere tacciati di antisemitismo. È un meccanismo perfido ma efficacissimo.
Solo oggi, dopo le proteste, Francesco Boccia (presidente dei senatori PD) ha dovuto precisare che “il DDL Delrio è stato depositato a titolo personale e non rappresenta la posizione del gruppo né del partito”. La toppa peggiore del buco
Una presa di distanze tardiva e insufficiente. Il danno è fatto: undici senatori del principale partito di opposizione hanno firmato un testo che affida all’attuale governo il potere di censurare la critica a Israele.
Una studentessa organizza un seminario su “Israele come Stato di apartheid”. Il controllore universitario segnala l’evento. Il rettore deve riferire al Ministero. La studentessa rischia procedimenti disciplinari. Il docente che ha autorizzato l’aula viene sanzionato per non aver “prevenuto” l’episodio antisemita.