Non sottovalutate la Persia

E’ da millenni Il Cimitero degli Imperi

di The Frontier Man

Nel  vasto panorama della storia mondiale, poche regioni sono state così persistentemente cruciali – e pericolose – come la Persia. Situata al crocevia di imperi, dal Mediterraneo al subcontinente indiano e all’Asia centrale, la Persia (l’odierno Iran) non ha semplicemente assistito all’avanzata dei conquistatori. Li ha assorbiti, trasformati o distrutti. Si è guadagnata un titolo onorifico oscuro e paradossale tra storici e soldati: il Cimitero degli Imperi. A differenza dell’Afghanistan, che viene spesso definito così a causa di moderni esempi di invasione imperiale, lo status di cimitero della Persia affonda le sue radici in una narrazione più profonda e articolata.

Da Alessandro Magno ai discendenti di Gengis Khan, dalle ambizioni orientali di Roma al “Grande Gioco” britannico e russo, la Persia è stata un banco di prova dove i sogni degli imperi sono morti o sono decaduti. L’eredità achemenide: luogo di nascita e campo di battaglia dell’impero La Persia non fu solo un obiettivo dell’impero: fu uno dei primi veri imperi della storia.

L’Impero achemenide (550-330 a.C. circa), forgiato da Ciro il Grande, si estendeva dalla valle dell’Indo al Mar Egeo. Fu un modello di amministrazione imperiale, tolleranza e infrastrutture. Eppure, le sue dimensioni monumentali ne divennero il tallone d’Achille. Quando Alessandro Magno invase la Persia nel 334 a.C., non stava semplicemente attaccando un territorio, stava sfidando un ordine mondiale. Sebbene avesse sconfitto Dario III e incendiato Persepoli in un atto simbolico di conquista, la Persia non scomparve.

Anzi, assorbì Alessandro. Sposò una nobile persiana, adottò l’abito persiano e morì giovane a Babilonia, più persiano negli abiti che macedone. Il suo impero si frammentò; la Persia sopravvisse.

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Roma, Bisanzio e il Vallo Sasanide

Mentre l’Impero Romano si espandeva verso est, si scontrò ripetutamente con le dinastie persiane dei Parti e dei Sasanidi. Questi conflitti si protrassero per secoli, prosciugando le casse e la manodopera di Roma. Un simbolo drammatico di questa dinamica funeraria fu la battaglia di Carre (53 a.C.), in cui il generale romano Crasso, uno degli uomini più ricchi del suo tempo, guidò una spedizione in territorio partico e subì una delle peggiori sconfitte di Roma. Crasso fu ucciso e la leggenda narra che gli fu versato oro fuso in gola: un cupo esempio dell’avidità imperiale.

Persino gli imperatori romani d’Oriente (bizantini) non se la passarono molto meglio. Eraclio potrebbe aver temporaneamente invertito la rotta nel VII secolo, ma le infinite guerre resero entrambi gli imperi vulnerabili a una nuova forza emergente dalla Penisola Arabica: l’Islam. La conquista araba e l’ascesa dello spirito persiano

La conquista islamica della Persia (633-654 d.C.) segnò la fine dell’Impero Sasanide, ma non dell’identità persiana. Gli arabi vinsero la guerra, ma nel tempo la cultura, la lingua e i sistemi amministrativi persiani influenzarono profondamente il Califfato islamico. Il Califfato abbaside, nonostante le sue origini arabe, si immerse nelle tradizioni persiane.

Studiosi persiani come Avicenna e poeti come Rumi plasmarono l’anima intellettuale del mondo islamico. Questa non fu la distruzione di un impero, ma la sua reincarnazione in una nuova forma. La Persia seppellì imperi, ma spesso rinascevano in veste persiana. Mongoli, Tamerlano e la terra bruciata Nel XIII secolo, i Mongoli sotto la guida di Hulagu Khan, nipote di Gengis Khan, scatenarono una devastazione inimmaginabile sulla Persia. Città rase al suolo, popolazioni massacrate. Le grandi biblioteche di Baghdad e i canali di Khwarazm furono distrutti da incendi e inondazioni.

Eppure, ancora una volta, la Persia sopravvisse grazie alla trasformazione. I Mongoli che governavano la Persia – l’Ilkhanato – alla fine si convertirono all’Islam e adottarono i costumi persiani. L’impero che arrivò per conquistare fu, nel giro di una generazione, persianizzato. In seguito, Tamerlano (Timur) ripeté la devastazione, vedendosi come un nuovo conquistatore mongolo.

Ma nemmeno lui riuscì a domare la Persia in modo permanente. Anche il suo impero si disintegrò.

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Perché la Persia inghiotte gli imperi

Cosa rende la Persia una sfida così formidabile per gli imperi?

  • Geografia: la Persia è una terra di deserti, montagne e altipiani. Il suo territorio frustra gli invasori, allunga le linee di rifornimento e favorisce i difensori.
  • Profondità di civiltà: con millenni di storia, lingua, letteratura e innovazione religiosa, l’identità persiana non si cancella facilmente. Sopravvive alle conquiste e sopravvive alle ideologie.
  • Frammentazione politica: la Persia spesso assorbiva i suoi conquistatori nelle sue intricate reti di lealtà tribali, religiose e regionali, difficili da padroneggiare per gli stranieri.
  • Resilienza e reinvenzione: ogni crollo imperiale in Persia ha dato vita a nuove rinascite culturali, dallo Zoroastrismo all’Islam sciita, dall’architettura safavide al nazionalismo moderno.

La Persia come specchio

Definire la Persia il cimitero degli imperi non significa vederla semplicemente come una terra di rovine, ma come uno specchio. Riflette le ambizioni degli imperi, spesso mettendone a nudo le debolezze. Assorbe l’invasore, lo rimodella e gli sopravvive. In Persia, la storia non finisce, si trasforma. Gli imperi muoiono qui non perché la Persia sia invincibile con le armi, ma perché è invincibile nello spirito. E questo potrebbe essere il terreno più pericoloso di tutti.

L’ARCHITETTURA PERSIANA