Non c’è libertà quando c’è troppa ignoranza

Licia Ronzulli,   una delle  favorite  di Berlusconi,  ha voluto lanciare un manifesto su un tema di cui – come si vede – non capisce niente, e di cui nemmeno si è informata quanto basta.  Pensa che i rigassificatori  servano a “ridurre la nostra dipendenza dall’estero” mentre, al contrario, servono a rendere di nuovo gassoso il gas che ci vendono gli Usa liquefatto al quintuplo del gas russo.

 

Un aspetto pericoloso della Favorita, senatrice, è che la sua ignoranza è imperativa: trasforma i suoi svarioni in proclami e comandi. Lo ha fatto anche quando si è pronunciata contro i no-vax. Si capisce che non coltiva dubbi su quello che sbagli; è già una piccola dittatrice , tale si sente.
Ma non è la sola. Enrico Letta mostra la stessa imperatività nell’esibizione involontarie delle sue falle conoscitive e idee sbagliate: non le espone invitando a discuterle, le assevera come comandi dall’alto. Con intimazioni: “Scegli!”.

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Ma a guardar bene, l’ignoranza imperativa appare un carattere alquanto diffuso nel popolo italiano. Ho l’impressione che negli altri paesi, gli ignoranti siano meno asseverativi, riconoscano di non avere magari le conoscenze necessarie a un argomento per prendere posizione assolute, sembrano più permeabili alla ragione. L’italiano no. L’ignorante italiano – il 75% dei compatrioti non sa comprendere una frase complessa nella nostra lingua – è uno che “Io ho studiato anche troppo”. Quello almeno che ha o coltiva un’opinione su qualche tema (perché la massima parte non ne può avere come vedremo) la adotta come un dogma assoluto, e un comando da imporre agli altri: per lo più sotto a forma del NO imperativo.
No al nucleare! No alle trivelle nell’Adriatico! No a TAP!
Non tollera che delle sue certezze si discuta in nessuna sede; esige la censura degli argomenti contrari; vive ogni sollecitazione ad approfondire e a ripensare il tema – essenzialmente discutibile, del nucleare ad esempio – come offesa intollerabile alla propria integrità fisica e morale. C’è quindi nei gruppi militanti per qualche causa – ignoranti della varietà dei “semicolti” – una intolleranza che, appena può, diventa imperativo dittatoriale: quelli che non sono d’accordo vengono trattati non da interlocutori legittimi, ma da Nemici del Popolo – come ha cercato di fare ultimamente Letta denunciando “una forte ingerenza russa” sulle elezioni, espressa dalla “destra”. E’ una propensione ad accuse da dittatura, che ricorda i tempi sovietici: quando simile accuse portavano alla carcerazione degli avversari politici ( a cui veniva così negata la legittimità), seguita da “confessione” del tradimento ed esecuzione o sparizione nel GuLag. Le espressioni pubbliche di vero odio che moltissimi politici hanno espresso senza vergogna (anzi) contro i no-vax privati del posto e dello stipendio sono un indizio agghiacciante di come la dittatura si instauri d sé sull’ignoranza imperativa, che non ammette discussioni e ha certezze irreversibili.
L’ignoranza imperativa delle minoranze militanti per qualunque causa (PD o LGBT o ecologismi) diventa pericolosa per la libertà perché non è controllata da una maggioranza cosciente di sé e dotata della cultura generale minima per vivere la modernità. Qui il video mostra giovani che nemmeno hanno imparato le tabelline delle elementari; e sono giovani che si dichiarano scolarizzati, alcuni laureati.

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Cosa volete che sappiano de temi della campagna elettorale per cui sono chiamati a votare? Che siano in grado di informarsi sulle vera cause della guerra in Ucraina, e dei motivi per cui “aumentano le bollette”? Cosa volete che sappiano – che gli interessi e siano in grado di apprendere – la parte di Bill Gates e Georges Soros e del World Economy Forum? La complessità e pericolosità del Grand Reset in via di attuazione? E’ gente che voterà sulla base di quattro pregiudizi semplicistici imparaticci dalla TV, se va bene. Quando la massa è così completamente ignorante, la libertà politica – che interessa solo noi minoranza informata – non è possibile.

Post scriptum –  C’è un motivo pauroso per cui questi giovani non sanno le tabelline, e l’ha scoperto un amico ingegnere parlando con la maestra di sua figlia di 8 anni; l’insegnante non ha spiegato che le moltiplicazioni sono addizioni; che 3 per 7 significa  sommare 3 volte il 7. Fatto ancor più pauroso,  l’amico si è accorto che nemmeno l’insegnante lo sapeva, e che quando gliel’ha spiegato,  invece di capire e accettare,  s’è chiusa a riccio (nell’ignoranza imperativa: “Io sono la maestra, ho già studiato  anche troppo!”). Insomma  anche lei – e chissà quanti insegnanti di questi ragazzi – hanno preteso di insegnare le tabelline come puro esercizio mnemonico, meccanico,  insensato.  E’ ovvio che frasi senza senso (“7 per 8!”) si dimentichino. La trasmissione  dei saperi è interrotta a un livello elementare.