MATTARELLA BOCCIA MINENNA ALLA CONSOB . Perché la Democrazia è ereditaria.

Posto qui  un articolo di Marcello Minenna, apparso su Social Europe. Lo stavo per tradurre  ma “Voci dall’Estero”  l’ha già fatto prima,  quindi copio e incollo ringraziando. Lo pubblico perché il presidente Mattarella ha posto il veto alla nomina di Minenna al vertice della Consob. Minenna è un  economista rispettato ed autorevole, noto sul piano internazionale, scrive su 24 Ore  ed è accolto dal Financial Times; è professore alla Bocconi, è  già dirigente della Consob dove è entrato nel ’96  all’Ispettorato, e dove è da  11 anni il responsabile dell’Ufficio Analisi Quantitative e Innovazione Finanziaria. Ha un dottorato di ricerca in “Matematica per l’analisi dei mercati finanziari” all’Università degli Studi di Brescia e un Master of Arts in “Mathematics of Finance” presso la Columbia UniversityNew York..  Inoltree è  “PhD Lecturer alla London Graduate School of Mathematical Finance”,insomma se ben capisco  un esaminatore dei candidati al  dottorato a Londra.

Orbene, per Mattarella, questa personalità chiarissima, e anche garbata, “non garantirebbe l’imparzialità di fronte ai mercati”. Apparentemente per una rapido e burrascoso passaggio alla giunta di Virginia Raggi come assessore al Bilancio, da cui  si è dimesso di sua volontà e in disaccordo.

Bernardo I Mattarella, il capostipite.

Invece  Mattarella è qualificatissimo. Viene da una dinastia di ministri democristiani  siculi interni al potere da oltre 70 anni. Suo padre Bernardo  Mattarella  ministro per un’eternità di tutto (marina mercantile, trasporti, commercio estero,  poste,  agricoltura e foreste) nei primi governi democristiani; suo fratello Piersanti   presidente della Regione Siculia  (basta la parola) trucidato dalla Mafia; lui stesso  ministro per un’altra eternità democristera , poi  (collassata la DC, ma non lui)  ulivista e infine  piddina,  di un po’ di tutto:  dei rapporti col parlamento, della pubblica istruzione, della difesa (con D’Alema e  Giuliano Amato), vicepresidente del consiglio (con D’Alema), poi coronato giudice della Corte Costituzionale (ovviamente), infine scelto da Renzi alla presidenza della Rep.  Nelle pause, è anche docente di una qualche università di Palermo in una materia inventata apposta per lui, diritto parlamentare: meritatissima, perché lui è l’inventore del Mattarellum, con cui la casta dei politici sì è garantita la permanenza al potere di contro alla volontà popolare, che per referendum aveva scelto il sistema maggioritario.

Insomma una “famiglia” che ha ereditario il potere “democratico”,  da 70 anni ininterrotti al potere  (ci sono dinastie regali durate meno) e con gli stipendi del potere pubblico, da tre generazioni. E sta cominciando la quarta, visto che il figlio del  presidente, Bernardo Giorgio Mattarellla, docente a Siena (sic: in aspettativa)  docenti a mezzo servizio) e alla Luiss (come   tanti  figli di papà del Sistema  che vogliono stare vicini a babbo) ha accumulato fra le altre poltrone quella di “capo dell’ufficio legislativo” della più bella e cogliona ministra  renziana: Marianna Madia, calabro-sicula, già definita “la super-raccomandata che a stregato tutti i leader  del  PD”.

http://www.ilgiornale.it/news/interni/madia-super-raccomandata-che-ha-stregato-tutti-i-leader-pd-997871.html

  E alla cui bellezza profondendosi,  Renzi  ha aggiudicato nientemeno che il ministero della Semplificazione della Pubblica Amministrazione: a 33 anni, non ancora laureata, del tutto digiuna della pubblica amministrazione che doveva “semplificare”, ma per fortuna “fidanzata” per breve  tempo (quanto basta)  del figlio del presidente Napolitano, che l’ha informata e introdotta nei misteri gaudiosi delle amministrazioni pubbliche con stipendi oltre i 200 mila.

Il figlio sotto il padre  (http://m.dagospia.com/la-consulta-boccia-mattarella-la-riforma-madia-e-stata-scritta-dal-figlio-del-capo-dello-stato-136595)

Inesperta, ma niente paura: Marianna ha chiamato ad assisterla come “tecnico” il figlio di Mattarella, il sullodato Bernardo-Giorgio: a fare il  capo dell’ufficio legislativo della Madia  con un emolumento di 125.010 euro, di cui 75.600 come trattamento economico fondamentale e 49.410 come indennità di diretta collaborazione”.

Direte che è poco e infatti lo è,  per questi campioni della  “democrazia” ereditaria ed europeista. Tanto più che il  Mattarellino  ha cominciato presto  la carriera nel  grande regno (democratico per eredità)  dell’ammanicamento: a 28 anni un giudice costituzionale amico di famiglia, tale Cheli lo chiama a sé alla Corte Costituzionale come “assistente” (si ignora con che salario), mansione che ricoprirà anche con altri costituzionali, Neppi Modona e Sabino Cassese. Attualmente è, con questi  ed altri ex giudici amici (fra cui l’indimenticabile Gianni Maria Flick) , nello Astrid, il   selezionatissimo e  chiusissimo “pensatoio” presieduto da Franco Bassanini (l’eminenza grigia del Sistema, capo   da sempre della Cassa Depositi E Prestiti) e dove siede insieme all’amico e coetaneo Giulio Napolitano,figlio di  Giorgio.. pista di lancio ideale per i lanci dei rampolli nella stratosfera degli stipendi pubblici superiori a 300 mila.  La Nasa dei grandi parassiti.

Per forza Mattarella e  questi sono tutti europeisti, assolutamente al servizio della continuità UE e dell’euro, la  valuta forte in cui vogliono continuare ad essere  pagati dalla plebe. E  c’è la quarta generazione che incombe e  reclama il suo posto nella “democrazia” ereditaria:  Bernardo Mattarella nipote,  da 2008  imbarcato a  Sviluppo Italia (oggi Invitalia)  come “consulente”,  allora come ora guidata da Domenico Arcuri, lo imbarcò come consulente, per poi promuoverlo a dirigente.  Oggi il medesimo Bernardo Mattarella è il capo della divisione finanza della società pubblica. Invitalia , ricordiamo, è un ente pubblico-privato, “ Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., è una società per azioni italiana partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia”, che largisce “finanziamenti a fondo perduto”: ideale, proprio in quanto “società per azioni” a  non aver bisogno di indire aste e concorsi pubblici  su come venga largito il denaro, perché dopotutto non è una società privata?

Bernardo II. Da settembre 2017, è stato elevato ad amministratore delegato della Banca del Mezzogiorno. 

Avrete notato che a quest’ultimo Mattarellino in carriera è stato imposto il nome di Bernardo, il nonno ministro permanente nel decennio 1953-63.  Così  avviene nelle dinastia ereditarie.  Il junior è in attesa di un futuro luminoso al potere come Bernardo II; un futuro che il governo “populista” mette in pericolo. Si sarà anche notato che  chi sale nel regno beato della “democrazia” o vi nasce, entra in una sfera miracolosamente immune da ogni contestazione di “conflitto d’interesse”.

http://www.lanotiziagiornale.it/lirresistibile-ascesa-dei-rampolli-di-casa-mattarella-figlio-e-nipote-tra-poltrone-al-top-e-la-frequentazione-dei-salottini-che-contano/

Sono loro, i signori della Democrazia Ereditaria, a eccepire i conflitti d’interesse a quelli che a loro non piacciono. Perché voi, plebei, dovete continuare a pagargli gli emolumenti  regali.  Ovviamente è questo che rende sgradito l’economista a corte (pardon, Quirinale):

Ed infine l’articolo di Marcello Minenna, il rifiutato dalla Dinastia. Alla Consob, vogliono Marianna Madia. Lei sì che ha le qualifiche che servono.

‘Il debito globale è al suo apice e l’Italia sta meglio di quanto si creda’

Nel secondo trimestre del 2018 le dimensioni globali del debito hanno raggiunto un nuovo massimo, arrivando a 260.000 miliardi di dollari. Al tempo stesso il rapporto globale debito/PIL ha superato per la prima volta la soglia del 320%. Su questo totale, il 61% (160.000 miliardi di dollari) è rappresentato dal debito privato del settore non-finanziario, mentre solo il 23% è rappresentato dal tanto vituperato debito pubblico.

 

Gli USA da soli hanno emesso più del 30% del nuovo debito pubblico, con una notevole accelerazione negli ultimi due anni sotto la gestione Trump. Il ministero del Tesoro statunitense è seguito, in questo, dalle agenzie di debito giapponesi e cinesi e, a grande distanza, dalle maggiori economie dell’eurozona. I valori riportati dalle agenzie pubbliche cinesi vanno valutati con cautela alla luce dei ripetuti casi di falsificazione delle statistiche perfino da parte di funzionari pubblici. È quindi probabile che non solo il debito pubblico di Pechino, ma anche quello delle imprese cinesi, che già è il più elevato al mondo, sia in realtà più allarmante di quanto le stime ufficiali vogliano far credere.

 

Storicamente il debito di un paese, sia pubblico che privato, tende a crescere nel tempo in rapporto costante con la dimensione dell’economia. Fanno eccezione, seppure notevole, i casi di default improvvisi, che cancellano grandi porzioni del debito. Pertanto l’enormità del debito totale non fornisce, di per sé, informazioni sulla sua sostenibilità. Non si può nemmeno dedurre, per contro, che un debito totale più basso sia segno di stabilità finanziaria. In realtà un livello molto basso, o addirittura l’assenza di debito, potrebbe rivelare solo una completa mancanza di fiducia, tale da escludere tutti gli agenti economici nazionali dai mercati internazionali del credito. Questo fu, per esempio, il caso dell’Argentina nei cinque anni successivi al drammatico default del 2002.

 

In una prospettiva adeguata, un’equa valutazione dovrebbe tenere conto della dimensione del debito totale in rapporto al PIL (si veda la figura sotto).

Da questo punto di vista, usando una misura opportuna, la classifica globale appare rovesciata: il Lussemburgo balza al primo posto con un debito totale pari al 434% del PIL, composto quasi esclusivamente da debiti societari. Ad una certa distanza troviamo il Giappone, con un debito totale che si aggira sul 373 percento del PIL, caratterizzato da una componente preponderante di debito pubblico, il 216%. L’elevata incidenza del debito sia pubblico che privato pone la Francia, la Spagna e il Regno Unito nei primi otto posti della classifica, mentre l’Italia fa la sua comparsa solo al nono posto, con un rapporto di debito totale ben bilanciato, al 265% del PIL, e con bassi livelli di debito delle famiglie e delle imprese, che compensano il più elevato livello del debito pubblico.

I paradossi abbondano

 

Ma anche un basso rapporto tra debito totale e PIL non può essere considerato segno di virtù o salute economica. Al fondo della classifica stanno i casi paradossali dell’Argentina e della Turchia. Sebbene entrambi i paesi abbiano debiti totali sotto controllo (il debito privato è praticamente inesistente in Argentina, mentre il debito pubblico in Turchia è appena il 28% del PIL), entrambi i paesi corrono il rischio di perdere l’accesso ai mercati a causa delle loro crisi valutarie e della bilancia dei pagamenti. Per un apparente paradosso, i tassi di interesse a breve termine dell’Argentina, che ha ambiente finanziario a basso indebitamento, sono al 70%, mentre quelli del Giappone, che ha un debito mostruoso, sono stabilmente negativi.

 

Preoccuparsi solo del debito pubblico quando si vuole valutare lo stato di un’economia, magari facendo riferimento a delle soglie arbitrarie, è sempre una cattiva pratica, che porta a conclusioni errate. I criteri usati dai mercati per valutare la solvibilità del debito sono molteplici: la percentuale del debito detenuto da investitori esteri rispetto a quelli interni, il fatto che il debito sia emesso sotto legge nazionale oppure legge estera, la crescita dell’economia, la ricchezza finanziaria dei cittadini, l’efficienza del gettito fiscale, la sovranità monetaria eccetera. Nel caso del Giappone, per esempio, il 90% del debito è nelle mani della sua stessa banca centrale, dei suoi fondi pensione e delle banche giapponesi, ed è quasi perfettamente bilanciato dalla buona salute finanziaria delle istituzioni pubbliche. È quasi impossibile immaginare una crisi di fiducia che semini dubbi sulla solvibilità del governo giapponese.

 

Allo stesso modo, il fatto che i paesi dell’eurozona non possano gestire la propria politica monetaria in modo autonomo fa sì che tutti i debiti pubblici appaiano, di fatto, come soggetti a legge estera, e questa è una condizione che rende il problema enormemente più complesso da gestire. Inoltre, questo debito è in media detenuto per più del 70% da investitori stranieri, una categoria che per definizione è più reattiva sui mercati secondari, e alimenta facilmente il panico in caso di vendita generalizzata.

 

Guai nel cassetto

 

E c’è di più. Le statistiche ufficiali non considerano il problema del “debito implicito”, ovvero il peso legato agli impegni finanziari che i governi si sono assunti rispetto alle pensioni e alla spesa sanitaria. In generale, questi debiti futuri non appaiono nelle cifre dei conti nazionali per fondate ragioni, legate alle difficoltà di stimare l’aumento dei costi su orizzonti temporali così lontani. Se questi debiti impliciti dovessero essere messi nel conto, il debito USA sarebbe, per esempio, quintuplicato, raggiungendo i 100.000 miliardi di dollari. Ma la Spagna, il Lussemburgo e l’Irlanda sarebbero messi ancora peggio, dato che le loro passività aumenterebbero di oltre 10 volte, superando il 1.000% del PIL nel caso irlandese. L’Italia, invece, dal punto di vista del debito implicito, sotto la legislazione attuale, risulterebbe il paese europeo più virtuoso.

 

A livello globale, il debito delle imprese è la variabile che i mercati temono maggiormente. Un settore privato pesantemente indebitato è vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse, dopo anni in cui i tassi di interesse sono stati mantenuti artificialmente bassi favorendo l’espansione del credito e la riduzione del capitale societario attraverso il massiccio riacquisto di azioni proprie. L’instabilità intrinseca dell’indebitamento rispetto all’apporto di capitale proprio suggerisce che il prossimo rallentamento della crescita potrebbe portare a un congelamento insolitamente forte degli investimenti aziendali. Questo in Italia è già successo durante la Grande Recessione del 2008-2009: per ogni punto percentuale di riduzione della crescita del credito, c’è stata una contrazione di quattro punti negli investimenti nelle imprese più dipendenti dal credito bancario, e due punti di contrazione in quelle finanziariamente più indipendenti. Questo è un disastro economico che non si deve ripetere.

Marcello Minenna

(Incidentalmente si apprende che il Lussemburgo , il paese che ha il debito a  435% del Pil ha nel programma di governo: 

Aumento di 100€ del salario minimo (oggi è 2.000€/mese)

Aliquota sulle imprese -1%  

2 giorni di ferie in più 

Mezzi pubblici gratis x tutti  

Corsi di musica gratis x bambini

Contraccettivi gratis

Legalizzazione cannabis