di Roberto PECCHIOLI
Detestiamo la volgarità, ma quando ci vuole, ci vuole. Ci sono in giro troppe vergini dai candidi manti: è scoppiata una pandemia, accessoria a quella principale. In un vecchio componimento goliardico in versi, attribuito a grandi della poesia, assai popolare tra gli studenti di lettere classiche in vena di oscenità, così cantava il coro: siamo le vergini dai candidi manti, siam rotte di dietro, ma sane davanti. Le scuse sono obbligate, ma l’indignazione è tanta.
Nelle pigre giornate di semi reclusione da contagio, ricicciano personaggi che speravamo dimenticati, sperduti in qualche landa desolata. A volte ritornano. E’ il caso di Walter Veltroni, il John Kennedy del raccordo anulare, l’ex dirigente della Federazione Giovanile Comunista – figiciotti, li chiamavano i cugini dell’ultrasinistra – che ebbe l’improntitudine di affermare di non essere mai stato comunista, anzi di aver militato nel PCI da anticomunista. Chi scrive è sampdoriano in quanto accanito sostenitore del Genoa. Ai microfoni amici di Raitre, ha pontificato sull’universo. Con il consueto tono querulo, la voce lamentosa e lo sguardo liquido, l’occhio da cui sembra sempre cadere una lacrima, come nella maschera di Pierrot, ha pronunciato alate parole sul coronavirus.
Povera stella, gli è toccato constatare che la sanità è stata smantellata, che i soldi sono stati spesi male eccetera eccetera. Ha approfittato per attaccare Trump, il noto untore dal ciuffo biondo, quindi, straziato dal dolore e dall’intenso sforzo intellettuale, ha chiuso il collegamento via skype. C’è solo un altro italiano che risvegli in noi istinti peggiori, Fabio Fazio, di cui non a caso “Waltere” fu mentore, fratello maggiore, maestro e guida, i Dioscuri del gesuitismo “de sinistra”, Castore e Polluce del carrozzone progressista. Lo stesso giorno, una parente ci aveva mostrato un post su Facebook di una cugina, operatrice sanitaria e moglie di un medico. Quasi meglio di Veltroni: un concentrato di banalità buoniste, un imbarazzante fervorino da imitazione delle Orsoline, concluso da un ispirato invito alla preghiera. Peccato che sia nota una storia ben diversa della pia signora. Non si può servire Dio e Mammona; ancor peggio fare solenni spergiuri all’Onnipotente.
Un’altra vergine dal candidi manti, solo meno pericolosa di Fazio, Veltroni e degli altri occupanti in pianta stabile del circo Togni politico e mediatico. Sono facili da riconoscere, anche in assenza di audio: sopracciglia aggrottate con lieve prevalenza del lato sinistro in segno di indignazione a stento trattenuta, espressione vacua improntata alla tristezza esistenziale e al peso insostenibile di chi ha su di sé tutti i mali del mondo. Nell’architettura classica, si chiamavano cariatidi. La bocca è stretta, a sedere di gallina, il boccone del prete. Non è obbligatorio ascoltare, anzi è caldamente sconsigliato; dovrebbe esserci, nei passaggi televisivi, un’avvertenza simile a quella stampata sui pacchetti di sigarette: nuoce gravemente alla salute, o meglio, alla verità. Riflessivi, pensosi, in grado di spandere frasi zuccherose e buon senso “progre”, hanno, sempre e in ogni circostanza, la soluzione per ogni problema del mondo, la chiave “passepartout” che il mondo infame si ostina a non utilizzare. Ah, se dessimo loro retta!
Walter scuote la testa e fa sensazionali rivelazioni: la sanità è stata trascurata, le benedette “regole”, ovvero le terapie sociali, civili ed economiche prescritte dal dottor Purgone progressista, non sono state osservate. Non li abbiamo ascoltati: mal ce ne è incolto. In queste settimane le nostre simpatie vanno a un altro personaggio del caravanserraglio, Vincenzo De Luca da Salerno, teorico del lanciafiamme. Se lo ha detto lui senza essere denunciato ai tribunali penali e tradotto in catene dinanzi alla psicopolizia della Laica Buonista Inquisizione (o alla Commissione Segre, che è lo stesso) possiamo ripeterlo anche noi. Il governatore campano, giustamente, vorrebbe trattare al lanciafiamme i concittadini indisciplinati che non osservano le prescrizioni dei decreti anti contagio. Ci arruoliamo volontari per dargli una mano, temendo che abbia sin troppo lavoro, ma a patto di poter puntare l’ordigno anche contro le vergini dai candidi manti. Solo puntare, per carità: nessun assassinio (o genocidio), giusto far loro un po’ di paura, una piccola vendetta.
Sapete, la sanità non regge. Dite bene, vergini dai candidi manti. Dove eravate nell’ultimo quarto di secolo, quando i cosiddetti “tagli lineari” massacravano ogni angolo dello Stato sociale? Chi è il colpevole? Il poveretto che aspetta e spera di essere intubato o voi, facce di bronzo la cui attenuante unica è la credulità popolare? Ora che ci pensiamo, sono stati gli italiani qualsiasi a chiedere, pretendere la chiusura degli ospedali, l’aumento di prebende e privilegi delle numerose caste che compongono il potere. Siamo stai noi a cedere la sovranità economica all’UE, quella monetaria alla Banca Centrale, quella giuridica ai trattati dell’Unione, a svuotare i poteri del parlamento, un’aula sorda e grigia che sarebbe inutile trasformare in bivacco di manipoli. Per quel che conta– la vicenda di queste settimane del Meccanismo Europeo di Stabilità (Altrui) lo dimostra – non sarebbe male trasformarlo in ospedale da campo, beninteso dopo un energico intervento di sanificazione, giacché virus, germi e batteri trovano nei palazzi romani un habitat ideale, l’humus migliore per svilupparsi poi in corpore vili, il nostro.
La faccia tosta delle neo vergini- reduci dal bisturi di Casablanca- sarebbe persino ammirevole se le vittime non fossimo noi. Cianciano di regole – in quei casi gli occhi si fanno sognanti, la voce si spezza per la commozione e mettono la mano sul cuore- gli stessi che da mezzo secolo le hanno non solo saltate a piè pari, ma derise, disprezzate come retaggi del passato. Moralina, moralismo d’accatto: non troviamo le parole. L’ipocrisia scorre a fiumi, quanto lo zucchero sparso a bidoni per celare le pozioni tossiche che abbiamo ingoiato. Si muore avvelenati, ma anche iperglicemici. D’altronde, non era Veltroni il maestro del “ma anche”? Dirigente di un partito filosovietico, ma anche amerikano, aveva promesso di ritirarsi in Africa, ma anche di restare in Italia. E non è neppure il peggiore.
Ricordate Pierluigi Bersani, il post comunista tanto buonino, come Lupo De Lupis, ridotto a brillante imitazione del comico Maurizio Crozza? Si vantò di essere il maggior liberalizzatore della storia nazionale. Omicidio premeditato: ecco i risultati, nella sanità e dappertutto. Delle Sardine il tacere sarebbe bello, se non avessero anch’esse battuto un colpo, assicurando che il virus Covid19 non deve far dimenticare un altro morbo immondo, il razzismo. Esattamente la principale preoccupazione degli italiani. Aveva ragione Mark Twain: meglio tacere e dare l’impressione di essere sciocchi che aprire bocca e togliere ogni dubbio.
I pensosi progressisti non ne azzeccano una: ogni tanto, stesi sul divano tra i libri della loro biblioteca (si sa, hanno conquistato le casematte della cultura, ma da tempo non sanno che farne) dovrebbero porsi qualche domanda. C’è chi ha detto senza arrossire e senza poi emigrare in Papuasia, che l’eteropatriarcato maschile è più tossico del virus Corona, e che dunque era urgente manifestare l’8 marzo. Difatti, buona parte del governo spagnolo che si era distinto per femminismo e indifferenza alla salute pubblica, è ora in clinica. Clinica, non ospedale di zona: non sono mica così fessi da affidarsi al sistema pubblico. Il lanciafiamme di De Luca è una mano santa.
Poffarbacco, siamo vissuti al di sopra dei nostri mezzi, c’è il debito, come faremo senza l’Europa? Premesso che confondere il problema con la soluzione è un fatto psichiatrico di prim’ordine, chi ha mandato in pensione a 50 anni, chi ha smantellato il sistema industriale a vantaggio della Germania, chi, nei decenni passati, ha collaborato alla distruzione dell’agricoltura con la famigerata PAC, politica agricola comune, pensata per favorire l’Europa centrale? Siamo stati noi. E’ così: li abbiamo votati, per dabbenaggine, tornaconto, clientelismo, persino per convinzione (gli imperdonabili). Abbiamo votato e applaudito chi ha inserito, pressoché all’unanimità, con voti alla chetichella, da ladri di Pisa, il pareggio di bilancio in costituzione. E’ una follia, oltreché carta straccia, come il virus ha dimostrato in tempo reale.
Siamo noi- per gli stessi motivi- i responsabili del Patto di Stabilità – anch’esso da cercare a Chi l’ha visto, date le circostanze. E’ la giurisdizione, al massimo livello, ad aver sancito che la costituzione nazionale conta meno dei trattati e – temiamo- dei regolamenti comunitari. Le vergini dai candidi manti – lavati con Ava, come Calimero, il pulcino nero dei nostri tempi- versano lacrime di commozione – e di coccodrillo- quando cantano le lodi della costituzione, anzi della Carta. E’ la più bella del mondo, ecco le vere tavole della legge, l’unico patriottismo ammesso, quello della costituzione “ma così bella, ma così strana, che pare un gioco di fata Morgana”. Però non conta nulla, a partire dall’articolo 1 in avanti – la sovranità appartiene al popolo- con sosta all’articolo 11, che vieterebbe la guerra, addirittura “ripudiata”, ma non le operazioni di polizia internazionale, e negherebbe le limitazioni di sovranità, circoscrivendole alla “pace e alla giustizia fra le nazioni “. Le banche, centrali e periferiche, sono nazioni. Lo sospettava Voltaire, ammirato in mezzo agli operatori di Borsa, tanto alieni dalla violenza dei campi di battaglia.
Ma c’è, comunque, la democrazia. Qui la vergine dai candidi manti fa come Ungaretti: s’illumina d’immenso. Diverse leggi vietano certe idee e certi gesti. Non si può dire bene di questo, proibito dire male di questi e di quelli. E’ per il nostro bene, come i “trojan” spia negli apparati informatici che cercano rei e reati attraverso la delazione assoluta, quella delle nostre stesse parole. Con altrettanto bon ton democratico, ci informano che rischiamo le galera se usciamo dal nostro quartiere in tempi di virus. Ci sono droni in grado di sorvegliarci dall’alto, le cellule telefoniche smentiranno ogni bugia sui nostri spostamenti. Beh, in fondo non saranno in grado di processarci, visto il carico dei tribunali e l’inefficienza del sistema, a parte le efficientissime lotte di potere interno. Eh, no, perché la prescrizione è allungata e allargata un po’ come la pelle di quella parte del corpo. Li abbiamo votati per questo: vendetta sulla casta, giustizia, Robespierre al potere. Accorciarono anche lui, i giacobini, ma da noi non accade, italiani brava gente.
Adesso c’è un’emergenza reale, ma certe misure saranno temporanee o finiranno come il Patrict Act americano dopo l’11 settembre, ancora vigente? Da noi, nulla vi è di più definitivo del provvisorio, e di emergenze ne abbiamo anche per l’esportazione. Il governo annuncia sorridente che seimila detenuti sono in uscita. Poveretti, il virus c’è anche per loro. Hanno usato il lanciafiamme contro lo Stato e hanno vinto. Bentornati, e noi, attenti al portafoglio. Con la mascherina, non potremo neppure fare l’identikit.
La paura è tanta, ma se si consulta Internet, vediamo che la sanità privata, nel Sud, surclassa quella pubblica. Incredibile che tanti malati debbano curarsi a Nord, salvo mancati pagamenti delle regioni dei pazienti in trasferta agli ospedali “ostrogoti”. Ma non si deve dire, piangono le vergini dai candidi manti, si strappano le vesti. Non è neanche vero che il materiale abbia costi diversi, a seconda della carta geografica. Povero De Luca, sa assai bene chi sono i suoi polli e trema di paura. L’imperativo, adesso sono d’accordo anche le vergini, è chiudere, sbarrare le porte. Inevitabile, ma erano loro che chiedevano di abbracciare un cinese e tacciavano di razzista chi parlava di contagio.
Grave, anzi drammatico, criminale, è lasciare solo il sistema produttivo. Noi lanciamo l’hashtag #iomangiodaconte per le milioni di partite IVA, per i loro dipendenti, per l’apparato commerciale, industriale, artigianale. In Germania stanno provvedendo e così in Inghilterra. Il nostro governo, tanto amico dei poveri – infatti ne crea a migliaia ogni giorno – che fa? Siamo stati noi, non le vergini di cui sopra a promulgare le leggi in materia di lavoro somministrato, interinale, in affitto, parziale, a tempo definito, eccetera. Che fare, oltreché implorare l’Europa e i mercati (cioè i carnefici) in ginocchio e a mani giunte. Lorsignori non sono avversari, ma nemici, e dei peggiori. In epoche normali, si chiamavano traditori. Il traditore investito di responsabilità pubblica era processato per alto tradimento e la pena era una sola.
Non c’è più alto tradimento al tempo delle vergini dai candidi manti. Hanno solo cambiato idea, si sono riposizionati, hanno colto nuove opportunità. Quando parlano di “regole”, toccano inevitabilmente il tema insidioso delle tasse. Già Fazio, il profeta di Bergoglio, ha fatto balenare, in numerosa compagnia, che i buoni, i riflessivi, i difensori del popolo, gli scudi del Bene, sono stati costretti a fare ciò che hanno fatto per mancanza di soldi. Colpa dell’evasione fiscale. Serve sempre il capro espiatorio, anche senza le scoperte di René Girard. Il nemico del popolo fucsia, però, non sono le banche, la finanza, i giganti transnazionali, i padroni della tecnologia, le finte cooperative e le società di capitali primatiste in elusione. No, l’ospedale è chiuso, la rianimazione ridimensionata per colpa degli oscuri signori di Mordor: idraulici, artigiani, parrucchiere, callisti, tassisti.
Il dramma è che ci crediamo. L’invenzione decisiva, l’arma letale è il politicamente corretto: non solo è vietato chiamare le cose con il loro nome, non solo qualunque verità scomoda diventa immediatamente un’offesa da lavare con la denuncia penale, la rovina economica e l’espulsione dallo spazio pubblico del reprobo, ma è d’obbligo cancellare il passato, smettere di insegnarlo o valutarlo con il metro a lunghezza variabile del senno di oggi. Nascondere la storia, negare la cultura, vietare le parole è il metodo migliore per allevare generazioni di sardine, nel senso di pesci che abboccano a qualsiasi amo. Possono convincere della verginità di Cicciolina, anzi sarà lei stessa a pronunciare l’elogio della castità.
La chiamano società civile ma è un perfetto esempio di bispensiero alla Orwell. Verità è menzogna, guerra è pace, libertà è schiavitù, ignoranza è forza. Non ci hanno mentito: lo hanno detto chiaro e tondo, siamo noi a non capire, non vedere, non parlare. Se uno straniero ci chiedesse di indicare il simbolo dell’Italia, non avremmo dubbi: Arlecchino, servitore di due padroni, o anche più. Vestito multicolore, ma à la page, il servo che si crede astuto, convinto di fregare ogni padrone. Fa l’occhiolino, l’espressione furba, dice sì mentre pensa come fare il contrario. Italia Arlecchino anche visivamente. Osservate una foto di operai in sciopero nell’autunno caldo e confrontatela con l’immagine dei neo-borghesi in week-end. Altro decoro, altra dignità, altri sguardi.
L’Italia delle vergini dai candidi manti è la stessa che chiama arte i muri, le saracinesche, i treni e i portoni lordati. Una volta almeno si scrivevano slogan politici o si dichiarava l’amore per una donna. E’ l’Italia di zelatori dell’odio che parlano di civiltà dell’amore, di ospedali intasati dove si rinviano gli interventi chirurgici, ma non gli aborti, forse per la fretta di farla finita con noi stessi. Chi ha appiccato scientificamente l’incendio, i piromani dell’anima, chiede ancora strada. Loro, le vergini dai candidi manti, si offrono, si impongono come pompieri. Riusciranno a ingannarci una volta di più. La spinta autodistruttiva che Marìa Zambrano chiamava autofagia, divorare se stessi, continuerà. Và, và, virus, povero untorello. Non sarai tu che spianti Milano.