LA GALLERIA DEGLI SPECCHI. Di Francesco Mario Agnoli

Domenica 19 aprile 2020 la televisione e altri mezzi di comunicazione virtuale hanno diffuso le immagini di un’operazione di polizia condotta con l’impiego di un drone, un’auto, due grosse motociclette da sabbia e almeno tre agenti (probabilmente quattro col pilota del drone) per contestare una contravvenzione ad un uomo che, disteso sulla spiaggia per il resto desertica del litorale riminese, prendeva tranquillamente il sole. Anche accettando per buono l’impiego del drone, per la contestazione al pericoloso criminale amante della tintarella bastava un vigile urbano in bicicletta oppure a piedi se la sabbia costituiva un ostacolo.

L’assurdo e spettacolare spiegamento di mezzi mi ha aperto gli occhi.   E’ tutta una costruzione artificiale, appunto uno spettacolo, complicato, ma solo uno spettacolo se non ci fossero di mezzo morti veri e il vero dolore dei familiari. Nonostante i morti, anzi con i morti che ne sono parte necessaria, una galleria degli specchi, dove ogni immagine rimanda ad un’altra, che in parte la rafforza e in parte la smentisce e ogni specchio aggiunge o toglie un particolare capace di mutare in qualcosa d’altro l’immagine prima recepita.

Così avviene anche per i morti, protagonisti indispensabili anche quali convincenti persuasori d’obbedienza pronta, cieca e assoluta. E gli propongono e ripropongono fila infinite di bare, a volte accatastate su camion dell’Esercito, incaricati del trasporto ad inceneritori di altre città, a volte riunite in nudi locali così confusamente da costringere gli addetti ai lavori a discutere e faticare per rintracciare il cadavere di propria pertinenza.

Alla fine del viaggio di ritorno (un unico camion militare ogni dieci dell’andata) il controcanto di una triplice fila di nere urne cinerarie e un sacerdote in cotta e mascherina, che si è assunto il compito di rimediare alla solitudine del momento del decesso con l’aspersorio e una collettiva benedizione.

La galleria degli specchi non risparmia nessuno, perché tutti fanno parte del gioco. Il virus quasi certamente è nato in Cina, nella metropoli industriale di Wuhan, più esattamente – come dice uno specchio – nel mercato di questa città, dove sono in vendita alimenti esotici quali serpenti e pipistrelli. Anzi – replica un altro – certamente a Wuhan, ma a causa di errori e fughe di materiale di un laboratorio virologico, dove si preparano strumenti per la guerra batteriologica. Senza dubbio un errore degli addetti, intenti però alla benefica ricerca di un vaccino capace di battere definitivamente l’HIV.  Anzi, secondo lo specchio alla prima svolta del corridoio, certamente Wuhan come località di origine dell’epidemia, importatavi però da soldati americani partecipanti ai Military World Games, svoltisi proprio in quella città nel mese di ottobre 2019.

Poi c’è l’Italia, retta da un governo, che, al primo specchio che la riguarda, pare abbia sbagliato tutto fin dall’inizio, inviando in soccorso al popolo cinese mascherine e altri strumenti di lotta al contagio proprio pochi giorni prima di averne necessità e di soffrirne la mancanza per la propria popolazione a causa dell’inatteso e violento sbarco del virus in Italia.  Mancanza sì – aggiusta il dirimpettaio – ma in realtà poco avvertita, perché, grazie alla previdenza del governo, il paese era, fra tutte le nazioni d’Europa e del mondo, quello all’avanguardia per fronteggiare l’epidemia.

A conferma della validità dell’impegno governativo, al termine del primo corridoio un vasto tendone con radunati in cerchio una serie di specchi dove si riflettono i componenti del team scientifico eletto dal governo a inappellabile decisore finale in materia sanitaria. Ne fanno parte luminari del mondo medico scientifico non solo italiano, resi un po’ ridicoli (lo spettacolo ha le sue esigenze) da specchi deformanti, che li rendono obesi o li smagriscono o ne torcono i volti e la figura.  Dietro un grande vetro, una coppia illustre di questo autorevolissimo team: uno scienziato che dovrebbe rappresentare l’OMS e garantirne l’approvazione, e, accanto a lui, uno dei maggiori immunologi italiani, intervenuto all’inizio “cinese” per rassicurare che l’Italia non avrebbe avuto casi di Covid.19. Entrambi convinti che la soluzione verrà dal vaccino anzi, non appena sarà scoperto, dalla vaccinazione obbligatoria per tutti. Tutto vero (gli specchi si limitano a deformare, quindi non smentiscono mai e si accontentano di aggiustare), ma “deformato” dallo specchio OMS, che definisce “a titolo personale” le dichiarazioni di un tale, messo lì dall’Italia, che non la rappresenta e non la impegna, e da quello di un virologo, ritenuto più titolato e internazionalmente più noto dell’immunologo sostenitore della vaccinazione obbligatoria, secondo il quale il vaccino, quando sarà trovato non servirà a nulla, perché avranno già provveduto le calure estive.

Subito dopo riprende il corridoio e qui gli specchi ribadiscono l’immagine di un’Italia attrezzatissima, anche se purtroppo è vero che si è trovata ad avere il maggior numero di contagiati e di morti da Covid.19 al mondo, superando perfino la Cina, sua patria originaria. Un disgraziato evento attribuibile tuttavia – aggiungono altri – al fatto di esser stata scelta dal virus, in versione “padana”, come suo primo bersaglio. Tanto vero che gli altri paesi, al momento risparmiati o in una fase più arretrata del contagio, in un paio di settimane al più la raggiungeranno e supereranno.

Uno specchio dispettoso sibila che poi non è successo, ma un altro, di rinforzo al precedente, spiega che la Germania tiene nascosto il vero numero dei morti. Anzi (altro specchio) la verità è che la Sanità teutonica ha potuto ridurre i decessi nonostante l’alto numero dei contagiati, perché già all’origine meglio attrezzata grazie ai maggiori mezzi economici di cui dispone, di quella italica quanto a mascherine e, soprattutto, impianti di terapia intensiva.

Proseguendo, il frastornato visitatore apprende che finalmente l’atteso sorpasso ha avuto luogo ed è in corso una vera e propria strage negli Stati Uniti, divenuti, per effetto dell’ostinazione del presidente Trump a non disporre il lockdown, cioè la chiusura pressoché totale delle attività produttrici e delle cerimonie religiose, come invece ha fatto l’Italia, il primo paese al mondo per contagiati e morti.

In questo caso mancano gli aggiustamenti di altri specchi, ma chi si aggira nel labirinto di vetro non può non riflettere che la popolazione degli Usa è circa sei volte quella d’Italia, sicché i morti americani per pareggiare il conto con gli italiani (23.660 al 19 aprile) dovrebbero essere non i 39.089 della stessa data, ma su per giù 240.000.    In realtà gli specchi sembrano nutrire rispetto per il dato dei numeri assoluti e al riguardo non si contraddicono.

Si mostrano però deboli in matematica e in difficoltà a calcolare le percentuali in riferimento alla popolazione dei singoli paesi e dell’intero pianeta, dove si contano poco più di 140.000 vittime su quasi 8 miliardi di abitanti: una percentuale da 0 virgola molti zeri. Al visitatore, appena uscito dal labirinto, si pone inevitabilmente il problema: “che farei, se spettasse a me decidere?”.    Le percentuali potrebbero indurre a rispondere “rien, laissez faire, laissez passer”.   Ma problema complicato e risposta ancor più difficile, perché, se si è cristiani e in quanto tali rispettosi della vita umana, non sono ammissibili soluzioni che non riducano per quanto possibile il numero dei morti e ristabiliscano un maggiore rispetto per il trapasso dei contagiati e il dolore dei familiari.

Resta la certezza che la gente non va frastornata e che nessuna decisione è giusta se prima non si capisce e si fa capire. Quindi, quale che sia la scelta, chiudere, per non riaprirla più, la galleria degli specchi.

Francesco Mario Agnoli
da www.domus_europa.eu