La differenza tra Roma e Milano.

Fra Roma e Milano c’è una differenza fondamentale. Gli stipendioni dei ricchi di Stato. Certi, sicuri, chi li prende non ha nessun’ansia che vengano a mancare, e tutti – tutti – sul versante altissimo: mica stipendietti da bidelli, no: da uscieri delle Camere da 7 mila euro al mese ai giornalisti RAI che come minimo prendono 80 mila all’anno e massimo 300 mila; direttori generali col personale strapagato; ministre con la terza media e 15 mila al mese, più auto e corte di adulatori da 100 mila annui del ministero che le spiegano cosa deve fare; Banca d’Italia dove anche gli uscieri sono gratificati con stipendi che, a Milano, non vedono se non gli amministratori delegati, negli anni buoni; Corte costituzionale; centrale della diplomazia mega-stipendiata. Quanti saranno? Secondo me un milione, su una popolazione di nemmeno 3 milioni. Una densità di ricchi di Stato senza pari rispetto alle capitali straniere, se si pensa che un dirigente Rai – e sono decine – è pagato quanto il presidente USA.

Ma no, quelli sono gli aumenti di stipendio!

Questa densità di stipendioni pubblici dati senza corrispettivo di prestazioni obbligatorie, senza doveri, crea un indotto, che a Milano nemmeno ci si immagina: spettacoli, teatri e “cultura” mantenuta dalle sovvenzioni garantite per la vicinanza al potere, dove si producono gratis i figli e nipoti dei ricchi di stato, i figli di papà de figli di papà di terza e quarta generazione, non hanno bisogno di spaccarsi in due per guadagnarsi e attrarre un pubblico in concorrenza, sul libero mercato; ai loro spettacoli ed eventi arrivano intenerite le mamme ricche di stato, figlie a loro volta di antichi ricchi di stato.. Per i giornalisti e i politici in pensione ci sono anche le comparsate tv nei “talk show”, le Rutelli e le Palombelli , gli Scanzi, coi Casini e coi Mughini, 400 euro a botta, in aggiunta alla mega pensione.

E non basta: se Corrado Guzzanti mette in scena il cameriere filippino, è perché questa è una figura fissa nelle case, ville, attici e terrazzi dei ricchi di stato romani e romaneschi. Ovviamente lui stesso, il filippino stipendiato molto bene, come un maggiordomo. Ebbene: una figura che a Milano pochi capirebbero, perché non ne abbiamo mai visto uno.

A Milano, i ricchi di stato sono qualche centinaio di magistrati, una dozzina di dirigenti della Regione; questore e prefetto nemmeno si possono chiamare ricchi di stato, per il loro stipendio (soltanto buono) devono lavorare, non hanno l’agio e il tempo libero della casta romanesca che si vive protetta dalla sua stessa numerosità:, che nelle e feste e negli eventi incontrano solo loro pari ricconi di stato, coi loro problemi di ricchi di Stato: quante donne Letta deve inserire nella direzione PD? Dove passi le vacanze durante il lockdown estivo? Hanno fatto rincarare gli affitti di tutte le ville per vacanze disponibili della costiera romana-campan-toscana, essendosele accaparrate tutte; e con la stanza o l’appartamentino indipendente per il cameriere filippino.

Un genere sui generis. Che dirige la politica dell’emergenza senza fretta, guadagnando sugli appalti da “pandemia” che sono senza gara, una pacchia come banchi monoposto che salvano dal contagio , che gestisce le zone rosse e gialle senza angoscia, che se la canta e se la suona ( li sentiamo in tv: sono sempre e soltanto loro ad apparire nei talkshows) in attesa di continuare “i dibattiti” a Capalbio nei ricevimenti serali nei giardini, fra i camerieri in livrea.

Uno dei loro temi è ovviamente: come portar via la Lombardia al centro-destra da sempre? Governata per fortuna da un governatore subnormale clinico?

Deficienti politici (e non solo)

Perché tanto la Lombardia si governa da sé provate a farlo in Sicilia. Tutti i media a diffamare “il modello lombardo” di sanità. E siccome alla minima apertura si è visto che la Lombardia economica, con il guizzo disperato di un cavallo da soma ferito, torna a produrre ed esportare, Speranza e il suo servo filippino Draghi e i ricchi di stato romaneschi la stroncano con chiusure più feroci, c con lockdown senza pari rispetto alle altre regioni improduttive: perché è ovvio, è l’autonomia economica della Lombardia a portare l’autonomia politica temuta e odiata; solo quando la Lombardia diverrà, come il Lazio e la Campania, dipendente dai redditi di sopravvivenza di stato, senza più alcuna autonomia economica, allora sta diventando “contendibile”. I ricchi di stato nella loro densità romanesca, sicuri, protetti, non percepiscono che alla fine fine i loro stipendioni, i servi filippini, le loro ville a Capalbio, dipendono dalle esportazioni lombardo-venete . Non lo capiscono proprio. Hanno la loro dottrina economia da ricchi di stato, non si sentono responsabili – e ancor meno vicini moralmente, solidali con le angosce del Nord sotto lokdown. La classe subalterna con cui entrano in contatto è il rider che gli porta il pranzo o la cena, la donna delle pulizie che aiuta il filippino, la quale dice alla signò che suo marito, pizzaiolo o operaio a Cinecittà, non trova lavoro… che possano esistere operai e ingegneri di industrie, non ne hanno la minima nozione. I poveri per loro sono i pizzaioli. Al loro dolore si sentono partecipi, e si danno da fare telefonando al ministro o al caro amico di Bankitalia: non ci sarebbe un posticino per il marito della mia serva?

A Milano, chi non lavora non mangia, e un terzo della popolazione non lavora da un anno. Per fortuna sono così cretini che obbediscono ai ricchi di stato: mascherine, distanziamento, così ci lasciano aprire… Per fortuna, loro, il milanese non fa politica. Non capisce di politica. E’ un’espressione geografica.